Volontariato

In Italia 7,5 milioni di poveri

Nel nostro Paese manca ancora un piano organico di lotta alla povertà. Il rapporto Caritas-Zancan 2008

di Daniele Biella

Ripartire dai poveri. Questo il titolo del Rapporto 2008 su povertà ed esclusione sociale in Italia redatto da Caritas e Fondazione Zancan, presentato oggi. Ripartire da loro evitando di reputarli marginali e mettendo la lotta alla povertà al centro di azioni di sistema, sia nazionali che territoriali, nell’ottica di un federalismo solidale, dove Regioni, Province e Comuni reputino la spesa verso i più deboli non un costo ma un investimento. “É risaputo che la povertà in Italia è sempre stata aggirata e mai affrontata direttamente. Questo, non certamente per mancanza di risorse economiche, dal momento che l’Italia è classificata tra le dieci nazioni più ricche del mondo”, scrivono nell’introduzione al Rapporto il direttore di Caritas Vittorio Nozza e il presidente della Fondazione Giuseppe Pasini. “Probabilmente la causa determinante è da attribuire all’assenza di una volontà politica efficace nel ridistribuire le risorse disponibili. C’è anche un’inerzia, tipicamente italiana, nell’affrontare i problemi che si presentano difficili e complicati”. E ancora: “Se il governo nazionale non affronta il problema della povertà in maniera adeguata, un piano di contrasto efficace può essere attuato da Regioni e Comuni, magari con la collaborazione della società civile”.

Diviso in due parti, il Rapporto dedica i primi capitoli all’analisi dei punti deboli del sistema sociale attuale e delle strategie, economiche e non, per arrivare all’obiettivo di definire un piano organico di lotta alla povertà. Piano che in Italia, a livello statale, non esiste, mentre molte nazioni europee l’hanno già attivato da tempo. Non mancano nel testo le proposte concrete da cui partire: dalla riconversione di spesa pubblica da alcuni settori sociali verso altri, con l’obiettivo di ridurre la frammentarietà degli interventi in materia, allo stop ai trasferimenti monetari a pioggia per puntare invece sul potenziamento dei servizi, oggi più che mai ‘delegati’ al terzo settore. “Nella logica risarcitoria, prevalsa finora”, dice un passaggio del Rapporto, “dare soldi ai bisognosi in assenza di servizi era una forma di indennizzo per risposte non fornite. Riconoscere la centralità dei servizi per lo sviluppo delle capacità individuali rovescia quell’impostazione”.

Accanto all’analisi e alle proposte, non mancano i dati numerici che danno le dimensioni del fenomeno povertà oggi: nel 2006 vivevano sotto la soglia di povertà 7.537.000 cittadini italiani (il 12,9%, dato di poco inferiore al 13,2% del 2005), con punte di 25% al sud e un aumento di povertà in certe categorie sociali, come le persone con tre o più figli (dal 27,8 al 30,2%) e i maggiori di 65 anni (dall’11,7 al 12,6%), che al nord sono cresciuti del 40% in un anno. A livello europeo, per l’Italia arriva una triste conferma. Per il decimo anno il Belpaese è tra i più alti come percentuale di popolazione a rischio povertà: è al 20%, preceduta solo dalla Grecia (21%) e ben al di sopra della media dell’Europa dei 25, che si ferma al 16%.

Nella seconda parte del Rapporto, l’accento si sposta dal piano economico a quello sociale, attraverso l’utilizzo degli indicatori di Laeken in materia di inclusione, adottati anche dall’Unione europea per identificare criteri di misurazione della povertà basati non solo sui dati economici. In particolare, tre dei sette indicatori sono esposti nel Rapporto, quelli in materia di protezione sociale, povertà infantile e alloggio dignitoso. I risultati sono poi analizzati regione per regione, e anche in questo caso le disparità Nord-Sud risultano evidenti.


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