Economia

In Italia un’attività su dieci è gestita da persone immigrate

Uscito il nuovo rapporto su "Immigrazione e imprenditoria": oltre 571mila le imprese gestite da lavoratori immigrati all’inizio del 2017, quasi un decimo di tutte le attività registrate dalle Camere di Commercio (9,4%): un dato in continuo aumento, anche negli anni della crisi economica (+25,8% dal 2011). Si conferma il protagonismo delle ditte individuali (79,3%), ma cresce la quota delle società di capitale (12,2%) mentre tra le start-up innovative sono il 12,8%, alla stessa data, quelle in cui è presente almeno un immigrato

di Redazione

Sul piano europeo, come confermano i dati Eurostat, l’Italia è il primo Paese per numero di imprenditori e lavoratori autonomi. Tra questi, quelli di nazionalità straniera sono un settimo del totale comunitario (14,0%), protagonisti di un aumento sostenuto anche negli ultimi anni. É uno dei dati salienti della IV edizione del Rapporto Immigrazione e Imprenditoria, presentata questa mattina, presso la sede del CNEL. Curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e MoneyGram, il volume approfondisce il tema dell’imprenditorialità immigrata a partire dai dati più aggiornati a livello comunitario, nazionale e regionale.

Secondo i dati del Registro delle imprese, le attività indipendenti condotte da lavoratori di origine straniera sono cresciute del 25,8% dalla fine del 2011 (circa 117mila aziende in più), e anche nel 2016 si sono evidenziate per un andamento in controtendenza rispetto alle imprese gestite da lavoratori nati in Italia (+3,7% le prime, -0,1% le seconde). Erano 454mila alla fine del 2011 (il 7,4% del totale), sono più di 571mila cinque anni dopo, quasi un decimo dell’intera base imprenditoriale (9,4%) e ben un sesto delle nuove attività avviate nel corso del 2016 (16,8%).

In quasi 8 casi su 10 si tratta di ditte individuali (79,3%): la forma di impresa più semplice e meno onerosa per iniziare a lavorare in proprio, ma crescono gli immigrati che promuovono attività più complesse e/o capaci di esprimere, fin dall’inizio, un alto valore tecnologico e innovativo: sono le società di capitale a evidenziare i ritmi di incremento maggiori (+59,9% dal 2011 e + 10,6% solo nel 2016) e anche tra le start-up innovative aumenta il contributo degli stranieri (oltre 900 quelle in cui è presente almeno un immigrato), che con le loro iniziative imprenditoriali già contribuiscono per il 6,9% alla creazione del valore aggiunto.

“Gli imprenditori immigrati rappresentano una delle migliori dimostrazioni che c’è bisogno di una nuova narrazione della migrazione, che metta in risalto quanto essa possa essere un asset dello sviluppo, come le organizzazioni internazionali da anni riconoscono, e come IDOS sta cercando di mostrare, in partenariato con AMREF e altre strutture, nel progetto Voci di confine, non a caso finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo”, sottolinea Ugo Melchionda, presidente di IDOS.

Gli immigrati sono sempre più presenti nei segmenti ordinari dell’attività produttiva e alla consolidata presenza nel commercio (36,2%) e nell’edilizia (22,9%) si affianca il crescente inserimento nei servizi. Le attività di alloggio e ristorazione (7,7%) e i servizi alle imprese (5,5%) continuano a mostrare gli incrementi relativi più elevati (+46,0% e +77,5% dal 2011), mentre segna il passo la manifattura (7,8%). Rilevante si mantiene la partecipazione alle attività artigiane (183mila imprese, il 13,6% di quelle attive nel settore).

Più marcata, rispetto all’intera base imprenditoriale, è la concentrazione delle aziende a guida immigrata nel Centro-Nord (77,4% vs il 65,8% di quelle gestite da italiani di nascita). Lombardia (19,3%) e Lazio (13,0%), e al loro interno Roma (11,4%) e Milano (9,1%), si confermano le principali regioni e province attività. Sono però le grandi aree metropolitane del Mezzogiorno a segnare ritmi di aumento particolarmente elevati. Le 14 Città Metropolitane raccolgono il 41,7% di tutte le imprese immigrate.

"I dati presentati oggi raccontano un tessuto economico nazionale che non può fare a meno dell’apporto dell’imprenditoria immigrata. Nel corso degli anni, grazie al MoneyGram Awards, abbiamo avuto evidenza della grande capacità di creare valore di queste imprese, capaci di superare difficoltà oggettive. Sono concrete realtà che si stanno affermando anche al di fuori dei confini nazionali", commenta Massimo Canovi, Head of Southern Europe MoneyGram.

Tra i gruppi nazionali, continuano a distinguersi per un’accentuata partecipazione al settore soprattutto marocchini (14,5% degli immigrati responsabili di ditte individuali), cinesi (11,4%) e romeni (10,6%), ma sono i bangladesi a far segnare gli incrementi maggiori (+332,0% dal 2008).

“Il numero sempre crescente di imprese italiane guidate da nati all’estero dimostra che il nostro tradizionale dinamismo ha contagiato anche gli immigrati. E’ un fenomeno che apprezziamo, perché il lavoro, e in particolare le attività autonome, rappresenta la strada maestra dell’integrazione, favorendo tra l’altro l’emersione del sommerso e la promozione socio-economica. Per la sua complessità, riteniamo che sia un fenomeno da monitorare costantemente. Anche quest’anno, quindi, abbiamo collaborato alla redazione del Rapporto Immigrazione e Imprenditoria curato dal Centro Studi Idos, una analisi, direi unica, che speriamo possa risultare utile ai decisori politici. Ma i problemi fondamentali, dalla cattiva burocrazia al difficile accesso al credito, sono comuni a tutti i lavoratori autonomi e agli imprenditori senza differenze anagrafiche. Per questo sono necessarie regole chiare e uguali per tutti e una estrema semplificazione”, dichiara Maria Fermanelli, presidente di CNA Impresasensibile.

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