Ma perché non parliamo d’amore? Era il tormentone di un programma di Arbore di tanti anni fa, da perdersi nella notte della memoria. Eppure mi è tornato in mente, giorni fa, quando ho scritto nel blog FrancaMente di Vita.it una serie di riflessioni attorno all’8 dicembre, festa religiosa dell’Immacolata Concezione.
«Amore puro, senza scelta», ho scritto. Perché l’amore fa parte della vita, è la motivazione che ci conduce lungo il sentiero dell’esistenza. Assume molte forme, ma per le persone con disabilità è spesso soprattutto motivo di ansia, di angoscia, di paura, di solitudine, di depressione. Molti i commenti arrivati nel sito. Talmente tanti e profondi da confermarmi nella sensazione che a volte, troppo presi da importanti questioni legate ai servizi, alle leggi, ai finanziamenti, alle pensioni, perdiamo di vista, o mettiamo in un angolo, ciò che nella vita appartiene alla sfera altrettanto legittima e importante dei sentimenti.
Questo tema è invece ancora adesso un tabù, qualcosa che si preferisce ignorare, o tacere, a partire dalla famiglia, luogo che si specializza nell’accudimento e, spesso, nella protezione verso l’esterno. Il problema è che tutto ciò che ci circonda, in termini di immagine (in particolare la televisione e il cinema, ma anche la musica), parla di amore “fisico”, se non di sesso. E la confusione, lo smarrimento, il dolore, per chi vive una situazione di segregazione o di impedimento severo alla mobilità, sono all’ordine del giorno.
Ho notato, nelle risposte, molta severa autocritica, anche da parte di persone disabili che ammettono di essere troppo chiuse in se stesse, impaurite al punto da non osare mai un contatto, una dichiarazione di affetti. Una vera “reclusione dei sentimenti”. La mia esperienza personale, al contrario, conferma che nella vita nulla è impossibile, a patto di essere onesti con se stessi, e trasparenti nel rivelare chi si è, non di pelle, non di ossa, ma di cuore e di cervello. Con amore.
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