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In Italia +24% in tre anni, peggio che nel ’29

I dati della Cgia di Mestre e uno studio americano lanciano l'allarme anche contro il rischio emulazione

di Gabriella Meroni

Il tasso di suicidi segue la curva dell’andamento economico di un Paese. Dunque il bollettino di guerra che al caso del portinaio di Napoli, che si è tolto la vita dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento, affianca quello dell’imprenditore che si è ucciso in Sardegna, non sembra destinato a fermarsi. Agli allarmi della Cgia di Mestre, che parlano di 23 suicidi di imprenditori a causa della crisi dall’inizio dell’anno fino a metà aprile in Italia, fa da contraltare l’ultimo studio in materia, pubblicato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) Usa: il tasso di suicidio, in generale, “sale e scende in connessione con l’economia. E il record negativo negli Usa si e’ registrato, non a caso, con la Grande Depressione: +22,8% in quattro anni”. Ma l’Italia sarebbe già al 24%.

Lo spiega Maurizio Pompili, responsabile del Servizio di prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma. Insomma, il parallelismo fra la situazione odierna e quella della Grande Depressione non sarebbe solo una fantasia. “Il problema e’ che i fallimenti ci sono sempre stati, ma ultimamente le notizie delle morti hanno una cadenza allarmante. Emerge una particolare fragilità”. L’esperto mette in guardia sul rischio emulazione, in gergo “effetto Werther”. “Il suicidio non sia considerato una soluzione”, dice Pompili, sollecitando interventi mirati.

Lo studio americano, pubblicato sul Journal of Public Health, indaga l’impatto dei cicli economici sul tasso di suicidi dal 1928 al 2007 negli States, e ha messo in luce la piu’ forte associazione proprio nelle persone in eta’ lavorativa, ovvero dai 25 ai 64 anni. “Sapere che i suicidi aumentano in fase di recessione e crollano in periodi di espansione economica evidenzia la necessita’ di ulteriori misure di prevenzione di questo gesto proprio quando l’economia si indebolisce”, afferma Mercy James, direttore ad interim del Cdc’s Injury Center’s Division of Violence Prevention.

“Si tratta di un dato importante per i responsabili politici e per coloro che lavorano per prevenire il suicidio”, evidenzia James. Secondo lo studio Usa “il tasso di suicidio in generale – ricorda Pompili – e’ aumentato nelle fasi di recessione”, come la Grande Depressione (1929-1933), la fine del New Deal (1937-1938), la crisi petrolifera (1973-1975), e la Double-Dip Recession (1980-1982), ma crolla sia in occasione della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) che nel piu’ lungo periodo di espansione (1991-2001), in cui l’economia ha registrato una crescita rapida e una bassa disoccupazione. Negli Stati Uniti insomma, dati alla mano, il maggiore aumento del tasso di suicidi si è verificato con la Grande Depressione (1929-1933), salito dal 1928 al 1932 del 22,8%. Altro record, ma al contrario, si è registrato nel 2000.

E in Italia? I numeri non lasciano prevedere nulla di buono: tra il 2008 ed il 2010, segnala la Cgia di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficolta’ economiche, sono cresciuti del 20%. “Si tratta di dati credibili, che pero’ vanno esaminati con cautela, considerando che in Italia si contano circa 4 mila suicidi l’anno e che il legame economico non e’ sempre cosi’ univoco: possono esserci motivazioni – riflette Pompili – che non vengono a conoscenza delle forze dell’ordine. Preoccupano comunque le notizie in serie che arrivano dalla cronaca, relative a persone che si tolgono la vita: è importante cercare di mettere un freno all”effetto emulazione’, e sottolineare che questa decisione non deve essere considerata come una soluzione”.

Ecco perche’, secondo Pompili, “a fronte dei tanti tagli annunciati dal Governo, e’ fondamentale un intervento mirato e preventivo. Perche’ la ricerca ha dimostrato che anche piccoli investimenti possono influire positivamente, dal punto di vista della prevenzione”. Un’idea condivisa dagli esperti americani. “I problemi economici possono avere un impatto su come le persone guardano a se stesse e al loro futuro, ma anche sui rapporti con famiglia e amici. Insomma, le recessioni possono anche alterare intere comunita’”, spiega Luo Feijun, economista dei Cdc e autore principale dello studio. Secondo gli esperti Usa è bene studiare strategie preventive, come un sostegno sociale mirato e servizi di consulenza ad hoc per chi perde il lavoro o la casa, e aumentare l’accessibilita’ dei servizi di prevenzione

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