Non profit

In festa per l’Africa, con i numeri giusti

Sabato 28 si tiene a Roma la seconda edizione di Italia Africa. Un evento coraggioso e importante..

di Padre Giulio Albanese

Sabato 28 si tiene a Roma la seconda edizione di Italia Africa. Un evento coraggioso e importante, che testimonia come l?impegno sistematico dei tanti che non sono disposti a limitarsi alle solite parole. Per l?occasione Vita ha chiesto un editoriale a uno dei maggiori conoscitori dell?Africa, Giulio Albanese. L’economia africana è in ripresa. Questa sorprendente notizia è contenuta in un rapporto dell?Ocse secondo cui il continente starebbe attraversando una fase di forte sviluppo economico. Un fenomeno determinato in larga misura da tre fattori: attraverso l?alta domanda di materie prime a prezzi elevati, un soddisfacente management macroeconomico interno rispetto al passato e grazie soprattutto all?alleggerimento dei conflitti in molti Paesi del continente. Sempre secondo l?Ocse, il Pil africano segnerebbe un +5% rappresentando un?autentica sorpresa per gli stessi economisti di mezzo mondo. Ma il ragionamento dell?Ocse contrasta almeno in parte con la ragioneria della Banca mondiale, secondo cui il Pil dell?Africa subsahariana nel 2003 è stato di 350,5 miliardi di dollari, vale a dire la metà del Pil spagnolo. Insomma quando si parla di una crescita percentuale del 5% del Pil occorre considerare che i ricavi sono tuttora minimali. Ma non è tutto qui. Infatti, dei circa 350 miliardi di dollari del Pil africano, ben 126 sono prodotti dell?economia trainante del gigante sudafricano. Un gigante peraltro malato, se si considera che nel 1999 aveva un Pil di 134 milioni di dollari, dunque più elevato di quello del 2003. Per carità, sarà pur vero che un Paese come l?Angola riesce di questi tempi ad attirare investitori con il boom del business petrolifero, ma la vera sfida consiste nel riconciliare la politica degli investimenti stranieri in Africa con gli interessi della gente comune, soprattutto quando le politiche di privatizzazione determinano una svendita delle risorse naturali, come avviene tuttora per minerali come il rutilio, ampiamente utilizzato nelle telecomunicazioni e nelle tecnologie spaziali. Il rischio è noto a tutti coloro che operano nell?ambito della solidarietà, quello della svendita a compagnie straniere delle immense ricchezze dell?Africa. Sta di fatto che anche lo stesso Ocse ha ammesso che almeno il 70% degli africani sono schiacciati dalla povertà. Come ben evidenziato nell?ultimo rapporto 2004 dell?Unctad, l?agenzia Onu per lo studio dello sviluppo e del commercio, sono molti di più i soldi che l?Africa restituisce regolarmente al Nord del mondo che quelli elargiti dai Paesi ricchi. E questo perché i governi africani sono strangolati dagli interessi imposti dall?alta finanza. Ecco perché la questione della remissione del debito è cruciale per il futuro dell?Africa, come anche l?abolizione del protezionismo dei Paesi ricchi nel settore agricolo. Queste riforme agevolerebbero l?attività commerciale africana in un sistema internazionale più equo. A proposito poi delle guerre africane va ricordato che la diminuzione dei conflitti non comporta necessariamente una repentina opera di ricostruzione. Nel 2004, secondo l?agenzia Undp, la Sierra Leone è risultata essere il fanalino di coda tra i Paesi più poveri del mondo, nonostante l?accordo di pace tra governativi e ribelli.


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