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India e Pakistan, l’ora delle accuse

Dopo gli attentati, le stragi, il terrore, cresce la tensione internazionale

di Franco Bomprezzi

La tensione dopo le stragi. India e Pakistan vivono un nuovo momento di crisi e Israele, Dopo le rivelazioni dell’unico terrorista sopravvissuto, alza il livello di allarme. I giornali di oggi registrano e analizzano i nuovi elementi di crisi internazionale.


Repubblica apre sulle tensioni: “India e Pakistan ai ferri corti. I terroristi «Ebrei nel mirino»”. A pagina 6, Raimondo Buldrini riferisce: “Dopo la strage è crisi India-Pakistan”. Come avevano previsto gli analisti, i rapporti internazionali tra i due paesi precipitano. Mentre il ministro dell’interno indiano si dimette, assumendosi la responsabilità di non aver saputo difendere Mumbai (potrebbero cadere altre teste, scrive Buldrini), si infittiscono le voci contro il Pakistan: l’autorevole Press Trust of India riferisce che il governo intende «sospendere il processo di pace per dimostrare di non aver preso ala leggera l’attacco terroristico». Islamabad ha invitato gli indiani a «non esagerare» e si è detto pronto ad ammassare truppe al confine. A pagina 7 (con richiamino in prima), Guido Rampoldi parla del ruolo della Gandhi: “Sonia, donna del destino sgrida il governo nel caos «Serve una reazione seria». Sarebbe l’italiana ad aver imposto le dimissioni del ministro dell’interno, dopo aver riunito il comitato centrale del partito che guida il governo, il Congress, di cui Sonia è presidente: «la nostra risposta deve essere efficace e decisiva… è tempo di prendere atto delle nostre lacune», ha detto. Patil, il ministro, ha sentito e capito. E quindi si è dimesso.
Per quanto riguarda le indagini, Repubblica riferisce che l’obiettivo erano gli ebrei. «Volevamo colpire gli israeliani per vendicare le atrocità commesse contro i palestinesi» avrebbe detto l’unico terrorista sopravvissuto, Qasab che starebbe spiegando le operazioni logistiche. Per le reazioni, Alberto Stabile: “La rabbia di Olmert «Difendero gli israeliani in ogni parte del mondo»”. Detto ciò, ed espressa la massima preoccupazione, Olmert e Tzipi Livni, ministra degli esteri, intendono intensificare la collaborazione con le autorità indiane.
Le pagine indiane si chiudono con l’antropologo Amitav Ghosh: “Mumbai, alzati e reagisci”. Dopo aver analizzato la situazione e sottolineato che si sono verificati in India molti attentitati, Ghoch avverte: «l’India deve dar prova in questo momento … di un categorico rifiuto di abbandonarsi al panico, un’intensificazione della vigilanza, e più in particolare di una cauta e ponderata collaborazione con quegli elementi dello Stato pachistano che hanno finito – seppur tardivamente – con l’ammettere i pericoli del terrorismo».
“India-Pakistan, pace in bilico”, titola il Corriere della Sera, che nel distico riassume: “Il governo indiano al centro di una tempesta politica che è già costata ieri la testa del potente ministro degli interni”, Shivraj Patil accusa: «Se il governo di Islamabad abbia sostenuto i terroristi sarà chiarito dall’inchiesta in corso, ma che tutti i terroristi venissero dal Pakistan è un fatto acquisito». Il presidente pakistano Zardari e il suo ministro degli esteri Qureshi (volato in India) promettono collaborazione. Ma la pace è a rischio.  All’interno a pag. 5 Lorenzo Cremonesi intervista il direttore di Geo Tv, Azhar Abbas, la più diffusa tv privata pachistana: non penso che siamo sull’orlo di una guerra anzi «ritengo che la situazione di tensione fra i due paesi sia solo destinata a migliorare dopo qualche giorno di crisi».

Sull’attentato in India, La Stampa oggi pubblica una serie di analisi a partire dalla dichiarazione dell’unico terrorista superstite del commando kamikaze che ha insanguinato Mumbai: «la nostra missione specifica era colpire gli israeliani per vendicare le atrocità commesse sui palestinesi».  Venerdì, durante le ultime ore della mattanza indiana, il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni ha
auspicato un fronte unico contro la minaccia Jihadista. «Mumbai segnerà l’inizio di una nuova cooperazione internazionale?» si chiede la corrispondente de La Stampa da Gerusalemme. Il rabbino Marvin Heir, responsabile del Centro Wiesenthal è scettico e sottolinea che: «L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha una lunga lista di sezioni speciali, la droga, l’apartheid, l’ambiente. Ma non ha mai messo all’ordine del giorno gli attentati kamikaze per non urtare la sensibilità degli oltre 54 Paesi musulmani». Israele, intanto, va avanti per conto proprio, alzando lo stato d’allarme nelle ambasciate, istituti religiosni, scali aerei nel mondo, «ma niente allarmismo, siamo abituati» dice il colonnello israeliano Yoni Figel, guru dell’antiterrorismo.
India e Pakistan trovano spazio a pag. 17 de il Giornale: “India e Pakistan ormai parlano di guerra” è il titolo del pezzo a firma di Maria Grazia Coggiola che scrive «la strage sta causando un terremoto politico e diplomatico le cui scosse arrivano sino a Washington». E ancora «un’escalation militare tra le due potenze nucleari, come quella disinnescata nel giugno 2002, è uno scenario assolutamente da evitare». Nella stessa pagina altri due fronti caldi: Nigeria a cui il Papa ha rivolto appello per la fine delle violenze e Bangkok in cui da martedì scorso sono bloccati molti turisti, tra cui 700 italiani.

E inoltre sui giornali di oggi:

Eluana
La Stampa – Il disegno di legge concepito per uscire dall’empasse del “caso Eluana” è composto di 25 articoli e verrà presentato a Montecitorio nei prossimi giorni, rivela oggi La Stampa. Primo firmatario Rocco Buttiglione, il testo si propone di trovare un punto di incontro con le posizioni espresse dal Vaticano e da una parte del mondo cattolico sulla questione dell’alimentazione e idratazione parenterali. Se la proposta verrà approvata in Parlamento, in Itala si potrà rifiutare per iscritto l’intervento chirurgico con cui viene inserita la cannula che fornisce cibo e acqua. Una volta impiantata non potrà essere più interrotto il sostegno vitale a eccezione di infezioni in corso. In pratica è una specie di testamento biologico, che dovrebbe allo stesso tempo «tutelare la vita umana fino alla morte naturale» e garantire «la partecipazione del paziente a identificare le cure mediche per sé più appropriate» e promuovere «la diffusione delle cure palliative garantendone l’accesso». Né eutanasia né accanimento terapeutico è il crinale su cui dovrebbe camminare la nuova legge.

Repubblica – A pagina 17, “Libertà di cura, la scelta al paziente”. Paola Coppola scrive di un appello del senatore Ignazio Marino, firmato da Levi Montalcini, Epifani, Marcello Lippi, Eugenio Scalfari, Giuliano Amato: un appello per la libertà di cura, per una legge sul testamento biologico che confermi il diritto alla salute ma non il dovere alle terapie. «Rivendichiamo l’indipendenza dei cittadini nella scelta delle terapie, come scritto nella Costituzione»… In appoggio, Piero Colaprico intervista un neurologo italiano che lavora a Monaco: “L’Italia impari dalla Germania, qui impensabile un caso Eluana”. Il dottor Gian Domenico Borasio, esperto in Sla, spiega che «nel diritto tedesco qualsiasi intervento medico è considerato a priori una violazione dell’integrità fisica della persona ed è passibile di azione penale se non è stato condotto con il consenso del paziente… L’assistenza avviene se imbocco una persona, la terapia se le metto un sondino…».

Scuola
Il Giornale – Apertura per la scuola: “La scuola spreca mezzo milione al giorno” è il titolo dell’inchiesta che punta il dito sulla pratica dei consulenti esterni che sono 36 mila e che insegnano shiatsu, bridge, kendo. Sono 133 i milioni che la scuola spende oltre che per queste consulenze anche per telefonate inutili per il reclutamento dei docenti e per lo stipendio a professori in distaccamento. Ma anche i bidelli « che sono due per classe, più dei carabinieri», e poi Maturità: «L’Invalsi, ente per la valutazione del sistema scolastico e che cura i testi da sottoporre ai candidati della maturità, quante figuracce, costa 6 milioni». E infine le scuole italiane all’estero che hanno norme vecchie di 40anni: nel 1999 costavano 170miliardi di lire e oggi costano 170 milioni di euro. Servizi alle pagine 2 e 3.

Pubblicità sociale
Il Sole 24 Ore – Pag. 20: pubblicità sociale in calo. In tempi di crisi anche le campagne con finalità sociali segnano in passo e per la prima volta da 4 anni in qua rallentano anche gli investimenti in cause related marketing. Lo rivela la Nielsen nel suo Media research del 30 settembre scorso. Gli spot sociali trasmessi in tv nei primi 9 mesi del 2008 sono scesi del 17%; gli investimenti erano a quota 9,4 milioni a fronte di un totale di 16 nell’intero 2007. Le imprese attive nel cause related marketing franano dalle 248 del 2007 alle 166 dei primi 9 mesi 2008. Ma quali sono i “top spender” delle campagne umanitarie? Al primo posto Benetton, poi Louis Vuitton (ma davvero?), Fonti Vinadio, Unilever e Inticom.


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