Osservatorio Domina

In calo i lavoratori domestici stranieri, cresce il lavoro irregolare

Circa il 70% di coloro che lavorano in questo settore proviene da altri Paesi, come è ormai tradizione. Nel 2023 erano 575mila: il 52,4% si è occupato di assistenza in qualità di badante

di Redazione

I lavoratori domestici stranieri in Italia, nel 2023, hanno rappresentato il 68,9% del totale. La percentuale sale addirittura al 72,7% se consideriamo soltanto i contratti di badante. Il settore del lavoro domestico, dunque, si conferma caratterizzato da una forte presenza di immigrati. Una tendenza storica, anche perché pochi italiani desiderano svolgere certe mansioni usuranti. L’anno scorso i lavoratori domestici stranieri sono stati quasi 575mila, di cui il 52,4% si è occupato di assistenza alle persone.

L’Osservatorio Domina, grazie ad una fornitura di dati personalizzata Inps, ha analizzato quali sono le nazionalità più coinvolte nel settore domestico. Infine, incrociando i dati relativi ai lavoratori domestici con la popolazione attiva per ciascuna nazionalità, si può osservare l’incidenza del lavoro domestico per ciascun gruppo etnico. L’analisi dei Paesi di origine dei lavoratori domestici evidenzia come quasi la metà degli stranieri provenga da Romania (123mila, pari al 21,3% del totale stranieri), Ucraina (90mila lavoratori, equivalenti al 15,6%) e Filippine (63mila, cioè l’11%). Seguono gli altri Paesi: il 6,3% arriva dal Perù (36.141), il 5,7% dalla Moldavia (32.573); sotto le settemila unità figurano Bulgaria, Senegal, Russia e Nigeria.

La tipologia di lavoro domestico sembra essere correlata con la provenienza: il ruolo di badante è maggiormente presente tra i Paesi dell’Est europeo, come Georgia (84,9%), Bulgaria (74,1%), Ucraina (67,2%) e Romania (63,2%). Al contrario, si registra una netta prevalenza di colf per i lavoratori provenienti dal Pakistan (85,4%), dalle Filippine (83,8%) e dal Bangladesh (82,3%).

Rispetto al 2022, i lavoratori domestici stranieri sono diminuiti del 7,6%: si registra una contrazione in quasi tutte le nazionalità. Tra i principali Paesi d’origine, l’unico a riportare una crescita è la Georgia (+3,6%). A diminuire in modo notevole sono Bangladesh (-42,3%), Senegal (-31,8%), Albania (-14,1%) e Marocco (-13,9%). In questo caso, come ampiamente documentato nel rapporto annuale Domina, il calo è probabilmente dovuto ad un “rimbalzo” fisiologico seguito agli aumenti legati alla regolarizzazione del 2020.

Tuttavia, per comprendere quanto il lavoro domestico incida per ciascuna nazionalità, è opportuno rapportare il numero di lavoratori domestici con la popolazione residente. In questo caso va precisato che i dati fanno riferimento ai soli cittadini stranieri, per cui sono esclusi i naturalizzati italiani. In questo caso è evidente come il peso del lavoro domestico sia molto variabile: ad esempio, i cittadini romeni sono oltre un milione, mentre gli ucraini 250mila e la comunità filippina conta solo 159mila persone.

Il rapporto tra lavoratori domestici e popolazione residente indica la “propensione al lavoro domestico” per ciascuna nazionalità: Filippine, Ucraina, Perù ed El Salvador superano il 30%. Moldavia, Ecuador e Sri Lanka superano il 25%. Per le comunità più numerose, invece, l’incidenza del lavoro domestico si abbassa: è il caso della Romania (11,3%) o di Albania (5,4%) e Marocco (5,1%). Un caso particolare è rappresentato dalla Georgia, dove il rapporto tra lavoratori domestici e popolazione residente raggiunge l’86,4%.

Mediamente, considerando tutti gli stranieri in Italia, il lavoro domestico rappresenta l’11,2% della popolazione. Se invece considerassimo la popolazione italiana, il lavoro domestico rappresenterebbe appena lo 0,5%.

«Nonostante la crescita della componente italiana, il lavoro domestico rimane un settore con una forte connotazione immigrata», sottolinea Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina. «Tuttavia, le comunità nazionali sono molto diverse tra loro e presentano forti specializzazioni etniche. Per il nostro Osservatorio è fondamentale realizzare la mappatura delle nazionalità dei lavoratori domestici, in modo da capire quali sono le nazionalità più coinvolte nel settore e gestire eventuali azioni di programmazione e formazione».

Lorenzo Gasparrini, segretario generale Domina

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