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In Centro Italia Caritas pianifica una ricostruzione a tutto campo
Sono circa 16 milioni i fondi raccolti da Caritas e destinati ad essere investiti sui territori colpiti dal sisma. «Verranno usati per una ricostruzione che sarà edile, sociale e imprenditoriale. Lavoriamo con le diocesi locali, le istituzioni e il territorio per un intervento che muti con il mutare dei bisogni» spiega Don Andrea La Regina, responsabile nazionale macro-progetti di Caritas intervistato da Vita.it
Sono passati i primi 20 giorni dal terremoto del 30 ottobre. Quasi tre mesi invece dalla prima scossa di agosto. La situazione, con l’attivo dell’inverno e le continue scosse telluriche, rimane di grande emergenza.
A muoversi per aiutare a ricominciare quelle popolazioni ci sono anche la Cei e la Caritas Italiana. Dai vescovi è stato messo a disposizione un milione di euro «che abbiamo già messo sul territorio, in mano alle diocesi terremotate, il resto del denaro raccolto con la colletta nelle parrocchie, verrà stanziato man mano che i progetti prenderanno forma», spiega a Vita.it Don Andrea La Regina, responsabile nazionale macro-progetti di Caritas.
Caritas ha lanciato una raccolta fondi che è ancora attiva presso tutte le diocesi. A che punto siete?
Abbiamo raccolto circa 16 milioni di euro ma stiamo ancora attendendo una parte della colletta fatta con le parrocchie. Questa cifra potrebbe crescere ancora, anche in ragione delle donazioni che arriveranno dall’estero. Alcune Caritas straniere prima di mandare i fondi vogliono sapere i progetti. Da parte di queste realtà abbiamo comunque la disponibilità di massima sul finanziamento di centri di comunità e gli aiuti alle famiglie.
Come funziona il sistema di stanziamento dei fondi?
Abbiamo due canali, entrambi sostenuti con i soldi raccolti: uno è quello dei progetti direttamente sostenuti dalla Caritas, che sarà il principale, l’altro, in quota minore, è la strada dei gemellaggi tra Caritas territoriali. Noi non siamo una ong che fa cose indipendentemente da quello che succede sul territorio, il nostro impegno è sempre in funzione delle diocesi colpite.
Su cosa siete già impegnati?
Stiamo attendendo i permessi da parte delle istituzioni per costruire i primi centri di comunità. Abbiamo identificato alcune zone. Certamente saremo con questi progetti su Norcia, Cascia, Amatrice, Arquata e Pescara del Tronto. Nel contempo continua da parte delle diocesi l’analisi dei bisogni che poi ci verranno segnalati.
Che tipo di lavoro state invece già svolgendo?
Il supporto alla popolazione sfollata nelle zone costiere ci vede protagonisti. Le Caritas di Civitanova e di Pescara del Tronto fanno ad esempio animazione per i bambini che vivono negli alberghi al mare. Nella zona di Arquata invece è stato attivato un doposcuola. Il nostro impegno insomma sarò sia di ricostruzione edilizia che di ricostruzione sociale, e andrà sempre di pari passo con l’evoluzione della situazione sul territorio e quindi del mutamento dei bisogni.
Aiuterete anche il tessuto economico locale?
Stiamo per questo procedendo con Il monitoraggio delle attività economiche, insieme alle autorità civile. In particolare guardiamo con attenzione agli allevatori che sappiamo essere in grave difficoltà, per capire se ci sono situazioni di emergenza su cui intervenire.
Avete già speso parte del denaro sul territorio?
Il milione donato dalla Cei è stato già messo a disposizione delle diocesi per la prima emergenza. Soldi che vengono usati per necessità anche micro ma importanti. Penso all’acquisto di una sedia a rotelle per chi l’ha dovesse aver perduta nel sisma, i vestiti per le famiglie che ne hanno bisogno, il foraggio per gli animali per chi non riesca a reperirlo, derrate per le piccole attività commerciali che altrimenti rimarrebbero chiuse. Si provvede insomma a tutte quelle esigenze, anche piccole, delle famiglie e delle attività economiche, utili per cercare di far ripartire la vita quotidiana.
Quindi questi sono denari a fondo perduto. Riuscite a tenerne traccia?
Ogni spesa verrà rendicontata dalle diocesi che poi ci fornirà un report. Senza questo report e in mancanza di trasparenza totale si perderebbe l’accesso agli aiuti successivi.
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