Cultura
In Africa la sanità è pagata dagli ammalati
L'annuale edizione inglese della rivista del Cuamm "Salute e Sviluppo" è interamente dedicata ai problemi dell'equità e accessibilità ai servizi sanitari nei paesi poveri
di Redazione
È interamente dedicato al tema del finanziamento dei sistemi sanitari in Africa Health and Development, l’edizione internazionale di Salute e Sviluppo, di recente pubblicazione. Si tratta di un’edizione annuale, in inglese, con focus su un tema di particolare interesse tra quelli a cui Cuamm Medici con l’Africa si dedica.
Negli articoli ricorre spesso l’espressione inglese user fees: essa significa partecipazione alla spesa da parte degli utenti che utilizzano i servizi, nel caso specifico i servizi sanitari pubblici. Ma non si tratta di una piccola partecipazione, una sorta di ticket graduato a seconda del tipo di malattia e del reddito, bensì di prezzi e tariffe che talvolta coprono interamente il costo del servizio. In tal modo quelli che ne subiscono le maggiori conseguenze sono i più poveri, come accade nei paesi dell’Africa sub-Sahariana, dove chi ha un reddito inferiore a un dollaro al giorno (e sono circa la metà) non è in grado di utilizzare i servizi sanitari a pagamento o – se lo fa – deve rinunciare ad altre spese essenziali o privarsi di un misero capitale (un animale, un pezzo di terra, etc.).
Una ricerca in dieci ospedali in Uganda
Nella rivista Health and Development – tra gli altri articoli – viene riportata una ricerca condotta in Uganda, nei mesi di luglio e agosto 2000, presso dieci ospedali non profit appartenenti a varie diocesi e dislocati in varie parti del paese. La ricerca promossa dal Ucmb (Uganda catholic medical bureau), organismo di coordinamento degli ospedali diocesani ugandesi, è stata realizzata da ricercatori ugandesi e italiani. Tra questi, Gavino Maciocco del Cuamm, Anna Macaluso e Adriano Cattaneo dell’Istituto per l’infanzia di Trieste, hanno redatto il report finale.
La ricerca ha dimostrato un’estrema variabilità e disomogeneità tra i dieci ospedali esaminati, sia per l’entità delle fees e la loro struttura, che per la tipologia delle esenzioni. Il dato che emerge con estrema chiarezza è che in alcuni ospedali è garantito un accettabile livello di accessibilità e di equità, mentre in altri le tariffe elevate e la sostanziale assenza di meccanismi di esenzione mettono in seria discussione i principi fondanti di un ospedale diocesano, la cui missione è quella di assistere tutta la popolazione, ed in particolare le sue fasce più vulnerabili, i bambini, le donne in gravidanza, i malati cronici, i poveri.
A scopo esemplificativo gli autori hanno messo a confronto due gruppi di 3 ospedali che presentano livelli molto differenti di entità e di struttura delle fees, cui si correlano altrettanto diversi livelli di utilizzazione dei servizi da parte della popolazione e delle sue differenti fasce, diverse composizioni del bilancio, diverse modalità di gestione, anche amministrativa, dell’ospedale.
Le soluzioni possibili
Non vi sono soluzioni semplici a problemi così complessi, che riguardano innanzitutto il livello di sviluppo economico e sociale dei paesi africani. Quale sistema sanitario si può reggere con una spesa sanitaria di 10-15 dollari pro-capite all’anno? Solo una profonda trasformazione dei meccanismi economico-finanziari che regolano il mercato globale, solo un poderoso impegno di solidarietà internazionale, solo un inequivocabile impegno dei governi africani in direzione di una vera democrazia e di una gestione trasparente della cosa pubblica possono ribaltare una situazione che al momento sembra terribilmente compromessa. Queste considerazioni di carattere generale non possono tuttavia esimere nessuno dall’intervenire nella situazione attuale per migliorarla. E vi sono buone ragioni per farlo. Il fabbisogno finanziario di un ospedale medio, che offre livelli di assistenza essenziali e dignitosi, è di soli 400 milioni di lire all’anno (dato il basso costo della forza-lavoro); con il contributo governativo e con indispensabili aiuti esterni si può contenere la partecipazione finanziaria degli utenti a livelli accettabili. Ma ciò non basta: è necessario migliorare l’efficienza delle strutture e – soprattutto – si può e si deve modificare il sistema di pagamento in modo da rendere più equo l’accesso, particolarmente per quelli che sono più poveri e più ammalati. Gruppi sociali deboli come le donne in gravidanza e i bambini sotto i cinque anni dovrebbero godere di tariffe più basse, le cure di alcune malattie dovrebbero essere sovvenzionate, le prestazioni mediche e chirurgiche più comuni dovrebbero avere prezzi forfaitari.
Gli altri contributi
L’edizione inglese di “Salute e Sviluppo” riporta altri articoli riguardanti il problema del finanziamento dei sistemi sanitari in Africa. Le politiche della Banca mondiale sono analizzate in un articolo di Gavino Maciocco, direttore della rivista; Adriano Cattaneo, dell’Istituto per l’infanzia di Trieste, descrive gli effetti e le conseguenze dell’introduzione delle user fees in Africa; Anna Macaluso, dello stesso Istituto di Trieste, esplora forme alternative e più eque di finanziamento, quali le assicurazioni sociali e comunitarie, basate sulla distribuzione del rischio e sul pre-pagamento in proporzione alla capacità contributiva. Infine il giornalista Pietro Veronese tenta di rispondere alla domanda “Dove sta andando l’Africa?”.
Ringraziamo per l’attenzione. Per informazioni ulteriori su questo argomento: Cuamm, via San Francesco 126, Padova, tel. 049.8751279, fax 049.8754738, dott. Anna Talami; Ufficio Stampa dott. Barbara Ammanati 049.8808241, 0335-5285070; lettera@lettera.org
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