Politica

In campo per il referendum sulla cittadinanza

È stato depositato il 4 settembre in Cassazione il quesito referendario sulla cittadinanza, che mira a portare a 5 anni di residenza ininterrotta (oggi sono 10) il requisito per diventare cittadini italiani. Nel comitato promotore anche Arci, ActionAid e Cittadinanzattiva, al fianco delle organizzazioni dei giovani di origine straniera per raggiungere l’obiettivo delle 500mila firme

di Redazione

Le organizzazioni rappresentative delle nuove generazioni con background migratorio, insieme ad alcuni partiti tra cui +Europa, hanno depositato mercoledì 4 settembre in Cassazione il quesito referendario sulla cittadinanza, che mira ad abrogare una delle norme della legge del 1992, riportando da 10 a 5 anni il tempo di residenza ininterrotta necessaria per diventare cittadini italiani.

La normativa in vigore stabilisce che la cittadinanza italiana possa essere concessa al cittadino straniero legalmente residente nel territorio della Repubblica da almeno 10 anni. Tale termine di 5 anni era quello previsto dalla legislazione italiana prima del 1992 ed è lo stesso stabilito in diversi altri Stati UE. A promuovere il referendum abrogativo sono numerose organizzazioni della società civile e partiti fra cui le associazioni Italiani senza cittadinanza, CoNNGI, Idem Network, Libera, Gruppo Abele, Società della Ragione, A Buon Diritto, Arci, ActionAid, Cittadinanza Attiva, Recosol, InOltre Alternativa progressista, InMenteItaca, Oxfam Italia. Fra i partiti +Europa, Possibile, Partito socialista italiano, Radicali italiani, Rifondazione comunista. Clicca qui per aderire.

«Siamo convinti che il referendum sulla cittadinanza sia un’opportunità storica per avviare un dibattito franco, affidando però la parola ai diretti interessati e a quell’Italia che vive la pluralità culturale con curiosità e coraggio», riportano le pagine Fb del CoNNGI – Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane, di Italiani senza cittadinanza e di Idem Network. «Tra pochi giorni sarà possibile sottoscrivere online il referendum sulla piattaforma digitale e gratuita. Dobbiamo raccogliere 500mila firme per assicurare un futuro di pari diritti e opportunità a quel milione e oltre di giovani, nati e/o cresciuti in Italia, che attendono di essere riconosciuti come tali».

L’iniziativa ha ricevuto l’adesione, fra gli altri, di Arci, che in una nota annuncia l’impegno, attraverso la sua rete di circoli e comitati in tutte le regioni, per contribuire a raggiungere l’obiettivo di 500mila firme. «Da anni siamo a fianco delle persone di origine straniera per promuovere e tutelare i loro diritti, a partire dal proprio radicamento sociale e dalla sperimentazione di pratiche concrete di partecipazione», si legge nel comunicato. «La battaglia culturale e politica per la riforma della legge sulla cittadinanza è per noi da sempre una priorità, così come lo è il protagonismo e l’emancipazione di immigrati/e e rifugiati/e. Il nostro riferimento è la proposta di legge presentata in Parlamento dalla campagna L’Italia sono anch’io. Una proposta di riforma che tiene conto del ruolo fondamentale che oggi svolgono nel nostro Paese i migranti, in particolare le giovani generazioni, i bambini e le bambine, soprattutto per il nostro comune futuro».

«Sulla cittadinanza occorre una riforma organica, che contempli sia la condizione dei minori senza cittadinanza che nascono e crescono in Italia sia degli immigrati adulti che risiedono stabilmente e partecipano a tutti gli effetti alla vita del Paese», afferma Laura Libero, coordinatrice Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva. «Lo ius scholae è un primo passo urgente e non più rinviabile che si inserisce in questa direzione e che sosteniamo come importante opportunità di inclusione di decine di migliaia di giovani che frequentano le nostre scuole, italiani sotto ogni profilo tranne che per lo status di cittadino».

Foto in apertura di Mauro Scrobogna/LaPresse: sit in del 2022 a Roma per il diritto di cittadinanza degli stranieri cresciuti in Italia.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.