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In classe per fede o solo per obbligo?

Ora di religione, una questione sempre aperta

di Luigi Mariani

Sono un insegnante di religione e, come tanti miei colleghi, mi sento particolarmente emarginato in questo periodo. È noto, infatti, che secondo una sentenza della corte di Cassazione, chi non si avvale dell?ora di religione ha diritto all?uscita dalla classe. Ma al di là di questo motivo, mi chiedo dove vada a finire la preoccupazione principale della scuola, che è quella di fornire agli studenti tutti gli strumenti per formare un discreto bagaglio culturale. E fra questi c?è anche la conoscenza delle religioni e di quella cattolica in particolare che tanto ha influenzato l?arte e la cultura italiana. Vorrei un suo parere in merito.
Saverio F., Napoli

Risponde Luigi Mariani
La questione dell?ora di religione ha una lunga storia ed è destinata, come si vede, a durare nel tempo.
Ogni tanto c?è qualche sussulto nell?apparente calma, segno che il fuoco cova sempre sotto la cenere. Il parere che mi viene richiesto esprime un punto di vista, ma anche uno sforzo di obiettività. Nel merito, non si può che concordare con le sue affermazioni: l?ignoranza in materia di religioni è un limite culturale e il cattolicesimo è un asse portante del panorama culturale italiano (e mondiale, aggiungerei). Bisogna dire dunque che una scuola che prevede un insegnamento di questo tipo è apprezzabile, perché offre una formazione culturale più completa.
Ma l?ora di religione non è questo. Al di là delle intenzioni, l?ora di religione prevede l?insegnamento della religione cattolica. E questo, nella migliore delle ipotesi (cioè quando non è dottrina), è solo un aspetto della cultura in materia di religioni. Si può arrivare a comprendere le ragioni, prevalentemente storiche, per cui nel nostro ordinamento scolastico sia inserito un tale insegnamento così concepito. Ma questo non autorizza a dedurre che l?insegnamento della religione cattolica possa essere obbligatorio.
A me pare, in conclusione, che i casi siano due: o si trasforma questo insegnamento e lo si dedica a tutte le religioni, con insegnanti indicati e nominati solo dallo Stato; o si lascia che la partecipazione sia volontaria e non forzata in alcun modo. Nel primo caso, si aggiunge una materia ai curricula, con tutte le riserve ad appesantirli. Nel secondo caso, ci si deve rendere conto che già così si tratta di un privilegio. So bene che il discorso è riduttivo. L?argomento richiama molte discussioni e puntualizzazioni. Ma credo che l?impostazione si debba ridurre all?essenziale, se lo si vuole affrontare con libertà.
Voglio aggiungere a mia volta una domanda. Perché un cattolico dovrebbe desiderare che tutti siano costretti ad apprendere i principi della sua religione?
Continuo a pensare che alla base della fede ci sia la convinzione, e non la costrizione. ?

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