Volontariato

In Italia l’impresa che parla al femminile è più innovativa

Alla scoperta delle storie imprenditoriali d’innovazione al femminile inserite nella FAB50 dell’associazione GammaDonna

di Luca Cereda

Sono donne italiane a guidare le imprese ad alto tasso di innovazione, quasi tutte made in Italy. Accade all’Università di Trieste, dove lo spinoff PicoSats lavora per creare satelliti compatti che rendano lo spazio economicamente più accessibile. Accade in una azienda in cui si reinterpretano agricoltura e cultura contadina in modo innovativo e sostenibile, come nel caso dell’azienda Agricola Cecchetto. Ma si fa tappa anche a Dubai, dove Auge International fa impresa combinando lo studio delle lingue con tecniche di mentoring e coaching, mentre a Torino Syndiag applica l’intelligenza artificiale all’ecografia per facilitare la diagnosi precoce del cancro ovarico. In provincia di Biella, la B-Corp Ricehouse costruisce case utilizzando i prodotti secondari dell’industria del riso: un esempio virtuoso di economia circolare che garantisce prestazioni elevatissime in termini di efficienza termica e acustica, comfort abitativo, salubrità degli ambienti ed eco compatibilità.

In comune queste storie imprenditoriali di successo hanno un alto tasso di innovazione, e sono rigorosamente guidate da donne. GammaDonna, la storica associazione che da vent’anni lavora per ridurre il gender gap in campo socio economico, quest’anno ha presentato la sua prima FAB50: «L’obiettivo di questa selezione è confermare ancora una volta, numeri alla mano, che il merito è genderless e crea valore e lavoro per la collettività – spiega Valentina Parenti, presidente GammaDonna –. Quando le differenze di genere diventeranno irrilevanti, e intendo lungo tutta la catena del valore: dall’idea passando per il funding fino alla gestione strategica stileremo la nostra FAB50 ancora più soddisfatti, perché sarà finalmente quello che già oggi vorremmo che fosse».


Tra le protagoniste di FAB50 c’è Rosilari Bellacosa che si occupa di tecnologia, ricerca e sviluppo in Syndiag, una startup che nasce ufficialmente nel 2019 e che applica l’intelligenza artificiale alle immagini ecografiche al fine di facilitare la diagnosi precoce dei tumori e lo fa restituendo una descrizione accurata e oggettiva del tumore preso in esame. Partendo dal campo ginecologico, in cui i tumori spesso vengono diagnosticati in ritardo, l’obiettivo è quello di estendere questo approccio ad altri distretti anatomici, progettando dispositivi medicali altamente avanzati e digitalizzati e rivoluzionando l’accesso alla diagnosi già dal punto di cura.

«Ad oggi il team di Syndiag è composto da 8 persone e ha relazioni consolidate con ospedali sul territorio nazionale e internazionale oltre a una rete di advisor su vari ambiti: commerciale, medicale e di laboratorio», spiega Bellacosa. Nel 2022 Syndiag ha debuttato nel campo medicale imparando tutto ciò che c'era da sapere su un’impresa e Rosilari ha potuto sviluppare la sua idea di innovazione ponendo la tecnologia al servizio della società per creare un impatto positivo.

«Aiutiamo i medici nella diagnosi precoce, per garantire un percorso diagnostico migliore ai loro pazienti. Lo facciamo con la tecnologia: applicando l'intelligenza artificiale alle immagini ecografiche», ha raccontato Rosilari Bellacosa. «Un tumore per il quale tre quarti delle diagnosi sono tardive e causano un’elevata mortalità. La diagnosi precoce è l’elemento chiave per riportare le probabilità di sopravvivenza sopra al 90%».

Sara Cecchetto è una giovane imprenditrice che inizia a lavorare nell’azienda vitivinicola di famiglia, la Agricola Cecchetto. Nel 2018 la porta ad avere la prima certificazione ambientale, assumendo il ruolo di responsabile della sostenibilità. «Oggi tutti i nostri progetti di azienda nascono dalla volontà di tutelare e valorizzare il capitale naturale, assumendosi la responsabilità in ambito ambientale e sociale, e coltivando la relazione con il territorio e le comunità locali», spiega. Nel 2017 ha iniziato a misurare le performance ambientali sviluppando piani di miglioramento volti a diminuire il consumo delle risorse e utilizzare solo fonti rinnovabili e dando vita al progetto Climate Positive 2026 che punta a portare l’azienda entro quell’anno a trattenere più CO2 rispetto a quelle che emette. Un obiettivo a cui affianca altri progetti di inclusione, come la tradizionale vendemmia del Raboso del Piave, a cui partecipano ragazzi affetti dalla sindrome di down che si trasformano in vignaioli per un giorno. «Credo che essere un’azienda sostenibile non significhi solamente adottare dei protocolli di produzione più responsabili. Come aziende dobbiamo preoccuparci di selezionare attentamente i nostri produttori in modo che condividano le nostre idee. Noi ad esempio ne abbiamo selezionati due con i quali abbiamo attuato dei processi di riciclo. La sostenibilità deve partire dai nostri fornitori, concretizzarsi nell’azienda e continuare poi con il consumatore», conclude Cecchetto.

Le altre storie continuano su Morning Future.

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