Ecosistema

Inclusione, il piano che coinvolge Terzo settore, aziende e università

«Vogliamo portare l'inclusione dove l'esclusione è più diffusa e nascosta». Così Luigi Bobba, presidente della neonata Fondazione global inclusion art. 3. L'impegno del comitato si fa ancora più ambizioso, «consolidare e dare profondità» alla propria azione

di Alessio Nisi

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Da evento annuale per chiamare a raccolta l’ecosistema dell’inclusione ad azione che guarda a quell’ecosistema di aziende, di università, di Terzo settore, ma in modo più sistemico. Per fare in modo che ogni attore sia in grado di portare il proprio contributo. Una trasformazione da comitato in fondazione – la Fondazione global inclusion art. 3, appunto – che deriva dall’esigenza di strutturare e dare concretezza ad un’iniziativa nata nel 2019 (coinvolte negli anni 70 università, 200 aziende e quasi 15 mila persone) su spinta di Newton, società che sviluppa soluzioni per aziende, e del Comitato global inclusion art. 3.

L’obiettivo diventa sempre di più ingaggiare le grandi imprese, il Terzo settore e le università in azioni territoriali che hanno l’obiettivo di accompagnare le piccole-medie imprese, le organizzazioni professionali e le comunità locali in un processo di evoluzione culturale per far sì che i temi di diversità, equità e inclusione possano diventare davvero “di tutti”.

Nel solco dell’articolo 3 della Costituzione

Per raccontare le ragioni di questa trasformazione, la riflessione di Luigi Bobba, presidente della neonata Fondazione global inclusion art. 3, parte proprio dall’articolo 3 della Costituzione, che non a caso è elemento integrante del nome stesso della fondazione. Non è solo una citazione lessicale.

«Questa trasformazione», spiega Bobba, «vuole consolidare e dare profondità alla nostra azione. Nella seconda parte dell’articolo 3», precisa, «c’è il cuore e il motore di quello che vogliamo fare nei prossimi anni».

Far arrivare l’inclusione dove non arriva

Bobba fa poi riferimento a tre parole chiave: persona, cittadino, lavoratore. Che costituiscono la bussola di questo percorso e «il filo conduttore di tutta la nostra carta costituzionale. Con questa trasformazione» in fondazione, aggiunge, «vogliamo perseguire tre obiettivi». Il primo è «fare arrivare l’inclusione dove non arriva. In Italia ci sono larghe zone d’ombra. Vorremmo arrivare lì, nel campo del lavoro e delle imprese». Quali imprese? Le pmi, la «dorsale» del nostro sistema produttivo.

Approccio trasversale

Bobba spiega inoltre che l’approccio vuole essere «trasversale» e creare dei «ponti tra le imprese, il Terzo settore, le scuole e le università». Approccio che permette di far sì che l’azione posta in essere sia «efficace e duratura».

Dove l’esclusione è più diffusa

Il terzo obiettivo punta ad arrivare ad intervenire «dove l’esclusione è più diffusa e più nascosta». Bobba cita i dati dell’Istat sul differenziale di retribuzione tra uomo e donna. «Sembra incredibile che ci sia una distanza così rilevante».

Non solo riflessioni. «Perseguiremo con azioni concrete questa missione con questi obiettivi prioritari».

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da sinistra Luigi Bobba, presidente della Fondazione global inclusion, e Andrea Notarnicola Cociani, presidente del comitato scientifico di Fondazione global inclusion


Promuovere la piena partecipazione di cittadini e lavoratori

«Nel nostro Paese», spiega sempre Bobba, «i temi di diversità e inclusione sono ancora troppo spesso confinati ad un logica verticale, settoriale e geografica. Come comitato abbiamo deciso di dotarci di uno strumento che ci consenta di colmare queste carenze e realizzare iniziative in maniera più strutturata e incisiva, facendo leva su una rete di partner e sostenitori più larga; provando a imprimere così un’ancora più forte attuazione di quello straordinario compito di rimuovere le disuguaglianze e promuovere la piena partecipazione dei cittadini e dei lavoratori alla vita sociale economica e politica del Paese».

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In primo piano Nicolò Melli, direttore della Fondazione global inclusion art. 3

Un po’ di storia e l’appuntamento di dicembre

Dal 2019 il Comitato global inclusion – art. 3 promuove annualmente un evento finalizzato a mobilitare la rete delle imprese, associazioni e università italiana nel processo di trasformazione culturale all’insegna dell’equità per la crescita. Dal 2021 gli eventi sono promossi in partnership con l’Associazione italiana per la direzione del personale.

Le migliori tesi di laurea scritte in Italia sui temi diversity, equity e inclusion vengono premiate ogni anno. La prossima edizione sarà il 2 dicembre 2024 al Museo delle Culture di Milano – Mudec di Milano e sarà incentrata sul tema della progettazione universale, appunto il design for all, un approccio che mira a creare prodotti, ambienti e servizi utilizzabili da tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità fisiche, sensoriali o cognitive e dalle loro identità.

«L’idea», spiega Nicolò Melli, director di Fondazione global inclusion
art. 3, «era provare a immaginare un tema (la progettazione universale, inclusiva e accessibile a chiunque), che fosse attuale e interessante».

Nelle province, nelle periferie, nelle comunità ai margini

«Dopo 5 anni di esperienza nella mobilitazione di imprese, associazioni del Terzo settore e università sui temi dell’inclusione», spiega Andrea Notarnicola, presidente del comitato scientifico di Fondazione global inclusion art. 3, «si è deciso che fosse giunto il momento di portare l’inclusione là dove non arriva: in provincia, nelle piccole imprese, nelle aree del Paese dove questi temi si discutono meno, sono meno vissuti, meno conosciuti e meno approfonditi». L’obiettivo, aggiunge Notarnicola, è supportare aziende e Terzo settore, «affinché possano accedere a opportunità e programmi di sviluppo» sui temi dell’inclusione.

Fare inclusione globale

Dal punto di vista operativo, si procederà prima «ad una mappatura del territorio, poi allo sviluppo di progetti nazionali che saranno perimetrati per regione». A quel punto «al Terzo settore, alle imprese locali e all’Università chiederemo di declinare localmente queste iniziative».

Condividere un nuovo modello di leadership. Fare «inclusione globale vuol dire condividere un nuovo modello di leadership che fa sì che chiunque si trovi in una posizione di potere come imprenditore, come manager, come educatore, come persona pubblica, adotti questa prospettiva e capisca che disegnare luoghi di lavoro davvero fruibili da tutti, significa andare molto oltre gli schemi che noi stiamo adottando in questo momento». Non è un caso che la prima sfida del progetto «sarà il design for all», ovvero la progettazione universale di spazi e processi «perché siano pienamente fruibili».

Il cambiamento che dura

In questo quadro, specifica Nicola Fedel, presidente di Newton, «la collaborazione tra imprese, Terzo settore, università e società civile costituisce un elemento fondamentale per provare a imprimere un impatto e generare un cambiamento duraturo».

In apertura foto di Mimi Thian per Unsplash. Nel testo foto di Alessio Nisi

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