Economia

In campo per l’integrazione

Lo sport come occasione di coesione sociale, questa l'idea di base del progetto che prevede la costruzione di 16 campi da calcio entro il 2009 negli oratori di zone a rischio della città

di Lorenzo Alvaro

«Un campo nel cortile» è sbarcato su internet con una nuova piattaforma per la prenotazione dei campi sportivi delle parrocchie.
Un passo indietro. Tutto ha inizio nel 2004, quando un parroco della parrocchia Maria Madre della Chiesa, di Gratosoglio, periferia sud di Milano, sostenuto dalla Fondazione Magnoni e la Cooperativa San Martino, fa costruire un campo da calcio per l’oratorio. Niente a che vedere coi campi polverosi o in cemento che tutti siamo abituati a vedere vicino alle chiese e negli oratori. Un signor campo, d’erba sintetica, con le linee ben fatte, le porte con le reti e senza buchi, recintato e provvisto di spogliatoi e illuminazione. Facile prevedere l’esito, centinaia di ragazzi ogni giorno cominciarono a frequentare l’oratorio, a conoscersi per via del calcio e a legare amicizie. Se poi si aggiunge l’affitto serale a pagamento che rende il sistema autosufficiente e indipendente economicamente, la cosa si fa veramente interessante. Ma se funziona a Gratosoglio, e bene, perché non replicare l’idea in altre zone e in altri oratori? Questa la domanda a cui hanno risposto Fondazione Magnoni, Fondazione De Agostini e Fondazione Cariplo partendo col progetto «Un campo nel cortile». Le fondazioni hanno trovato un entusiasta partner nell’Arcidiocesi di Milano, in particolare nel Fom (Fondazione Diocesana degli Oratori Milanesi) che ha messo a disposizione le proprie strutture e i propri spazi e si è posta come garante con Banca Prossima che ha erogato i prestiti grazie al Protocollo d’Intesa attraverso il quale l’Arcidiocesi di Milano ha stabilito che le parrocchie possano conferire alla fondazione il diritto di superficie gratuito sull’area destinata alla realizzazione dei campi. Grazie proprio a questa garanzia, costituita dal diritto di superficie, è stato possibile accedere a finanziamenti bancari a tasso agevolato di tipo «no recourse». Il mutuo ha una durata di 10 anni, che corrisponde al periodo di usura dei campi
Da quel 2004 ad oggi sono stati ultimati 9 campi di cui 8 funzionanti oggi. Entro la fine del 2009 si vogliono rendere operativi 16 campi.
Grande attenzione è stata dedicata alla gestione commerciale dei campi, che rappresenta un elemento imprescindibile del modello in quanto gli impianti non sono costruiti a fondo perduto, ma affidati in gestione a fronte di un canone di locazione. L’utilizzo gratuito diurno della struttura abbinato all’affitto a pagamento danno vita a guadagni che permettono di pagare il canone. L’eventuale surplus viene utilizzato per finanziare le attività dell’oratorio. Lo schema gestionale ottimizza così i costi, consentendo la sostenibilità del modello su ampia scala e proponendo l’obiettivo di trasferire importanti competenze imprenditoriali all’associazionismo locale, tradizionalmente lontano da logiche di efficienza manageriale.
Infine, come ciliegina sulla torta, si è deciso così di dar vita ad un portale che renda l’utilizzo dei campi facile, veloce e chiaro. Sul sito infatti si possono trovare tutti i campi del progetto e, con un sistema simile a quello della prenotazione dei voli aerei, è possibile prenotare il campo desiderato specificando giorno e ora, tutto online. È possibile vedere le schede tecniche dei campi da gioco, che sono disponibili a 5 e a 7, molta la chiarezza per quanto riguarda i prezzi. Basta un click e poi via a giocare.
L’esborso complessivo è stato di 2 milioni di euro, ma la forza del progetto è, come detto, la capacità di autofinanziarsi. Si ritiene infatti che con un guadagno di 15 mila euro l’anno per campo il payback sarà di soli 2/3 anni.
Giorgio Magnoni (Fondazione Magnoni) e Roberto Drago (Fondazione De Agosti) si dicono soddisfatti dei risultati sottolineando che con l’attivazione del servizio interattivo si è approdati al completamento e all’attivazione del progetto. Magnoni sottolinea poi che «lo sport ha una proprietà aggregativa unica grazie alla quale si può riuscire a superare problematiche sociali giovanili prima considerate insormontabili Senza contare la riuscita, attraverso il calcio e altri sport, di una politica di integrazione tra giovani stranieri di varie nazionalità e italiani che ha del miracoloso».
A testimonianza della validità dell’idea interviene anche Clarence Seedorf, che con la sua fondazione «Champions for children», esempio di vera e propria impresa non profit, in Olanda ha dato vita ad un progetto simile. Il giocatore del Milan ci tiene a sottolineare che «il punto forte di queste iniziative, è l’organizzazione pianificata a lungo termine indispensabile per raggiungere obbiettivi e raccogliere risultati».
Come sottolinea Marco Morganti di Banca Prossima, istituto che si occupa unicamente di terzo settore, «la bellezza dell’iniziativa sta nella convergenza di diverse realtà che cooperano per un bene comune e per la pubblica utilità».
Uno dei campi che ha generato l’impatto maggiore è a Baranzate, nella parrocchia di Sant’Arialdo. Grazie a Don Paolo Stefano, che ha condiviso gli obiettivi e le modalità del progetto avendo da gestire e crescere una comunità con un estremo bisogno di occasioni di integrazione e inclusione sociale. Don Paolo racconta infatti che «Baranzate, ed in particolare il quartiere in cui la parrocchia è situata, è tra i luoghi più degradati della periferia milanese. È una zona dormitorio, con una percentuale bassissima di italiani e un altissimo tasso di delinquenza, clandestinità e densità di popolazione. Chi raggiunge un minimo benessere, si sposta per lo meno dall’altro lato di Baranzate se non in un’altra periferia più tranquilla e sicura. È un luogo di passaggio, dove arriva e rimane solo chi sta peggio. Qualsiasi intervento deve necessariamente considerare i cambiamenti continui della popolazione e la varietà etnica (non c’è un’etnia prevalente) degli abitanti che, da un lato, annulla qualsiasi prospettiva di lungo termine e rende difficile individuare una “linguaggio comune”, in termini sia comunicativi che valoriali e consuetudinari. L’attaccamento al quartiere è un tema essenziale per poter pensare ad un riscatto di questa realtà. La speranza è che le barriere culturali possano essere scalfite dal linguaggio universale di un pallone da calcio e che l’aggregazione sociale e la formazione di legami interpersonali possa invogliare a “rimanere in campo”»
Ora non resta che mettere la palla al centro.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA