Politica

In viaggio con le soldatesse padane

Una full immersion tra le donne della Lega. Lontano dai luoghi comuni

di Cristina Giudici

L’autrice racconta la genesi (e le ragioni) del suo libroHo scritto un libro dedicato alle leghiste perché volevo capire cosa si celasse dietro la retorica del territorio, cosa succedesse realmente all’interno della comunità leghista, di cui tutti discutiamo, nostro malgrado, da diversi anni. Ma l’ho scritto anche perché come giornalista e donna sono intrigata dai paradossi, dagli ossimori, dai fenomeni difficili da interpretare con schemi semplificati. L’universo femminile della Lega è tutte queste cose messe insieme. Le leghiste sono tradizionaliste, ma emancipate. Laiche, ma devote. Bigotte, ma spregiudicate. In una parola, irregolari. E la loro capacità, ma forse si dovrebbe chiamarla dedizione, amministrativa incarna con coerenza gli ideali della Lega Nord. Che si basano su un concetto, caro agli ex comunisti: la supremazia della politica. Così le ho inseguite per tre mesi per capire chi fossero quelle soldatesse padane che chiamano Bossi il Capo e hanno per lui una devozione religiosa.
Alla fine ne è venuto fuori un diario di bordo, giocoso, sull’avanzata delle camicette verdi. Le leghiste vivono per un partito che non teorizza la parità e l’emancipazione femminile, e all’inizio si è presentato sul sipario politico con un motto fastidioso: il celodurismo. Eppure avanzano. Alcune azzardando tesi forti sulla supremazia femminile, conquistano spazi, ruoli strategici. Decise e determinate a contare sempre di più. Mentre scrivevo il mio diario di viaggio, per descrivere una galleria di ritratti di alcune donne che sono arrivate ai vertici e di altre che hanno preferito rimanere nell’ombra a custodire i segreti del territorio conquistato e presidiato dal Carroccio, ho litigato con amici, colleghi, parenti.
Nessuno mi credeva (o quasi) perché era più semplice, più consolatorio ritenere la Lega il partito della paura, xenofobo, arretrato e grezzo, che vinceva perché parlava alla pancia. E invece nel mio viaggio ho scoperto donne sindaco, presidenti di Provincia, deputate, quadri di partito, registe di un vasta rete sociale di volontariato, che hanno un obiettivo in comune: il buongoverno. E cioè creare delle enclave comunitarie, basate sul concetto della legalità. È questa la caratteristica che spinge i cittadini a votarli, più che la paura degli immigrati. Come ho scritto, fra il serio e il faceto, loro sono o potrebbero essere pioniere di una nuova politica che rimette gli esseri umani e i cittadini al centro della politica, intesa come bene comune e non esclusivamente spartizione delle poltrone. Si tratta solo di un’ipotesi. Ma nel dubbio, mi è venuta voglia di crederci. A costo di essere smentita.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.