Cooperazione

In Burundi per rendere meno facile l’adozione internazionale

Mentre le adozioni internazionali continuano a diminuire, la Commissione Adozioni Internazionali indica il Burundi come "in controtendenza". In tutto il paese ci sono solo 24 coppie disponibili all'adozione nazionale. «La sfida per un sistema adozioni sostenibile è farle diventare 240, non andare perennemente in ricerca del nuovo Paese dove fare adozioni non sia poi così difficile», dice Marco Rossin di Avsi

di Marco Rossin

La jeep bianca procede lentamente sobbalzando sul terreno disconnesso, sollevando una fitta nube di terra rossa, attirando sorrisi, sguardi curiosi e un ripetersi di “muzungo, muzungo” di bambini e adulti che si spostano dalla strada.

A tratti, il fitto degli alberi si apre e lascia intravedere uno sconfinato panorama collinare dalle tinte verdi, ma leggermente offuscato da una persistente foschia che si solleva da una foresta la cui estensione si perde a vista d’occhio.

La jeep si ferma ed il numero di curiosi di qualsiasi età aumenta rapidamente. Gli occupanti del mezzo scendono e si incamminano lungo un sentiero che scende tra la vegetazione, accompagnati da un ripetuto e melodico “karibu” (“benvenuti” in Kirundi). Tra una vegetazione che diventa sempre più fitta arrivano a una piccola costruzione di mattoni di fango rosso sul cui retro, coperte da una tettoia di tessuti variopinti, si trovano una cinquantina di donne che sorreggono in braccio bambini di ogni età.

Ci troviamo in una zona rurale del Burundi, in una cosiddetta “Comunità Collinare”, ad assistere ad un momento di condivisione tra i beneficiari di un progetto focalizzato alla prevenzione e cura della malnutrizione infantile, che ha censito complessivamente circa 100mila bambini nelle aree di Ngozi, Kayanza e Kirundo. Alcune delle donne che portano in braccio i bambini sono le madri, altre le nonne, altre le zie, altre ancora semplicemente delle donne che hanno deciso di prendersi cura di un bambino della loro Comunità.

Già, perché nelle zone rurali in Burundi le Comunità Collinari sono la base della struttura sociale, sia in termini di appartenenza che in termini di cura e protezione. Un bambino è in prima istanza parte di una Comunità e, solo in seconda istanza, figlio di una madre e, a volte, di un padre specifici. È la Comunità a farsi carico dei bisogni dei suoi membri ed è sempre la Comunità il primo interlocutore di chi, venendo dall’esterno, vuole proporre interventi di aiuto o sviluppo.

In Burundi un bambino è in prima istanza parte di una Comunità e solo in seconda istanza figlio di una madre e, a volte, di un padre specifici. È la Comunità a farsi carico dei suoi bisogni ed è sempre la Comunità il primo interlocutore di chi, venendo dall’esterno, vuole proporre interventi di aiuto o sviluppo

Adozioni nazionali: 24 famiglie in tutto il Burundi

Nonostante questo sistema di accoglienza informale, però, il bisogno di famiglia dei minori in stato di abbandono è enorme e in tutto il Paese, nell’elenco delle aspiranti famiglie adottive, ci sono solamente 24 famiglie burundesi registrate. Capire come possano stare insieme questo profondo e radicato senso di accoglienza e orfanotrofi pieni di bambini è complesso, ma non impossibile.

Fatte le ovvie differenze tra il contesto urbano e rurale, il Burundi è un Paese dove il legame di sangue e il conseguente peso dell’eredità – sia economica che sociale – sono ancora molto vivi e questo diventa un ostacolo insormontabile nel momento in cui si presenta la possibilità di accogliere un bambino in stato di bisogno, ma non legato alla propria famiglia. In ragione di questo assunto culturale diventa più giustificata la pressoché totale assenza di adozione a livello nazionale.


In cerca del paese dove fare adozioni non sia poi così difficile

A giugno 2024 Avsi ha ricevuto risposta positiva all’istanza presentata nel 2021 per operare come ente autorizzato per le adozioni internazionali in Burundi, forte della sua presenza ventennale nel Paese con attività di cooperazione internazionale, anche nell’ambito della protezione dell’infanzia. Iniziare ad implementare attività di adozione internazionale in un Paese vuol dire prima di tutto provare a capire il Paese, individuare le sfaccettature culturali, i bisogni reali, le debolezze e gli spazi di collaborazione. Il Burundi appare come un Paese dal grande bisogno, a 360 gradi e a diversi livelli. Nel mondo adottivo del resto non sembra sia così difficile “fare adozioni” ma, forse, la vera sfida è renderle difficili queste adozioni, proponendo un lavoro che parta a monte, dalla sensibilizzazione di quelle Comunità che potrebbero per loro natura promuovere l’accoglienza e che potrebbero essere una prima risorsa a portata di mano per i bambini che oggi vivono in orfanotrofio.

Non sembra sia così difficile “fare adozioni” in Burundi, ma forse la vera sfida invece è rendere difficili queste adozioni, lavorando per sensibilizzare quelle Comunità che potrebbero essere una risorsa a portata di mano per i bambini che oggi vivono in orfanotrofio

Le stesse donne che si fanno carico del bambino malnutrito della comunità, sebbene a volte non sia loro figlio, analogamente potrebbero farsi carico di un bambino che, causa varie avversità, si trova senza qualcuno che si prenda cura di lui, che lo accolga in casa, lo educhi e gli voglia bene.

Questo però non accade. Oltre al tema legato all’eredità e all’appartenenza di sangue, esiste evidentemente un pregiudizio, legato all’appartenenza comunitaria. In altre parole, se un bambino non è parte della Comunità o se è stato stigmatizzato, diventa un bambino che non merita accoglienza, una sorta di paria. Una nascita fuori dal matrimonio, un peccato familiare o semplicemente una migrazione fallita, diventano la prima causa per cui un bambino si trova senza possibilità di avere una famiglia. Per quanto da un punto di vista esterno questi limiti appaiano incomprensibili, in una realtà come quella del Burundi sono motivo di sofferenza di migliaia di minori.

Nei dati Cai, il Burundi in controtendenza

Perché racconto questa storia? Perché il 17 luglio la Commissione Adozioni Internazionali ha pubblicato, come di consueto, i dati relativi alle adozioni concluse nel 2023 e i quelli relativi allo stato dell’arte delle procedure in corso alla fine del primo semestre del 2024, con un breve commento. Ci ritroviamo quindi anche quest’anno ad osservare una sproporzione enorme tra le famiglie in attesa di adottare e il numero di adozioni che vengono realizzate; sproporzione che diventa drammatica se si prendono in considerazione alcuni singoli Paesi. Le famiglie in attesa calano lentamente di anno in anno e si concentrano con sempre maggior evidenza su alcuni Paesi, andando a creare un effetto imbuto che per molte di queste famiglie significherà non realizzare mai il proprio desiderio di genitorialità.

In questo ormai stabile panorama, non vogliamo smettere di chiederci come mai a fronte di un approccio fallimentare al sistema delle adozioni si perduri nel ripetere anno dopo anno la stessa formula che si traduce da un lato nel dare supporti economici a pioggia agli enti autorizzati e, dall’altro, con una sottolineatura positiva di quei Paesi che appaiono come temporanea soluzione all’unico apparente problema del mondo delle adozioni: ovvero che le adozioni stanno diminuendo.

Per un sistema adozioni sostenibile

Tra questi Paesi in controtendenza si colloca a pieno titolo il Burundi, perché è vero: in Burundi fare adozioni internazionali è facile. Ma Avsi in Burundi lavora da anni con le comunità locali e grazie a questa costanza siamo riusciti a ritagliare una credibilità tale da poterci porre come interlocutore utile per provare ad ammorbidire la rigidità di quei preconcetti, che rendono l’adozione nazionale uno strumento quasi inesistente. Non è forse questo lo scopo degli enti autorizzati, rinforzare il sistema di accoglienza locale rendendo residuale l’adozione internazionale, piuttosto che alimentare un aumento numerico fine a sé stesso? È anche attraverso questo che un Ente può lavorare, dall’altra parte del mondo, in Italia, con le famiglie che desiderano adottare, fornendo elementi di contesto, garantendo supporto e formazione, per rendere queste famiglie consapevoli delle loro risorse e dei bisogni reali di questi bambini.

In Burundi fare adozioni internazionali è facile. Ma Avsi in Burundi lavora da anni e siamo riusciti a ritagliarci una credibilità tale da farci provare ad ammorbidire quei preconcetti che rendono l’adozione nazionale quasi inesistente. Non è forse questo lo scopo degli enti autorizzati?

Oggi, dopo tre anni di attesa dalla presentazione dell’istanza per operare in Burundi e contemporaneamente alla pubblicazione dei nuovi dati delle adozioni, ci troviamo, come Avsi, ad avere ancora una volta l’occasione di provare a rendere un po’ meno facile l’adozione internazionale in un Paese africano. In Burundi oggi abbiamo 24 famiglie burundesi che si aprono ad accogliere bambini connazionali: la nostra sfida, per un sistema adozioni sostenibile e lungimirante, è provare a farle diventare 240 e smarcarci finalmente da quell’immagine di Petit Enfant che non riesce ad integrarsi nei Paesi, ma vive alla costante ricerca del nuovo Paese dove fare adozioni non sia poi così difficile.

Marco Rossin è responsabile adozioni di Fondazione Avsi. Foto di Sara Melotti per Fondazione Avsi

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