Politica
In montagna la gratuità cresce in competenza
E' in questi contesti che il volontariato è allenato ad alzare la barra della qualità. Come dimostrano le best practice di due associazioni...
di Irene Amodei
E' un volontario dinamico, consapevole, efficiente e sempre più professionale e professionalizzato quello che emerge dalle parole e dalle esperienze dei partecipanti alla quarta edizione di Montagna e solidarietà, il convegno internazionale organizzato ogni anno, dal 2002, dal Csv, dalla Regione Valle d?Aosta e dal Segretariato sociale Rai presieduto da Carlo Romeo e tenutosi all?Ospizio del Colle del Gran San Bernardo il 23 giugno.
Sentinella e antenna sociale capace di intercettare (quando non anticipare) i bisogni del territorio, promotore entusiasta di cittadinanza attiva, porta d?accesso per l?ingresso, il reinserimento o il riorientamento nel mondo del lavoro, strumento d?integrazione e valorizzazione sociale, il profilo del ?nuovo? volontariato cambia al cambiare della società di cui è espressione. E non potrebbe essere altrimenti. Coinvolte in programmi di formazione articolati e tecnologicamente all?avanguardia, le associazioni sono chiamate ad un costante processo di aggiornamento, acquisizione di nuove competenze, messa in rete di risorse ed energie.
L?ambiente alpino, del resto, con i suoi rigori e le sue asperità, sembra fatto apposta per alzare al massimo la barra delle prestazioni e stimolare, nel momento del bisogno, risposte specifiche ed originali. La montagna lascia poco spazio all?improvvisazione.
Tra coloro che non si sottraggono all?impresa c?è sicuramente Marc Gastoli, presidente di Antenne handicap, un?associazione creata nel 1996 e basata ad Aime la Plagne, che si propone di rendere accessibile ai disabili la pratica degli sport di montagna, dallo sci al bob, dal parapendio al pattinaggio sul ghiaccio. «In funzione delle diverse patologie, non solo quelle della spina dorsale, ma anche malattie rare o forme di autismo ed epilessia», spiega Gastoli, «studiamo ed inventiamo un equipaggiamento specifico, per poi formare i nostri volontari in modo che abbiano una conoscenza profonda e dettagliata sia dell?handicap che della strumentazione che saranno chiamati ad impiegare».
«Non per soccorrere da una valanga, bensì per rompere la non meno distruttiva spirale solitudine-malinconia-malattia che rischia di travolgere chi entra nella terza età».
Per queste ragioni Giovanni Olivero ha fondato a Saluggia, nel vercellese, Vita 3 che, nel tempo, è diventata un caso d?eccellenza. Premio Solidale 2000, l?associazione offre alle persone anziane o invalide, servizi personalizzati e mirati, dal banco alimentare al pasto a domicilio. L?esperienza – laboratorio (220 volontari, 46mila ore di lavoro l?anno, duemila utenti nella zona) testimonia di un volontariato che, al di là dei tecnicismi richiesti, è, più che tutto, un antidoto all?indifferenza e alla rassegnazione. L?una cosa, hanno insistito i partecipanti al convegno, non esclude l?altra.
Nick Ockenden, ricercatore dell?Institute for Volunteering Research, ha invece raccontato degli sforzi messi in campo a livello europeo per sintetizzare un sistema efficace e controllato di accreditamento delle competenze acquisite nel corso dell?esperienza volontaria.
Ciotti: ma non fatelo per mestiere
Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente del Gruppo Abele e di Libera, ha ricevuto nel corso del convegno, il premio San Bernardo 2007. Nell?accogliere il riconoscimento, Ciotti ha invitato a «sporcarsi le mani e mettersi in gioco», ricordando che «chi vive la montagna sa che la speranza è avere fiducia anche nelle curve» e che «se abbiamo l?obbligo di interpretare i cambiamenti, questa non può essere opera di navigatori solitari». L?acquisizione di nuove competenze, che la modernità impone come un obbligo sempre più stringente, non deve tuttavia mettere in ombra le quattro priorità che ogni servizio volontario deve conservare per non snaturarsi e «trasformarsi in mestiere: ovvero incontrare le persone e non affrontare i problemi; accompagnare e non portare; non limitarsi alle risposte tecniche, ma mettere la persona al centro; partire dai bisogni. Non basta essere buoni, ma occorre essere giusti».
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