Politica
In una manovra da 30 miliardi, solo 100 milioni per gli anziani non autosufficienti
La Legge di Bilancio prevede un rafforzamento stabile dei servizi di assistenza domiciliare erogati dai Comuni, configurandoli come livelli essenziali delle prestazioni. Stanzia però solo 100 milioni, contro i 300 chiesti dal Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza. «Briciole, se vogliamo dare davvero le risposte integrate che servono agli anziani. Così la riforma è a rischio», dice Gori
In una legge di bilancio che vale 30 miliardi, solo 100 milioni sono per gli anziani non autosufficienti. «Briciole che rischiano di mandare in fumo la riforma per l’assistenza agli anziani e alle loro famiglie attesa da decenni e prevista dal Pnrr», dice il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, riforma che è e che a tutti gli effetti – per numeri, per portata e per valore sociale – dovrà essere la prossima grande riforma del welfare di questo Paese.
Siamo all’articolo 43 della Legge di Bilancio presentata dal Governo, che nelle prossime settimane verrà discussa in Parlamento. L’articolo – lunghissimo – è titolato “Livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza” e prevede un rafforzamento stabile dei servizi di assistenza domiciliare erogati dai Comuni, configurandoli come livelli essenziali delle prestazioni. Un passo avanti significativo, nella direzione di quanto proposto nei mesi scorsi proprio dal Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza che aveva sottolineato la necessità di prevedere fin da subito investimenti sulla “gamba sociale” della domiciliarità in modo da riequilibrare la disparità di risorse destinate all’Adi-Assistenza domiciliare integrata e risorse destinate al Sad-Servizio di assistenza domiciliare. Solo il riequilibrio delle risorse, infatti, può rendere plausibile l’obiettivo di avere finalmente un sistema di risposte integrate, dal momento che il Pnrr – schiacciando l’acceleratore sull’Adi, ossia sulla gamba sanitaria della domiciliarità – non farà altro che allargare il gap già esistente fra le due risposte e rendere ancora più residuale le risposte sociali. Per questo, il Patto aveva chiesto nel suo Piano uno stanziamento aggiuntivo di 300 milioni per il Sad, per arrivare progressivamente a +468 milioni nel 2024.
«Siamo soddisfatti del fatto che sia stata accolta l’idea di aprire una linea di finanziamento dedicata al Sad e che quest’ultimo sia stato configurato come un livello essenziale», commenta Cristiano Gori, coordinatore del Patto. «Tuttavia stanziare per il 2022 solo 100 milioni di euro per i servizi domiciliari sociali erogati dai Comuni agli anziani non autosufficienti non è abbastanza. Si tratta di 200 milioni in meno di quanto previsto dal Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, che aveva chiesto di destinare 300 milioni per dare un rafforzamento stabile ai servizi di assistenza domiciliare erogati dai Comuni. Questa richiesta equivarrebbe all’1% delle risorse stanziate con la Legge di Bilancio: il Governo si è fermato allo 0,3%».
Il tema non è tanto quello delle percentuali, ma del fatto che 100 milioni sono troppo pochi per realizzare davvero un Sad che sia un livello essenziale delle prestazioni. «Con tali risorse non solo si potrà fare ben poco per invertire la tendenza rispetto alla scarsità attuale delle risposte fornite a questa fascia di popolazione – oggi riceve domiciliarità sociale appena l’1,3% degli anziani – ma si va a inficiare la prospettive della riforma». Il Pnrr infatti per la domiciliarità sanitaria delle Asl stanzia nel 2022 ben 584 milioni di euro, a fronte di cui 300 milioni per il Sad potevano configurare l’inizio di un nuovo modello di risposte integrate, mentre metterci solo 100 milioni equivale a perpetuare il modello attuale, con servizi separati, risposte non unitarie, prevalenza delle risposte sanitarie e per brevi periodi di tempo. L’esatto contrario di quella integrazione che la riforma della non autosufficienza si è posta come obiettivo e che rappresenta nei fatti la migliore risposta per gli anziani.
«La riforma è un'occasione storica, non può diventare una occasione persa. Quello relativo alla domiciliarietà è il primo passo per attuare la riforma futura e ne determinerà inevitabilmente la direzione», torna a ribadire Gori. Il Patto si è già confrontato con i Comuni, titolari del Sad, e tra soggetti sociali e Comuni c’è allineamento. «Con piacere abbiamo sentito il ministro Orlando citare la riforma della non autosufficienza come un esempio di “lobbismo buono”, ma ora il nostro timore è che quell’attenzione conquistata in primavera sia già un poco calata», conclude Gori. «Non può essere che lo Stato italiano non abbia una strategia per la non autosufficienza. La nostra richiesta, come Patto, è che nel passaggio parlamentare si proceda ad un re-integro dei fondi: presenteremo degli emendamenti, sui quali chiediamo il sostegno unitario di tutte le parti politiche».
Foto Unsplash
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