Welfare

In Italia 127 insediamenti formali in ben 74 Comuni per 15.000 persone di etnia rom

In occasione dell’8 aprile, Giornata internazionale per i diritti dei rom, Associazione 21 luglio e Amnesty International hanno presentato i dati relativi alle comunità rom in insediamenti formali e informali in Italia e nella città di Roma, estratti dal Rapporto “I margini del margine” curato da Associazione 21 luglio, e il ricorso presentato da Amnesty International al Comitato europeo dei diritti sociali

di Redazione

Dati e numeri
In Italia è possibile quantificare circa 25.000 persone di etnia rom che vivono in baraccopoli istituzionale e in baraccopoli informali. Una realtà che rappresenta un unicum nel panorama italiano è quella rappresentata dagli insediamenti formali. In Italia se ne contano 127, presenti in ben 74 Comuni. Al loro interno vivono circa 15.000 persone, dei quali più della metà sono rappresentati da minori, con una percentuale di cittadini con cittadinanza italiana vicina al 45%. Negli insediamenti informali – solo a Roma se ne contano quasi 300 – vivono invece cittadini rumeni e, in minima parte, bulgari. Si tratta di lavoratori stagionali, impegnati in un pendolarismo dalle città di origine al nostro Paese. Nella città di Roma, alla fine del 2018 risultavano essere 6.030 rom e sinti in emergenza abitativa, pari allo 0,20% della popolazione romana, secondo la seguente suddivisione: rom e sinti presenti in 16 insediamenti formali (compresivi dei “campi tollerati”): 4.080 persone; rom presenti nei circa 300 insediamenti informali: circa 1.300 persone; rom presenti in un’occupazione monoetnica: circa 650 persone.

Sgomberi forzati
Nel 2016 le azioni di sgombero forzato, registrate sul territorio del Comune di Roma, erano state 28. Nel 2017 si era registrato un incremento del 18%, con un numero di sgomberi registrati pari a 33. Gli sgomberi forzati registrati nel 2018 da Associazione 21 luglio sono stati 40 con un incremento, rispetto all’anno precedente, del 21%. Secondo le osservazioni condotte anche sul campo da Associazione 21 luglio, si stima che i rom coinvolti nei 40 sgomberi forzati organizzati nell’anno 2018 siano stati in totale 1.300 per un costo complessivo di circa 1.640.000 euro.

Scolarizzazione dei minori rom
Nel novembre 2018, in riferimento ai 10 insediamenti presso i quali il Comune di Roma organizza il servizio di accompagnamento scolastico, risultavano iscritti alla scuola dell’obbligo 940 alunni, con un calo dell’8% rispetto all’anno precedente. L’insediamento che conta il più alto numero di iscritti è quello di Castel Romano (252 alunni) mentre quello con il numero minore di iscritti risulta essere quello di Salviati 2 (14 alunni). È importante notare come i dati sopra esposti si riferiscono esclusivamente ai minori rom iscritti e non quelli realmente frequentanti con regolarità. Questi ultimi, se volessimo considerare i dati degli anni precedenti, non dovrebbero superare il 20% degli iscritti, un numero che, se ritenessimo ancora valido, ci porterebbe a concludere che sono meno di 200 i bambini rom che a Roma hanno una frequenza regolare.

Ricorso al Comitato europeo dei diritti sociali
Di fronte al perdurante scandalo della situazione abitativa dei rom in Italia, Amnesty International ha deciso di presentare per la prima volta un ricorso al Comitato europeo dei diritti sociali. Elaborato sulla base di anni di ricerche, soprattutto a Roma, Milano e Napoli, il ricorso presenta prove circostanziate di violazioni della Carta sociale europea, vincolante per l’Italia, tra cui i diffusi sgomberi forzati, il continuo uso di campi segregati con condizioni abitative al di sotto degli standard e il mancato accesso secondo criteri di uguaglianza all’edilizia sociale. Le condizioni abitative inadeguate in cui si trovano migliaia di rom in Italia comprendono l’assenza di infrastrutture e servizi di base come l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, riscaldamento ed energia elettrica. Prive di un titolo di possesso dell’alloggio, persino nei campi autorizzati, queste persone restano a rischio di sgomberi forzati, frequentemente eseguiti. Le autorità locali continuano a perpetuare la segregazione trasferendo i rom in altri campi, spesso considerati come l’unica soluzione abitativa per famiglie rom che non sono in grado di mantenersi autonomamente. Questa situazione è esacerbata dalla loro esclusione di fatto dall’accesso all’edilizia sociale in molte città.

Dichiarazione di Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio
Leggendo le azioni del “Piano rom” presentato dalla sindaca Virginia Raggi il 31 maggio 2017, vediamo rafforzata sempre più la convinzione che se lo stesso resterà immutato, non potrà sicuramente portare a quei risultati auspicati in linea con quanto fissato dalla Strategia Nazionale per l’Inclusione dei rom. Il tentativo, andato fallito, di superamento del Camping River, conclusosi con lo sgombero forzato il 26 luglio 2018, l’impegno mai realizzato di iniziare la chiusura dell’insediamento di Castel Romano, il tortuoso percorso di chiusura dei “campi” di La Barbuta e Monachina, mostrano le debolezze di un “Piano rom” che nasce sulla mancanza di fiducia tra le due parti, si fonda su un approccio “rieducativo” e discriminatorio, definisce in maniera arbitraria obiettivi irraggiungibili, che non sembrano in alcun modo tener conto del contesto particolarmente deprivato in cui vivono da anni famiglie rom. Preoccupa, tra le prime azioni del 2019, la realizzazione di “centri di raccolta rom”, sistema già ideato da Alemanno e smantellato da Mafia Capitale, che in barba al rispetto dei diritti umani, crea ghetti monoetnici che nulla hanno a che vedere con fenomeni di inclusione. Le conseguenze di questa politica che non offre risposte e non presenta discontinuità rispetto al passato è causa di malcontenti e tensioni che, laddove strumentalizzati, possa portare ad episodi simili a quelli registrati nei giorni scorsi a Torre Maura.

A fronte di questa debolezza, generano ulteriore preoccupazione l’impennata degli sgomberi forzati, la militarizzazione degli insediamenti voluta per combattere la piaga dei roghi, le drammatiche conseguenze del c.d. “Decreto Salvini” che getterà nell’irregolarità circa 1.000 rom presenti negli insediamenti romani da almeno 30 anni. Secondo Associazione 21 luglio occorre un forte segnale di inversione di tendenza per evitare l’incancrenirsi, nelle periferie romane, di sacche di esclusione, di marginalità e di povertà ancora più gravi di quelle conosciute negli ultimi anni.

Dichiarazione di Elisa De Pieri, ricercatrice dell’ufficio regionale per l’Europa di Amnesty International
Le condizioni abitative di migliaia di rom in Italia sono una scandalosa violazione dei diritti umani cui nessuna amministrazione locale o nazionale si è presa la responsabilità di porre termine. Da molti anni mancano proposte legislative e politiche inclusive, accompagnate da risorse adeguate, che pongano rimedio alle condizioni di grave deprivazione socio-abitativa di questa comunità. Abbiamo documentato per quasi un decennio continui sgomberi forzati, segregazione abitativa in alloggi inadeguati e discriminazioni nell’accesso dei rom agli alloggi popolari, a Roma, ma anche a Milano e Napoli. È assolutamente necessario un cambio di passo per consentire a queste famiglie di accedere in condizioni di eguaglianza a un alloggio adeguato e non discriminatorio. Per questo abbiamo presentato un reclamo al Comitato europeo dei diritti sociali, che ci auguriamo chiami a rispondere le autorità italiane delle continue violazioni che i rom subiscono sul territorio. Ma ci auguriamo soprattutto che la pressione di questa procedura contribuisca a innescare un processo di ripensamento delle condizioni abitative dei rom, perché questi possano finalmente trovare risposte rispettose dei diritti alle proprie necessità abitative.

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