Migranti e Politica
Inchiesta sui dieci Cpr italiani: come funzionano, chi li gestisce, quanto costano
Sono luoghi di detenzione, ma su di loro è stato scritto ogni tipo di denuncia per trattamenti disumani in cui anche il Terzo settore è coinvolto. Tutto quello che c'è da sapere sui Centri per i rimpatri
Carceri, lager, luoghi disumani, inferno: questi gli aggettivi che stiamo sentendo in relazione ai Centri di permanenza per i rimpatri-Cpr.
«Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze»: così dice l’articolo 14 del decreto legislativo 286 del 1998 (il testo unico sull’immigrazione, ndr) precisando che «Lo straniero è trattenuto nel centro, presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l’assistenza e il pieno rispetto della sua dignità».
Le cronache, però, raccontano di Cpr dove lo «straniero» è «trattenuto» con modalità tutt’altro che umane e rispettose della sua dignità di persona. Come quello di via Corelli di Milano o quello di Torino, ad esempio, ma anche quello di Trapani: ispezionati, commissariati, chiusi, riaperti: trattamenti disumani, abuso di psicofarmaci, violenze, privazioni.
Ma cosa e dove sono i Cpr, in Italia? Come sono gestiti? E, soprattutto, da chi?
A maggio 2022, la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato della Corte dei conti ha approvato la Relazione concernente il rimpatrio volontario ed assistito nella gestione dei flussi migratori. L’immigrato che viene considerato irregolare può essere rimpatriato nei casi di diniego della richiesta di asilo, di permesso di soggiorno scaduto o di mancata presentazione della domanda di protezione. Limiti alla possibilità di effettuare i rimpatri forzati riguardano i minorenni, gli apolidi e tutti coloro che si trovino nella condizione di non aver ancora ricevuto l’esito della propria richiesta di asilo o di protezione internazionale. A questi ultimi si aggiungono gli immigrati che, pur avendo perso lo status di rifugiato, sono in fuga da territori in cui potrebbero subire persecuzioni e torture ove fossero rimpatriati. È la direttiva europea n. 2013/32 a stabilire che sono gli stessi stati membri dell’Unione europea-Ue a stabilire quali Paesi possono o no essere considerati “sicuri” sulla base della Convenzione di Ginevra e del diritto comunitario.
Nel capitolo della relazione (potete consultarla qui) dedicato alla “detenzione amministrativa” nei Cpr o negli hotspot, la Corte spiega che si tratta, appunto, di una forma di detenzione che «non costituisce l’esito di una sanzione conseguente alla commissione di un reato», ma che è stata introdotta nell’ordinamento italiano per «limitare i movimenti di stranieri irregolari allo scopo di identificarli e di consentirne l’espulsione, creando un sistema di strutture deputate al loro trattenimento».
Attualmente, i Cpr in Italia sono 10, anche se sul sito del Viminale (guarda qui) ne sono riportati solo nove: Milano (non riportato sul sito del Viminale), Torino, Gradisca d’Isonzo, Roma, Palazzo San Gervasio, Macomer, Brindisi-Restinco, Bari-Palese, Trapani-Milo, Caltanissetta-Pian del Lago.
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I dati dei Cpr in Italia
Secondo i dati forniti dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, nel quadriennio 2018-2021 nei Cpr italiani sono transitate, complessivamente, 19.554 persone (cfr allegato n. 1 della relazione della Corte dei conti).
La spesa pubblica per le operazioni di rimpatrio forzato (con e senza scorta, ndr) effettuate nel periodo 2018–2020 con l’impiego di risorse del Fondo asilo migrazione e integrazione-Fami, nonché dell’Agenzia europea della Guardia di frontiera-Frontex e del bilancio nazionale risulta:
Secondo il Rapporto della Coalizione libertà e diritti civili-Cild (potete leggerlo qui) presentato l’8 giugno 2023, invece, «Nel periodo 2021-2023, le Prefetture competenti hanno bandito gare d’appalto per un costo complessivo di circa 56 milioni di euro finalizzate alla gestione, da parte dei privati, dei Cpr presenti sul territorio, cui vanno sommati i costi relativi alla manutenzione delle strutture e del personale di polizia. Rispetto a questi ultimi, le Prefetture hanno rigettato le richieste di accesso civico presentate da Cild, non rendendo noti i costi delle forze dell’ordine nei Centri per presunti “motivi di sicurezza”».
A settembre 2023 il Governo emana il decreto legge n. 124 con il quale «Si estende a 18 mesi (6 mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali, ndr) il limite massimo di permanenza nei Cpr degli stranieri non richiedenti asilo per i quali sussistano esigenze specifiche» e si prevede «L’approvazione di un piano per la costruzione di ulteriori Cpr, da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili». Insieme all’associazione Antigone, ad ottobre 2023 Cild presenta al Parlamento un documento (potete leggerlo qui) che ricostruisce i 25 anni di storia dei Cpr.
In sostanza, Cild divide in tre momenti storici la gestione dei Centri per il rimpatrio: la gestione “pubblica”, operata dalla Croce rossa italiana-Cri, di quelli che allora erano i Centri di permanenza temporanea e assistenza-Cpta che sul territorio nazionale nel 2006-2007 erano 14, per una capienza di 1.400 posti. Una gestione fortemente criticata dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sui Cpta “De Mistura” (VITA ne ha parlato qui).
La seconda fase Cild la definisce “La stagione delle cooperative“: i Cpta diventano Centri di identificazione ed espulsione-Cie e lo Stato cerca di minimizzare i costi di gestione: «Nei bandi di gara cominciano a partecipare le cooperative che propongono delle offerte economicamente più vantaggiose».
La terza fase storica inizia nel 2014: «Cominciano a presentarsi nelle gare d’appalto non più solo cooperative, ma anche società e grandi multinazionali che, in tutta Europa, gestiscono Centri di trattenimento e servizi ausiliari all’interno delle carceri», sostiene Cild.
Chi gestisce oggi i Cpr in Italia? La ricerca “Trattenuti”
ActionAid Italia e il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari, a luglio 2023 hanno concluso uno studio dal titolo Trattenuti: si tratta di una raccolta di dati e informazioni sul funzionamento dei Cpr nata per l’esigenza di colmare la frammentarietà dei dati pubblicati.
L’affidamento della gestione dei Cpr viene fatto sulla base di contratti di durata annuale, rinnovabili una volta, in genere all’esito di procedura aperta. Fino all’introduzione dello schema di capitolato del dicembre 2018, invece, la durata del contratto di gestione era triennale.
«Al maggio del 2023, la gestione del sistema detentivo per stranieri era in gran parte affidata a soggetti dichiaratamente for-profit, in alcuni casi delle vere e proprie multinazionali. In particolare, cinque aziende gestiscono, da sole o in
associazione temporanea di impresa con cooperative sociali, ben sei dei dieci Cpr attualmente attivi sul territorio nazionale. Si tratta di strutture, quelle amministrate da aziende for profit, che tra il 2014 ed il 2021 hanno gestito quasi 25 mila ingressi, oltre il 65% del totale. Le rimanenti strutture sono invece gestite da imprese sociali che vantano sovente una certa specializzazione nella conduzione di luoghi di trattenimento per migranti», si legge nel report. Vediamole nel dettaglio.
Bari, Palese: è attivo sin dal 1998. La gestione del centro affidata nel 2017 alla Cooperativa sociale “Costruiamo Insieme”, dal 2018 è passata alla Cooperativa “Badia Grande”, aggiudicataria sulla base della proposta di un’offerta economicamente più vantaggiosa. La convenzione, stipulata in data 11 giugno 2018, è scaduta il 10 giugno 2021 e in attesa dell’aggiudicazione della nuova gara è stata prorogata prima fino al 31 dicembre 20 22 e poi fino al 30 giugno 2023. Qui tutti i dati del Cpr di Bari-Palese.
Brindisi-Restinco: inaugurato nel 1999. Il centro è stato inizialmente gestito dall’organizzazione cattolica “Comunità Emmanuel”, poi rilevato per circa dieci anni dalla cooperativa sociale “Fiamme D’Argento”, un’organizzazione di Carabinieri in pensione, senza alcuna esperienza in tema migratorio, poi trasformata in cooperativa sociale “La Fedelissima”. Dal 2008 al 2012 la gestione è passata al consorzio “Connecting People”. Nel 2015, alla riapertura del Cpr la gestione è passata all’associazione culturale Acuarinto, nel 2017 alla cooperativa sociale Auxilium e infine, dal novembre 2019, l’appalto è stato affidato al consorzio composto dalla cooperativa sociale Hera di Castelvetrano e dall’Agh Resort Ltd, recentemente oggetto di un’inchiesta giudiziaria. Qui tutti i dati.
Caltanissetta-Pian del lago: istituito nel 1998. La gestione della struttura fu inizialmente affidata alla Croce rossa italiana. Nel 2003, il contratto fu revocato a causa dei vari scandali relativi alla gestione dei fondi. Il centro è stato poi gestito dalla cooperativa sociale Albatros costituita dal personale già in servizio per la precedente gestione della Croce rossa. Ad ottobre 2013 la gestione è passata alla cooperativa Auxilium e dal 2018 è affidata alla cooperativa sociale Essequadro in qualità di capo gruppo/mandataria dell’Ati, con la mandante s.r.l Ad Majora. La nuova gara per la gestione del solo Cpr, indetta il 1 ottobre 2021, ancora non si è definitivamente conclusa. Dopo l’annullamento della prima assegnazione disposta dal Tar di Palermo, la prefettura ha disposto la proroga fino al luglio 2023 dell’affidamento alla cooperativa sociale Essequadro. Qui i dati.
Gorizia-Gradisca d’Isonzo: aperto nel 2006. È stato inizialmente gestito dalla cooperativa sociale Minerva. Dal 2008 al 2013 la struttura ha funzionato come Centro di prima accoglienza ed è stata gestita dal consorzio Connecting People, con sede a Trapani. Dal momento della sua riconversione in struttura detentiva, nel 2019, il centro è stato gestito dalla Edeco cooperativa sociale onlus con sede a Padova. Dal 1° gennaio 2021 la Edeco ha ceduto il ramo d’azienda alla società Ekene cooperativa sociale onlus di Battaglia Terme (Pd), che pertanto è subentrata nella gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo. La gestione è tuttora affidata in proroga alla cooperativa sociale Ekene, dato che non si conosce ancora il vincitore della gara d’appalto indetta nel dicembre 2021. Qui i dati di Gradisca d’Isonzo.
Nuoro-Macomer: attivo dal gennaio 2020. A partire dalla sua apertura, la gestione del centro è stata assegnata all’ente Ors Italia srl, controllata del Gruppo Ors, società multinazionale operante in Svizzera, Austria e Germania e già coinvolta nella gestione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo. A Ors Italia Srl è seguita nel 2022 la gestione di Ekene cooperativa Sociale Onlus, che gestisce anche il Cpr di Gradisca d’Isonzo. Qui i dati.
Potenza-Palazzo San Gervasio: apre nel 2011. La gestione è affidata sin dal 2018, prima ancora che il centro aprisse i battenti, a Engel Italia srl con una convenzione la cui scadenza era prevista tre anni dopo, il 28 ottobre 2021, ma che è stata prorogata prima fino al 25 luglio 2022 (per via della sospensione del servizio intercorsa) e poi fino al 30 giugno 2023. I dati qui.
Roma-Ponte Galeria: riaperto nel 2019. La gestione del centro è stata affidata fino al 2010 alla Croce rossa italiana. Da marzo 2010 a dicembre 2014 il centro è stato gestito dalla cooperativa sociale Auxilium e poi, tra 2014 e 2018, dal consorzio composto dalla francese Gepsa e dall’associazione culturale italiana Acuarinto. Tra 2018 e 2021 il Cpr è stato gestito dalla cooperativa sociale Albatros. Nel giugno del 2021, la Prefettura di Roma ha pubblicato una nuova gara: ad aggiudicarsela, nel dicembre del 2021, la Ors Italia srl, società che gestisce anche i Cpr di Torino (e fino ad inizio 2022 anche quello di Macomer) ed è stata sovente al centro delle polemiche per la scarsa qualità dei servizi di accoglienza offerti nelle strutture di cui era responsabile. Leggi altro.
Torino-Corso Brunelleschi: aperto nel 1999. Gestito dalla Croce rossa italiana fino a gennaio 2015. Successivamente, la gestione è stata rilevata da un consorzio guidato dalla società francese Gepsa. Da febbraio 2022 il centro è gestito dalla Ors Italia srl. A marzo 2023 il centro è stato temporaneamente chiuso. Leggi tutto.
Milano-via Corelli: aperto nel 2020. Alla sua apertura l’assegnazione della gestione è stata affidata alla Versoprobo, in Ati con Luna s.c.s., ma dopo un anno, la gara di appalto indetta nel mese di aprile 2021 è stata aggiudicata alla società Engel Italia srl, già ente gestore del Cpr di Palazzo San Gervasio. L’ente gestore si è insediato nel mese di settembre 2021, ma il 14 marzo 2022 (prima della scadenza della convenzione prevista per il 30 settembre 2022) subentra con la formula della cessione del ramo di azienda una nuova azienda, Martinina srl. Lo stesso ente gestore vincerà la nuova gara d’appalto con una convenzione stipulata in data 17 novembre 2022, con scadenza il 30 novembre 2023. Qui altri dati.
Trapani-Milo: dal 2018 è un Cpr. La cooperativa Badia Grande ha gestito, prima in proroga dopo la naturale scadenza della convenzione e poi con procedura negoziata fino al 2019. Dal 2021 il centro è gestito dalla cooperativa sociale Vivere Con in Ati con il consorzio Hera, individuati dapprima tramite procedura negoziata e assegnatari a seguito di procedura di gara aperta. Qui gli altri dati.
Sia nel caso delle organizzazioni non profit che delle aziende, la gestione è assegnata dalla stazione appaltante a seguito di gara aperta, la procedura maggiormente trasparente. L’analisi fatta da “Trattenuti” sulle procedure di affidamento della gestione dei Cpr evidenza, tuttavia, un ampio ricorso allo strumento della proroga tecnica.
Infine: l’affidamento della gestione avviene secondo un capitolato d’appalto il cui schema è definito tramite un decreto del ministero dell’interno. Negli ultimi anni lo schema di capitolato d’appalto per la gestione dei Cpr è mutato ben tre volte: nel 2017, nel 2018 e nel 2021. Ciascuno schema prevede l’obbligo di erogare servizi diversi e, soprattutto, un diverso pro-capite/pro-die. Quest’ultimo è l’ammontare in euro pagato dallo Stato all’ente gestore per ogni persona trattenuta all’interno del Cpr. La tendenza è al massimo contenimento della spesa e, quindi, verso una massima contrazione dei servizi offerti alle persone nei Cpr. “Trattenuti” confronta i servizi previsti dai diversi schemi di capitolato per strutture con una capienza massima di 50 detenuti, calcolando la quantità di servizio effettivamente erogata al singolo detenuto ipotizzando la presenza di 50 detenuti:
La ricerca “Trattenuti” è stata avviata nell’autunno 2021 ed è continuata fino alla primavera del 2023. Obiettivo era quello di colmare la grave carenza di dati sul funzionamento del sistema detentivo per stranieri: «Quando i dati condizionano una limitazione delle libertà costituzionali, come quelle di circolazione e soggiorno, negare l’accesso ai dati, in contrasto con un ormai maturo quadro normativo, equivale a negare un diritto essenziale. I dati svolgono, o dovrebbero svolgere, un ruolo fondamentale nella comprensione delle politiche pubbliche e negli investimenti dell’amministrazione a vantaggio della popolazione, nonché nella progettazione delle nuove politiche. Nonostante disposizioni di legge e nonostante i gestori siano valutati anche in base alla capacità di registrazione dei dati, la trasparenza è a dir poco scarsa e viene da chiedersi come si possa quindi negare l’esito di un servizio che è previsto dal contratto stipulato tra ufficio territoriale del governo e ente gestore», è il commento di Fabrizio Coresi che ha collaborato alla ricerca “Trattenuti”.
foto apertura: la copertina della ricerca “Trattenuti”
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