Salute
In vacanza il medico non c’è
Sette ambulatori turistici su dieci rimangono senza camici bianchi
di Redazione
Italia terra ideale per le vacanze, in suggestive localita’ di mare, montagna o luoghi d’arte che spesso sono lontane dalle citta’ e dai suoi servizi. Assistenza sanitaria compresa. E gli ambulatori turistici, che un tempo venivano aperti proprio per garantire le cure primarie in zone che si affollano solo pochi mesi l’anno, sono spesso ‘scoperti’, ovvero non hanno medici che li facciano funzionare. Succede in 7 strutture su 10: non sempre le Asl, infatti, attivano tutti i servizi previsti fino al 2005 e, quando decidono di farlo, hanno difficolta’ a reperire i camici bianchi a cui affidare l’incarico.
In una percentuale elevata, con differenze notevoli tra le Regioni, le assegnazioni vanno deserte. A fare il quadro del settore, non troppo tranquillizzante per i villeggianti, e’ Silvestro Scotti, segretario nazionale per la continuita’ assistenziale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). E non basta. Quando tutto funziona, per i turisti italiani di altre regioni c’e’ la beffa. A loro tocca pagare la prestazione di medicina generale (non rimborsata tra Regioni) che per gli altri turisti europei e’ gratis, perche’ l’Unione prevede l’assistenza diretta. La Asl, cioe’, puo’ farsi tranquillamente rimborsare dal sistema sanitario di riferimento, secondo gli accordi comunitari.
“Nel nostro Paese – spiega Scotti – non e’ prevista compensazione delle visite di medicina generale fuori dalla propria Regione, cosa che invece accade con le visite specialistiche, di cui invece si puo’ usufruire come se si fosse nella Asl di appartenenza. Nell’ambulatorio turistico, cosi’, per la una ripetizione di ricetta si paga una cifra non superiore ai 10 euro, per una visita 15. Ma il colmo e’ che gli altri europei non hanno bisogno di pagare: il nuovo ricettario prevede, sul retro, di prendere i dati dell’assicurazione nazionale. Il medico,in questo modo, viene pagato dall’Asl che poi si fa rimborsare dall’altro Paese. In pratica ci comportiamo come Stato rispetto agli stranieri e come Regione rispetto agli italiani di altre aree regionali. Sono le stranezze del nostro federalismo”.
Bizzarie burocratiche a parte “il vero problema della medicina turistica – spiega ancora Scotti – e’ la difficolta’ di reperire medici. In Campania, Regione in cui i camici bianchi sono considerati in esubero, alle ultime pubblicazioni regionali circa il 70% delle zone e’ rimasta deserta”. Una percentuale – per le strutture pubblicate in delibere regionali fino al 2005 – che secondo Scotti, in media, e’ ‘esportabile’ sul piano nazionale, con punte piu’ elevate nelle regioni a scarsa popolazione medica. “Ad accettare gli incarichi oggi – spiega ancora il sindacalista – sono o medici di guardia ai quali viene offerta la possibilita’ di aumentare cosi’ le proprie ore, oppure sostanzialmente i neolaureati”.
I medici non accettano soprattutto perche’ questa attivita’ stagionale impone – in particolari periodi dell’anno – turni impegnativi con lo stesso tariffario applicato alla guardia medica durante l’anno. Secondo l’esponente della Fimmg il problema si potrebbe risolvere con accordi aziendali con i camici bianchi della guardia medica – “come e’ previsto anche nel nostro contratto gia’ dal 2005” – di ‘prolungamento’, per esempio con la rimodulazione dell’orario su tutto l’anno dei medici gia’ in organico (es: meno ore d’inverno per utilizzarne di piu’ d’estate) e una piccola integrazione. “Oggi le Asl – conclude Scotti – non si preoccupano di fare accordi aziendali sulla medicina turistica, perche’ spesso per loro e’ solo un aumento di costo senza finanziamento. Non sono interessate ad attivare i servizi ad hoc e spesso lo fanno su pressione del sindaco locale o di chi per lui. Eppure la mancanza di questo tipo di assistenza pesa sui pronto soccorso degli ospedali piu’ vicini ma soprattutto sulla salute dei cittadini perche’, in queste aree, quasi sempre mancano strutture di primo intervento vicine”, conclude Scotti.
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