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In palestra non c’è legge

Sette impianti su dieci non sono omologati per la pratica agonistica, sugli altri regna una giungla di norme diverse.E chi fa ginnastica non è in alcun modo tutelato. Eppure basterebbe un marchio di q

di Pasquale Coccia

L?attività motoria svolta in palestra ha conquistato, nel nostro Paese, sempre più sportivi fino a collocarsi al secondo posto tra le varie discipline. Gli anni Novanta hanno rappresentato il boom per l?attività fisica, il cosiddetto fitness, che secondo i dati forniti dal Coni conta ben 2 milioni e 400 mila praticanti. Il Rapporto annuale sullo sport, però, presentato recentemente dal Coni, denuncia che in Italia 7 palestre su 10 non sono omologate per l?attività sportiva agonistica e delle 19 mila 502 palestre polivalenti il 20 per cento risultano mal conservate e il 25 per cento sottoutilizzate. Quali sono i criteri che definiscono un ambiente adibito all?attività fisica idoneo o meno? Lo abbiamo chiesto agli esperti che quotidianamente programmano il fitness nelle palestre. E le sorprese non mancano. «Attualmente nessuna norma definisce che cosa è una palestra e quali standard dovrebbero caratterizzarle», dichiara Alessandro Lanzani, direttore sanitario del Centro di medicina dello sport dell?Unione sportiva Acli di Milano. «In Italia mancano criteri comuni validi su tutto il territorio nazionale, si assiste a disposizioni di diversa natura e in contrasto tra loro. La legge 626, che pur riguardando la sicurezza sui posti di lavoro, si applica anche alle palestre, non è sufficiente perché queste ultime sono principalmente luoghi dove medici e allenatori controllano e potenziano la salute di coloro che svolgono un?attività fisica. «I cittadini di varie età che si recano in palestra», conclude Lanzani, «non ricevono alcuna garanzia sui servizi minimi. Molti operatori del settore provvedono alla meglio, ma non tutti si comportano in modo responsabile».
Chi, invece, apre una palestra quale perscorso deve seguire? Innanzitutto fronteggiare un ginepraio di disposizioni spesso in contrasto tra loro, perché dettate da organismi non collegati. Alcuni Comuni, per esempio, conferiscono alle Asl la competenza in materia, mentre altri assegnano competenze prioritarie ai vigili del fuoco e altri ancora ai vigili urbani.
«In uno spazio dove si svolgono gare agonistiche, le singole federazioni del Coni stabiliscono l?idoneità delle palestre», dichiara l?architetto Rossi Mori, responsabile del Centro documentazione e informazione del Coni, un osservatorio che fornisce consultazioni alle Regioni in materia di programmazione e costruzioni di impianti sportivi sul territorio. «Nelle palestre dove si pratica lo sport per tutti, compreso il fitness, non si effettuano controlli da parte di un organismo sportivo preposto. All?estero, invece, in modo particolare in Inghilterra e in Olanda, non esistono norme specifiche sul piano legislativo, ma il problema è stato risolto attraverso il marchio di qualità. Un?apposita commissione, infatti, istituita dalle autorità governative e dall?associazione dei Comuni, assegna un punteggio alle palestre, sulla base del quale viene concesso il marchio di qualità, un sistema di valutazione rispondente a quello degli alberghi a più stelle».
Chi si preoccupa, dunque, di garantire a volenterosi cittadini che curano il proprio corpo attraverso l?attività motoria e, soprattutto a proprie spese, spazi idonei? Nessuno. Eppure questo è un popolo che garantisce ogni anno un giro di affari pari a 1.750 miliardi.

Il fitness non paga

Il problema dell?idoneità degli impianti sportivi e degli spazi adibiti all?attività fisica in ambienti chiusi, è una questione di non poco conto e riguarda la salute di 2 milioni e mezzo di italiani.
Il 36, 7 per cento di questi spazi sono di gestione e di proprietà pubblica, mentre il 38,6 per cento è rappresentato dalla proprietà e gestione privata. La gestione mista o convenzionata, invece, riguarda il 24,7 per cento.
Se il Coni riconosce che su circa 20 mila palestre con funzioni polivalenti, ben il 70 per cento non ha i requisiti idonei a ospitare gare agonistiche, risulta anche che ben 5 mila sono poche utilizzate, mentre ben 4 mila versano in cattive condizioni igienico-sanitarie. Tra coloro che si dedicano alla ginnastica e al fitness in palestra, 108 mila sono giovani tra i 14 e i 20 anni, mentre 2 milioni e 81 mila sono gli adulti. Undicimila sono quelli che svolgono attività agonistica e circa duecentomila quelli dediti alla pratica sportiv amatoriale.
Fino a oggi nessun organismo sportivo o sanitario si è mai occupato dell?idoneità degli spazi dove si pratica lo sport per tutti.
Potrebbe farlo il Coni, ma non ci sono medaglie da portare a casa.

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