Non profit

In Caritas faremo squadra

di Gabriella Meroni

Se la realtà è testarda, come si dice, quello con don Francesco Soddu deve esserle sembrato un match tra pari. Il nuovo direttore della Caritas Italiana, 52 anni, sassarese di Chiaramonti, nella sua vita ha detto tanti sì e almeno tre no. Tre “no” a lasciare l’amata Sardegna per Roma. Il primo a 19 anni, concluso il liceo, al vescovo; il secondo, due anni dopo (era in seminario); il terzo, da diacono, a un monsignore che gli offriva una sostanziosa borsa di studio. Ma Roma l’ha aspettato, testarda. «Quando mi hanno chiamato per dirmi che ero stato scelto come nuovo direttore della Caritas l’ho pensato: adesso non puoi dire un altro no», confessa don Francesco.
Nel comunicato diffuso dopo la sua nomina ha scritto di sentirsi «come Abramo, sradicato dalla mia amata terra-diocesi»…
Ho anche scritto che inizio questa nuova avventura con spirito di abbandono e fiducia! Come quando il mio vescovo mi mandò, giovane prete, a fare il vicedirettore nel seminario da cui ero uscito. «Affidati al Signore e sii te stesso», mi disse. Parole che mi sono tornate alla mente anche in questi giorni.
Perché hanno scelto proprio lei, se lo è chiesto?
Non lo so. Sicuramente qui a Sassari la Caritas è una bella realtà che è cresciuta molto negli ultimi anni. Siamo diventati fermento nella città, e i frutti si sono visti.
Su che cosa punta come direttore?
Sicuramente sulla formazione dell’équipe. È un mio pallino, ovunque sono stato la qualità dei collaboratori per me è sempre stata fondamentale. Per questo so anche farmi da parte, perché credo che chi dirige una comunità ecclesiale non deve avere la sintesi dei carismi, ma il carisma della sintesi. Ascoltare, osservare, discernere per animare. Questo è un po’ il mio motto.
In quali attività è impegnata la Caritas a Sassari?
Qui a Sassari è attivo un fondo antiusura e molte delle attività sono ovviamente rivolte al sostegno ai poveri. Quanto ai prestiti, no, non ne facciamo: per l’indole della gente di qui un prestito è sentito più come un impegno gravoso che come un aiuto. Sul fronte immigrazione abbiamo uno sportello di consulenza per il disbrigo delle pratiche burocratiche e una scuola di italiano per stranieri.
Cittadinanza italiana ai figli di immigrati che nascono qui: sì o no?
Sono assolutamente favorevole. È una questione di giustizia.
Come si sta preparando alla parte pubblica del suo nuovo ruolo?
Sono fiducioso che Dio, che mi ha affidato questo incarico, saprà indicarmi la via. Mi sento molto amato dal Signore in questo momento. Poi io sono una persona socievole, ho sempre avuto un buon rapporto con tutti e la parte pubblica dell’incarico non mi spaventa. Raccoglierò l’esperienza dei miei predecessori, che è preziosissima, e andrò avanti nel cammino della Chiesa in comunione con i vescovi. Se faccio così non posso sbagliare, no?

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