Mondo
India: il governo cambia i testi di storia
La Chiesa cattolica prende posizione contro le decisioni del governo in ambito educativo
La Conferenza episcopale dell’India (Cbci) ha preso posizione riguardo alla decisione del governo indiano di cambiare i libri di storia. Don V.V. Abraham, segretario della “All India Don Bosco Education Society”, ha affermato che, così facendo, il governo intende “porre i fondamenti per la distorsione della storia in modo da negare la verità, giustificare rivendicazioni e glorificare acriticamente il passato”. A darne notizia sono l’agenzia missionaria Misna e l’Agenzia Internazionale Salesiana di Informazione. La decisione del governo indiano di eliminare alcune parti dei libri di storia destinati alle scuole risale allo scorso ottobre. Con una circolare si è chiesto poi alle scuole di “non insegnare e non discutere” le parti eliminate. La Conferenza episcopale dell’India si è detta contraria a questi questi cambiamenti, presi senza consultare la Chiesa Cattolica che in India gestisce più di 7mila scuole primarie, 3mila secondarie, 150 collegi, 1500 centri di formazione tecnica e professionale, due college di ingegneria e due college di medicina, 1700 ostelli e case d’ospitalità e oltre mille orfanotrofi.
Già da qualche tempo si registra una restrizione da parte del governo indiano nei confronti delle attività delle Chiese cristiane. Sempre lo scorso ottobre il governo ha promulgato un’ordinanza che dispone severi controlli, e in alcuni casi proibisce, l’afflusso di capitali esteri a singoli individui ed organismi quali organizzazioni non governative (ong) e istituzioni accademiche.
A prendere posizione in quella occasione è stato il Consiglio ecumenico delle Chiese indiane, secondo il quale l’esecutivo di New Delhi ha approfittato del clima di tensione scaturito dai recenti episodi di terrorismo internazionale per elaborare un provvedimento che, di fatto, limiterà notevolmente i progetti della Chiesa cristiana. I più danneggiati dal provvedimento contro le ong saranno in ogni caso i dalit (fuoricasta), per i quali spesso non ci sono servizi sanitari ed educativi se non quelli messi in piedi dalle chiese e dalle ong.
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