Welfare
In Calabria si riparte dall’Osservatorio per combattere le dipendenze
Dieci anni di commissariamento, soprattutto per una regione del mezzogiorno, lasciano ferite che non sempre sono rimarginabili. Se, poi, parliamo di dipendenze, la realtà può superare l’immaginazione. La Calabria sta, però, dimostrando di volere fare la differenza, ripartendo dall’ascolto e dal confronto con gli operatori e destinando tre milioni di euro del fondo antidroga anche a progetti sperimentali che possano intercettare i giovani consumatori
Dare centralità a un settore come le dipendenze che, da oltre dieci anni in Calabria, in quanto commissariata, è rimasto completamente assente dall’agenda politica. Commissariamento che ha causato danni notevoli nella gestione dei servizi sanitari e ha avuto degli effetti negativi anche nell’ambito delle politiche di contrasto del fenomeno, sia nel pubblico sia nel privato sociale accreditato.
Una regione, la Calabria, al momento l’unica ad avere una delega alle dipendenze patologiche, data dal presidente Roberto Occhiuto a Pasqualina Straface, presidente della terza commissione regionale Sanità, per la quale si è partiti dalle criticità.
«Abbiamo cercato di avviare una programmazione di medio e lungo termine» – spiega Straface – «proprio per cercare di dare delle risposte più efficaci, organiche, di sistema, tentando di contrastare il diffondersi delle molteplici forme di dipendenze da sostanze o da abuso, come anche quelle comportamentali, che purtroppo stanno crescendo in maniera notevole. Io parlo della Calabria ma, lo sappiamo bene, è un problema nazionale. Abbiamo, poi, avviato un sistema di ascolto, di confronto con tutte quelle persone che danno aiuto a chi è coinvolto in questo drammatico fenomeno, incontrando e facendo la conoscenza della realtà dei servizi pubblici per le dipendenze, delle comunità terapeutiche che si dedicano con professionalità e impegno sociale, offrendo percorsi di cura e di riabilitazione a persone con problemi di dipendenza. Parlo di operatori pubblici e del privato sociale che mettono in campo tempo e progetti, per esempio per quanto riguarda l'attività di prevenzione rivolta in particolar modo ai nostri studenti.
Grazie, poi, all’importante contributo di un gruppo di esperti che collabora a titolo volontario, del quale fanno parte sia rappresentanti dei Serd sia delle comunità terapeutiche, con i Pon 2022 abbiamo presentato al Ministero della Salute il progetto sul gioco d'azzardo patologico (Gap), avviando una programmazione che ha come dichiarato obiettivo quello di rilanciare più organicamente gli interventi e i servizi per le dipendenze patologiche in Calabria.
«Proprio per fare ciò, il consiglio regionale ha approvato meno di un mese fa la mia proposta di legge che istituisce l’Osservatorio regionale sulle dipendenze patologiche, in attesa da tempo di partire, che nelle prossime settimane tornerà ad operare. Allo stesso tempo abbiamo recuperato tre milioni di euro del fondo antidroga, inutilizzato dal 2011, grazie al quale potremo avviare interventi di prevenzione nelle scuole, progetti sperimentali in materia di aggancio precoce dei giovani consumatori, così come programmi per il reinserimento socio lavorativo di quei soggetti che completano i programmi di riabilitazione in comunità terapeutiche».
Senza dimenticare il lavoro che si sta portando avanti con la struttura commissariale che governa la sanità calabrese per la revisione delle rette e dei budget di acquisto da parte delle aziende sanitarie della Regione nei confronti del privato sociale accreditato.
«Vogliamo procedere principalmente con la doppia diagnosi» – dice ancora la responsabile dell'Osservatorio – «perché i nostri giovani che cadono preda dalle sostanze o del gioco d’azzardo, sviluppando di conseguenza una dipendenza, spesso sono costretti ad andare fuori dalla regione Calabria per essere curati. Questo rappresenta una spesa di emigrazione sanitaria notevole, quindi dobbiamo rompere questo meccanismo. Sto cercando di impegnarmi nel recuperare alla programmazione regionale delle dipendenze una quota dell'ex conto della Legge 45 del 1999, confluita nel fondo indistinto delle politiche sociali, che non era stato mai trasferito al dipartimento salute regionale per la realizzazione dei progetti di prevenzione, per l'inserimento sociale e lavorativo, ma anche per interventi innovativi sperimentali».
Una delega, quella data a Straface, che sta consentendo di mettere in campo già tanto.
«Riteniamo che il nostro nn debba essere considerato un impegno straordinario. Crediamo che per agire su questo fenomeno dobbiamo fare uno sforzo collettivo che parta soprattutto dalle nostre coscienze individuali e arrivi a farci agire responsabilmente in funzione di quello che noi chiamiamo bene comune, ognuno per la propria parte».
Ma si può parlare di dati, da cui partire per capire la portata del fenomeno?
«L'istituzione dell’Osservatorio va proprio in questa direzione perché non c'è stata mai una raccolta di dati per come sarebbe stato necessario avere. Si lavorerà, quindi, per effettuare il necessario monitoraggio della realtà, programmando in maniera sistematica. La cosa che ci indigna di più e contro la quale dobbiamo lavorare è la considerazione che alcune dipendenze vengono considerate quasi la normalità, come per esempio l’alcool. Sappiamo tutti che basta entrare in un supermercato e non avere problema alcuni a rifornirsi di qualunque genere di bottiglia. Noi stiamo cercando attraverso anche le manifestazioni attraverso i vari tavoli che abbiamo istituito comunque di lanciare un allarme sociale perché voglio dire dietro una dipendenza c'era la sofferenza di una persona la persona che deve essere messa al centro. La persone e non i dati o la fenomenologia».
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