Cultura

In Val d’Orcia si affronta la vita con il teatro

È partito sabato 23 luglio e durerà fino a domenica 14 agosto. È il Teatro Povero di Montichiello dove i 202 cittadini dell’antico borgo medioevale del comune di Pienza in provincia di Siena, diventano attori e mettono in scena “Notte di attesa”

di Anna Spena

Il granaio, la piazza, la Taverna di Bronzone, il museo Tepopratos. Sono queste le “scenografie” del Teatro Povero di Montichiello, una delle più antiche esperienze di ricerca di teatro italiane.

Siamo in Val d’Orcia (Patrimonio dell’Unesco), a Pienza. Precisamente nel borgo medioevale di Montichiello dove dal 1967, ogni estate, va in scena uno spettacolo ideato e realizzato dai suoi abitanti – ad oggi 202 – che riflettendo su loro stessi diventano lo specchio di ciò che accade a tutti. Il momento dell’incontro con il pubblico è il tentativo da parte degli abitanti di creare un senso condiviso delle trasformazioni in atto.

Il titolo di quest’anno racconta di una denuncia mai abbandonata, delle crescenti difficoltà per la sopravvivenza laddove il costante riferimento ai “numeri” ha segnato e segna un crescente abbandono del valore “umano” di chi vive realtà considerate insignificanti. Il filo conduttore dello spettacolo numero 50 si snoda e si sviluppa intorno al tema di un “assedio”.


«Monticchiello», spiega Andrea Cresti, Regista e direttore artistico Compagnia popolare del Teatro Povero, «faceva parte di quella realtà che sembrava non avere alternative anche se chi partiva non sempre lo faceva con convinzione; quello che contava infatti era la speranza di costruire per sé e per i propri figli un futuro migliore, ma era anche la certezza di appartenere ad un mondo che non aveva più legami col passato. Il taglio era o sembrava essere netto. Tanto che coloro che talvolta tornavano per non interrompere definitivamente i legami parentali, lo facevano come se ritrovassero lì, non le radici profonde del proprio esistere, ma i reperti dismessi di una vita oramai distante dalla modernità. Così in quegli anni di disorientamento nacque l’idea del Teatro come possibilità di parlare alla gente raccontando la propria vita, ma soprattutto di trovare il modo di unirsi, parlare, confrontarsi, scontrarsi anche, e non in maniera sterile ma in un costante, quotidiano confronto costruttivo che già di per sé era teatro».

Il tema dello spettacolo nasce durante le assemblee che si tengono nel borgo durante l’anno.

«Il percorso è abbastanza lungo e complicato». Spiega Crespi. «Nel senso che le assemblee danno l’orientamento, io lì parlo pochissimo e ascolto molto, proprio perché voglio capire qual è il sentimento comune dal quale può venire fuori il possibile spettacolo. Nessuno impone niente a nessuno, ci deve essere una condivisione innanzitutto del punto di origine. Una volta che il punto di partenza si percepisce, che mi accorgo che è condiviso e che sarà la linea da seguire nel pensare lo spettacolo, incomincia tutta l’altra attività di confronto continuo, in assemblee e durante la quotidianità, anche quando ci incontriamo per strada, quando si va a fare la spesa, quando si chiacchiera la sera»In questo borgo il teatro si fa progetto cultura e sociale che tiene viva la comunità. Ed è così importante perché dopo il problema dello spopolamento è emersa la necessità di ricostruire un tessuto sociale.

«Partire dal teatro», ha aggiunto Luchino Grappi presidente della Cooperativa del Teatro Povero di Monticchiello. «Partire con un nuovo autodramma in scena nelle nostre piazze per l’estate 2016. Perché il nostro modo di onorare la memoria è sempre stato quello di provare a realizzare i valori che le danno forma».

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