Ambiente

In difesa di spiagge e oceani la mobilitazione dal basso

Non solo un luogo di svago e turismo: il mare è l'ecosistema da cui dipende il nostro futuro sul pianeta. Lo sanno bene le associazioni ambientaliste, come Marevivo, Wwf Italia, Legambiente, Greenpeace Italia, che si impegnano da decenni per contrastare l'inquinamento e la pesca eccessiva e chiedono l'istituzione di aree marine protette. La Strategia europea per la biodiversità ha fissato l'obiettivo della protezione del 30% dei mari entro il 2030

di Elisa Cozzarini

Torre Guaceto, ©Claudia Amico WWF

Il mare è il nostro polmone blu: produce la metà dell’ossigeno che respiriamo e assorbe circa un terzo dell’anidride carbonica in atmosfera. Svolge un ruolo fondamentale per la regolazione del clima ed è alla base di molte attività economiche, dalla pesca al turismo. L’Onu stima tra i 3 e i 6mila miliardi di dollari la ricchezza derivante in vario modo dagli oceani nel mondo. Eppure di questo immenso spazio, da cui dipende il futuro del pianeta, sappiamo ancora poco e non facciamo abbastanza per proteggerlo: per questo nel 2021 l’Unesco ha lanciato il Decennio delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile .

Marevivo da quarant’annni in campo

Ma risale a molto tempo prima l’attivismo delle associazioni ambientaliste per la tutela del mare. Raffaella Giugni, responsabile Relazioni istituzionali di Marevivo, dice: «Siamo nati quasi quarant’anni fa, dall’intuizione della presidente, Rosalba Giugni, che fosse necessario agire in difesa del mare e delle sue risorse. In quel momento non esisteva ancora la consapevolezza del ruolo essenziale dell’oceano per la sopravvivenza stessa dell’uomo sulla terra. Da allora, purtroppo, la situazione è peggiorata in maniera preoccupante e il nostro impegno è cresciuto su più fronti, dalle campagne di sensibilizzazione alla richiesta di adottare leggi adeguate».

Volontari di Marevivo durante la pulizia delle spiagge

Le prime attività erano di pulizia delle spiagge: «Era l’unico modo, in quel momento, per far capire alle persone in che stato si trovava il mare», ricorda Giugni, «oggi sono tantissimi i gruppi che raccolgono rifiuti, ma all’inizio ci guardavano come marziani». Attraverso la campagna “Adotta una spiaggia”, i volontari di Marevivo si assumono in modo continuativo la responsabilità non solo della pulizia, ma anche della valorizzazione di decine di spiagge in tutta Italia, dalla Sicilia al Veneto.

La sensibilizzazione di chi frequenta le coste passa dalla comunicazione: posizionando cartelli informativi, Marevivo vuole veicolare il messaggio che le spiagge sono ecosistemi complessi, luoghi da frequentare con attenzione e in modo rispettoso.

La riserva naturale di Torre Guaceto

A nord di Brindisi, l’oasi Wwf di Torre Guaceto è una Riserva naturale marina regionale di 1.800 ettari, inserita nella rete di protezione europea Natura 2000. Comprende una zona umida di acqua dolce, la macchia mediterranea, dune alte fino a dieci metri e un centro per il recupero delle tartarughe marine. «Per noi Torre Guaceto rappresenta un ottimo esempio di gestione condivisa delle aree costiere», afferma Giulia Prato, responsabile Mare del Wwf Italia, che specifica: «Le misure di gestione vengono decise con il coinvolgimento dei diversi attori: i pescatori, le autorità locali, gli enti di ricerca. E i risultati si vedono nel giro di pochi anni: aumenta la protezione e crescono anche le catture, perché gli stock ittici hanno il tempo di rigenerarsi, tanto che i pescatori delle località vicine alla riserva oggi ne chiedono l’allargamento dei confini. È questo il risultato più importante».

Le aree marine protette comprendono zone a protezione integrale e zone di riserva generale o parziale, in cui alcune attività economiche sono consentite: a Torre Guaceto è bastato limitare la pesca a un solo giorno alla settimana, con reti selettive, per ottenere benefici per l’ecosistema e per l’economia.

Riserva di Torre Guaceto, © Claudia Amico – Wwf

«I pescatori non vogliono essere visti come predatori, ma come custodi del mare e partecipano volentieri alle attività di pulizia», prosegue Prato. «Con l’approvazione della legge Salvamare un anno fa, finalmente è possibile sbarcare i rifiuti “pescati” senza dover pagare i costi dello smaltimento. Ma ci troviamo di fronte a un’impasse: la nuova norma prevede la presenza di isole ecologiche per il conferimento dei rifiuti dal mare, ma mancano i decreti attuativi che individuano queste aree. Assieme alle altre associazioni ambientaliste, stiamo facendo pressione perché il governo proceda quanto prima».

La Goletta verde

«L’impegno di Legambiente per il mare ha origini lontane: è del 1986 la prima edizione di Goletta Verde, la campagna storica per il monitoraggio degli scarichi fognari e dell’inquinamento in mare. Allora non esisteva la normativa sulla balneazione e non si facevano controlli. I primi a farli siamo stati noi. Oggi continuiamo a lavorare sul tema della depurazione: l’Italia ha ancora aperte procedure di infrazione europea», ricorda Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

«Fin dall’inizio, poi, abbiamo creduto fortemente nell’importanza delle aree marine protette. E anche questo è un tema sempre attuale: la Strategia europea per la biodiversità fissa l’obiettivo di proteggere il 30% dei mari entro il 2030. Noi chiediamo l’istituzione di riserve a Maratea, in Basilicata, nell’Arcipelago toscano, che è un parco ma non ha protezione in mare, nel Conero…». 

Dieci anni fa, Legambiente ha sviluppato con Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) un protocollo per il monitoraggio dei rifiuti galleggianti in mare, principalmente plastiche, poi allargato anche alle spiagge. Nel 2017 l’associazione ha partecipato all’incontro preparatorio della Conferenza dell’Onu sugli Oceani a New York, portando proprio quest’esperienza. Sapere quali materiali si trovano in mare e sulle spiagge consente di chiedere e ottenere leggi e misure per la prevenzione del problema: dal 2019 sono vietati la produzione e il commercio dei cotton fioc in materiali non biodegradabili e compostabili, con l’indicazione sulla confezione di non gettarli nel wc, mentre dal 2020 non sono più in commercio cosmetici contenenti microplastiche

Ai problemi dell’inquinamento, si aggiungono oggi gli impatti del cambiamento climatico. Temperature più alte riducono la funzione regolatrice del mare sul clima e favoriscono la presenza di specie aliene, particolarmente accentuata nel Mediterraneo. «Sono processi che dobbiamo conoscere e studiare, per capire come agire, ma non si possono arrestare. Si possono adottare misure per contenere la diffusione delle specie aliene, tutelando quelle endemiche e proteggendo i loro habitat: ecco ancora l’importanza delle aree marine protette», conclude Zampetti.

Flash mob sulla spiaggia

Greenpeace volge la sua attenzione verso gli abissi più profondi e sconosciuti. I volontari dell’associazione ambientalista si sono dati appuntamento per un flash mob il 10 luglio sulla spiaggia di Vecchiano, in Toscana (nella gallery), per chiedere una moratoria sulle attività estrattive nelle profondità marine del pianeta. Spiega Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia: «Potrebbero partire nell’immediato futuro le estrazioni di minerali e terre rare nei fondali oceanici: oggi è possibile mandare mezzi megacingolati a 4, 5mila metri di profondità, per raccogliere noduli polimetallici, sfere di 5-15 centimetri che possono contenere manganese, nichel, rame, litio, molibdeno, terre rare, etc. Ma i rischi allarmano la comunità scientifica internazionale».

Gli ambientalisti sottolineano che le attività estrattive andrebbero a intaccare ambienti molto speciali, forse gli unici davvero ancora ignoti all’uomo, che giocano un ruolo chiave nel sequestro del carbonio, con conseguenze imprevedibili a lungo termine. Le materie prime impiegate nell’elettronica, nelle comunicazioni e nella generazione di energia, per l’associazione, devono derivare piuttosto dall’economia circolare..

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L’oceano che vive

L’International Seabed Authority – Isa, l’autorità internazionale che governa i fondali oceanici, ha finora concesso 19 permessi di esplorazione in tutto il mondo, di cui 17 nella zona di Clarion-Clipperton nel Pacifico, tra le Hawaii e il Messico. Proprio in quell’area, uno studio recente ha scoperto cinquemila nuove specie (la notizia in inglese). 

«In attesa della decisione dell’Isa, ci sono due notizie positive per i mari», conclude Ungherese. «La prima è che l’Onu ha adottato in marzo il Trattato per la protezione degli oceani, oltre le acque territoriali. È necessario che i Paesi, tra cui l’Italia, lo ratifichino al più presto. La seconda buona notizia è che sono iniziati i negoziati per un Trattato globale contro l’inquinamento da plastica, un problema che ormai ha raggiunto anche i luoghi più remoti e ancora inesplorati».


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