Welfare
In meno di 10 anni Uber non avrà più autisti
Il ceo e fondatore dell'azienda, in occasione del Vanity Fair New Establishment Summit, ha spiegato: «La guida autonoma sta trasformando i veicoli in robot. Credo quindi che diventeremo una robotic company. Guardando al futuro, le vetture autonome per noi saranno fondamentali». I primi test sono già stati avviati
40 milioni di utenti attivi in tutto il mondo, con una spesa mensile media di 50 dollari. I driver (cioè coloro che mettono a disposizione la propria auto) a settembre hanno avuto un incasso compreso tra 1,5 e 2 miliardi di dollari. Oltre 11 miliardi di investimenti privati attratti di cui 4,8 solo nel 2016. Sono questi i numeri di Uber, la start up (anche se con questa pagella continuare a considerarla tale risulta difficile) che ha rivoluzionato il mondo del servizio delle auto con conducente e dei taxi.
Spesso, soprattutto dopo il caso Foodora, l'azienda viene usata (insiema anche a Deliveroo) per identificare quel nuovo settore del mondo del lavoro definito “Gig Economy” o “economia on demand”. Un modo, dispregiativo, per distinguere queste realtà imprenditoriali dal mondo della sharing economy con cui, a parte la vocazione tecnologica, non hanno nessuna affinità.
Eppure, nonostante questa insistenza mediatica, nessun autista di Uber ha mai inscenato proteste o si è lamentato delle condizioni contrattuali come invece hanno fatto i rider di Foodora. Per questo desta stupore la poca eco che hanno avuto le dichiarazioni rilasciate da Travis Kalanick, fondatore e ceo della startup, in occasione del Vanity Fair New Establishment Summit. Dopo aver definito la compagnia come «una società di logistica», ha risposto a una domanda sulle prospettive dei prossimi cinque-sette anni: «La guida autonoma sta trasformando i veicoli in robot. Credo quindi che Uber diventerà una robotic company. Guardando al futuro, le vetture autonome per noi saranno fondamentali».
Tradotto? Nel giro di una decina di anni Uber non si avvarrà più di alcun autista.
E Kalanick ci tiene anche sottolineare che si tratta di una prospettiva profondamente concreta, quasi certa: «Abbiamo centinaia di ricercatori al lavoro su tutti i componenti. Le prime sperimentazioni di auto senza guidatore marchiate Uber e utilizzate per il trasporto urbano sono già partite, lo scorso agosto, a Pittsburgh. Il funzionamento è simile ai servizi già offerti dalla società, con la prenotazione del viaggio tramite app. Solo che il passaggio è offerto da un veicolo senza autista». Insomma il futuro è già qui.
L'interesse di Uber per le “self driving car” risale al 2014. La scelta di Pittsburgh (con i test da poco allargati anche a San Francisco) racconta le convinzioni ribadite da Kalanick: nella città americana si trova infatti la Carnegie Mellon, università dotata di uno dei dipartimenti di robotica più avanzati degl Stati Uniti, con la quale Uber ha stretto una partnership già nel maggio 2015. Ad agosto, poi, Uber ha acquisito Otto, una startup per lo sviluppo della guida autonoma sui Tir. Obiettivo: affiancare al trasporto urbano delle persone quello di lungo raggio delle merci. Un progetto sul quale Uber ha deciso di investire 680 milioni di dollari.
Il punto ora è capire se si tratti di una scelta senza scrupoli votata esclusivamente al profitto o di una rivoluzione inevitabile.
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