Non profit

In Liguria un sequestro smaschera i legami tra slot e mafie

A Bordighera va in scena un maxisequestro (9 milioni di euro) alla famiglia Pellegrino, in odore di n'drangheta. Ecco come per il clan le slot machine erano un tassello fondamentale del business

di Lorenzo Alvaro

«Il sistema del gioco sul nostro territorio stava distruggendo il tessuto sociale a partire dalle famiglie. Abbiamo assistito impotenti a moltiplicarsi delle richieste ai centri antiusura, al moltiplicarsi di sale gioco in zone di confine. Addirittura una nostra consigliera ad Imperia ha denunciato l'apertura di sale giochi nel Comune di Bordighera e si è trovata con minacce fatte attraverso santini bruciati e fette di limone (tipico linguaggio n'dranghetista ndr.) da parte di un clan. Il processo è ancora in corso. Abbiamo dovuto intervenire». Così raccontava, l'intervista integrale sarà sul prossimo numero di Vita in un servizio dedicato all'azzardo, Lorenzo Basso, segretario regionale del Partito Democratico della Liguria e oggi deputato.

È di oggi la notizia della confisca, da parte della Dia a Bordighera, di beni per nove milioni di euro ai fratelli Michele, Giovanni e Maurizio Pellegrino, imprenditori pregiudicati operanti nel settore del movimento della terra e ritenuti vicini alla 'ndrangheta ed in particolare alla cosca “Santaiti-Gioffrè”. La Sezione per le Misure di Prevenzione del Tribunale di Imperia, ha applicato ai fratelli Pellegrino anche la sorveglianza speciale per la durata di cinque anni con obbligo di soggiorno. Il patrimonio confiscato comprende terreni, fabbricati, autovetture, disponibilità finanziarie ed aziende operanti nel settore scavi e movimento terra. L'attività investigativa, svolta dal Centro Operativo di Genova per oltre un anno, ha riguardato l'intero gruppo familiare dei Pellegrino, composto da 20 persone e 4 compagini societarie ed ha permesso di ricostruire tutta la storia personale giudiziaria dei proposti, nonché le loro vicende imprenditoriali protrattesi per oltre vent'anni.  

Lorenzo Basso è stato anche tra i promotori della prima legge Regionale contro le slot machine. «Tutto nasce», racconta sempre Basso, «quando cominciammo ad occuparci della stesura di quella che oggi è la legge N.7 del 5 maggio 2012. Si trattava di una iniziativa regionale per la prevenzione del crimine organizzato». E qui che si scoperchia il pentolone del gambling. «Abbiamo lentamente scoperto che le slot machine e l'azzardo legalizzato», continua Basso, «erano strettamente correlati al business mafioso». Non si pensi a grandi transazioni o operazioni sofisticate, «banalmente, per fare un esempio chiaro, se i clan erano in possesso di denaro da ripulire, lo inserivano nelle macchinette e annulavano le giocate. In questo modo la macchina tratteneva le banconote pericolose e rilasciava denaro pulito», sottolinea Basso. Ecco perchè in Regione dopo la legge anti clan si mettono subito al lavoro per farne una anti slot e partoriscono così le leggi 17 e 18 del 2012 (in allegato il testo della N.17).

Non solo, «facendo l'informatico so che il controllo telematico su questi prodotti è molto difficle. Questo perchè ogni centro slot ha un suo Ip. Se a questo Ip son collegate poche slot non ci sono problemi. Ma se cominciano ad essere molte gli inquirenti riescono a tracciare solo una giocata delle decine che avvengon o nello stesso momento. Ecco perchè c'è bisogno che le macchinette siano centinaia di migliaia e perchè è tanto interessante per la mafia».


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