Volontariato
In due contro il tumore, il medico e il paziente
Umberto Veronesi: datemi ancora dieci anni.
di Romano Asuni
Il nostro lungo viaggio attraverso la realtà del tumore, dal momento choccante della scoperta alla realtà della cura affrontata con consapevolezza, alle vittorie e alle sconfitte, all?opera preziosa del volontariato nelle strutture e presso le famiglie degli ammalati, si conclude nell?unico modo possibile. Dando la parola all?uomo che della lotta ai tumori ha fatto da 50 anni una bandiera di vita e di professione, il professor Umberto Veronesi. Direttore scientifico e fondatore dell?Istituto europeo di oncologia, tra i fondatori dell?Airc, l?associazione per la ricerca contro il cancro. A lui Vita ha chiesto di tirare un po? le somme dell?itinerario percorso in queste settimane e di indicare anche un ?cammino di speranza? per coloro che si riaffacciano alla vita.
Vita: Professore, in quanti veramente oggi in Italia sconfiggono il tumore ? E cosa vuol dire sconfiggerlo, in termini clinici?
Umberto Veronesi: In occasione della Giornata nazionale per la ricerca sul cancro, promossa dall?Airc, si è detto che il 70-80% del cammino per sconfiggere il tumore è già stato compiuto e che più del 50% dei malati oncologici guarisce. Questo è vero in generale, ma per capire qual è la situazione reale, dobbiamo approfondire il significato delle percentuali. Innanzitutto si tratta di una media statistica, perché la sopravvivenza varia da tumore a tumore: ci sono forme come i tumori della tiroide, i melanomi cutanei, i linfomi di Hodgkin, la mammella, l?utero e il testicolo per i quali si calcola una sopravvivenza di oltre il 75% dei casi, altri, come rene, ossa e vescica che oscillano intorno al 50%, altri ancora come stomaco e intestino tenue che arrivano a un 25% e tanti altri che sono al di sotto di questa soglia come polmone, pleura, encefalo. Ci rendiamo conto così che il tumore non è una malattia, ma tante malattie diverse a seconda della sede e della persona che colpisce. Le possibilità di guarigione variano in base a queste diversità oltre che alla precocità della diagnosi. In termini clinici la guarigione viene definita come un periodo di almeno 5 anni nel quale non risulta alcuna malattia ai controlli diagnostici disponibili. La sconfitta definitiva del cancro, però, è un concetto più ampio e complesso e per quella dobbiamo aspettare di conoscere tutti i meccanismi che fanno nascere e sviluppare una neoplasia: non possiamo controllare una patologia che non conosciamo a fondo. Per questo ci vorranno ancora fra i cinque e i dieci anni e molto dipenderà da quante risorse verranno impegnate nella ricerca.
Vita: Facciamo il caso di un paziente clinicamente guarito. Cosa gli dice un oncologo, come glielo annuncia, che gesto fa?
Veronesi: Un qualsiasi gesto che sottolinei che si è stretto un patto fra noi e parole semplici che esprimano il concetto: “Oggi ce l?abbiamo fatta, adesso possiamo guardare al domani”. Sì, perché questa battaglia si vince in due : il 50% deve metterlo il malato con la sua determinazione ad aderire alla cura e a continuare a vivere.
Vita: Come si riesce a recuperare una vita, ?normale?, magari dopo anni di incubo?
Veronesi: Non esiste un cliché. Dipende dall?individuo trasformare questo momento in un un crollo o una rinascita.
Vita: È vero che molti ex ammalati diventano volontari?
Veronesi: Certo. E non solo per assistere chi è ammalato, ma anche per raccogliere fondi per la ricerca o per fare pressioni per scelte politiche più favorevoli ai malati, o ancora per fare informazione. I volontari sono l?anima del libero associazionismo, che ha avuto, e ha, un ruolo importante nell?evoluzione dell?oncologia moderna.
Vita: Può o vuole dare un consiglio?
Veronesi: Troppe parole non servono a niente. Facciamo quello che sappiamo fare, noi e voi: ricerca, informazione, prevenzione. Se la gente sa di più, se noi abbiamo più mezzi per la ricerca, le tante strade del tumore si chiudono, pian piano, una alla volta.
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