Cultura

In guerra nessuno è buono

Letture Quando un uomo uccide un altro uomo nessuno ha ragione. Pontiggia lo spiega scegliendo una pagina di Pavese

di Giuseppe Pontiggia

Ogni guerra è guerra civile, quando c?è una guerra torti e ragioni stanno ingarbugliate insieme, non ci sono più né buoni né cattivi. Non c?è mai una guerra giusta. Provate a leggere la pagina de ?La casa in collina?. Giustamente Pavese ci dice: quando una guerra finisce nessuno sa perché i morti sono morti La guerra civile è un pezzo della mia vita. È vero, ero ancora un bambino, ma sono stato colpito profondamente nel percepire ed anche vedere che gente della stessa nazione, della stessa città e paese si uccidevano e facevano del male . Le pagine di Pavese, raccolte nel volume ?Prima che il gallo canti?, pubblicato da Einaudi, scritte nel 1946/47, io le ho lette, e scoperte, nel ?52: erano tra le prime che riflettevano sulla guerra civile con un occhio non fazioso. Mi ha colpito questa lucidità (non c?erano tutti i torti da una parte e tutte le ragioni da un?altra, ma torti e ragioni erano tutti insieme) etica e critica di Pavese. Ma c?è anche un?altra ragione per cui vi propongo questa pagina. È che, in fondo, ogni guerra è sempre civile. Se usciamo da quella prospettiva così angusta e così gravida di pericoli e di fraintendimenti radicali che è la prospettiva etnica, ogni guerra è civile, ogni guerra è la strage, l?uccisione di uomini, di donne e di bambini. Un gesto sempre sproporzionato ai fini che ci si propone. Un uomo uccide un altro uomo per uno scopo che non può giustificare quell?atto, perché la vita di un uomo è più importante di tutto quello che viene messo a confronto. In un?epoca che pretende di essere quella dell?informazione, noi, in realtà, sappiamo molto poco sulle guerre e ancora di meno sugli uomini che vi vengono uccisi. Pavese è pathos, non conoscenza. Lui non sa… Lo sanno solo i morti. È l?impotenza dell?uomo davanti alla domanda di conoscenza radicale. E questo è fondamentale in un?epoca che pretende di offrire spiegazioni e invece non riesce neanche a raccontare i fatti. Non riusciamo infatti a comprendere le motivazioni e di conseguenza a conoscere i fatti. Da sempre le informazioni in tempo di guerra erano in realtà propaganda, erano addirittura manipolate dai comandanti degli eserciti, ma oggi il fenomeno si è aggravato perché si riesce a tenere i testimoni lontani dal fronte. L?ultima guerra in diretta è stata quella in Vietnam: lì l?informazione ha avuto un effetto dirompente e da allora gli Stati Uniti hanno deciso di non fare più informazione ma propaganda. Vorrei dedicare questa pagina a chi governa popoli e nazioni, ma temo sia inutile. Politici e militari sanno sempre perché agiscono, cioè in base ai loro interessi. Nulla li può far riflettere: è solo la sconfitta che li induce ad aprire gli occhi . Per loro è il momento della sconfitta che coincide con quello della lucidità, purtroppo. Forse è più opportuno dedicare questo racconto a tutti i giovani perché la sua lettura li aiuti a sostituire l?informazione militare con la formazione morale. Pontiggia Con lui gli umili si fanno re Nato a Como (1934) ma milanese d?adozione, Giuseppe Pontiggia è tra i più importanti e popolari scrittori italiani. Ha esordito in narrativa con La morte in banca (1959), dove raccontava la sua prima vita, quella dietro lo sportello. Vite di uomini non illustri (1993) è l?altro grande successo. Isola volante, il romanzo più recente. Tutti editi da Mondadori. A noi piace ricordare anche la sua testimonianza nel libro collettivo Mi riguarda (ed. e/o 1994) dove racconta la sua esperienza diretta con l?handicap. Pavese In lui pathos e lucidità È senza dubbio uno degli scrittori che hanno segnato, con la loro opera letteraria e la loro vita, intere generazioni dal dopoguerra a oggi. Intellettuale raffinato, di sinistra, ma pieno di amarezze e di disperazione, Cesare Pavese è lo scrittore dell?attesa. Nasce a Santo Stefano Belbo, nelle Langhe (1908 e muore suicida a Torino nel 1950. Il mestiere di vivere, La luna e i falò, La casa in collina (da cui è tratto il racconto scelto da Pontiggia), sono le sue opere più famose. Tutte pubblicate da Einaudi. Cesare Pavese: Nessuno è fuori dalla guerra ?Niente è accaduto. Sono a casa da sei mesi, e la guerra continua. (…) Del resto gli eroi di queste valli sono tutti ragazzi, hanno lo sguardo diritto e cocciuto dei ragazzi. E se non fosse che la guerra ce la siamo covata nel cuore noialtri – noi non più giovani, noi che abbiamo detto «Venga dunque se deve venire» -anche questa guerra, sembrerebbe una cosa pulita. Del resto, chi sa. Questa guerra ci brucia le case. Ci semina di morti fucilati piazze e strade. Ci caccia come lepri di rifugio in rifugio. Finirà per costringerci a combattere anche noi, per strapparci un consenso attivo. E verrà il giorno che nessuno sarà fuori dalla guerra – né i vigliacchi, né i tristi, né i soli. (…) Io non credo che possa finire. Ora che ho visto cos?è guerra, cos?è guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: – E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? – Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero?.


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