Politica

Imprese sociali, l’attacco finale

Al Senato spunta a sorpresa un emendamento che permette la distribuzione di metà degli utili delle imprese sociali, distruggendone la natura non profit. Arriverebbe dal governo, e le centrali cooperative sanno anche a chi farebbe comodo...

di Gabriella Meroni


E' stato inserito a sorpresa al Senato un emendamento alla legge di stabilità, firmato dai relatori sen. Paolo Tancredi (PdL) e Giovanni Legnini (Pd), che modifica (o meglio stravolge) la normativa sull'Impresa Sociale (Dlgs.155/2006). In particolare la modifica prevederebbe che le srl e spa, imprese sociali in base alla legge, possano distribuire gli utili ai soci, introducendo sostanzialmente una logica capitalistica e speculativa; prevede inoltre la possibilità di distribuire il 50% dell'utile netto di esercizio a enti profit lucrativi o enti pubblici soci dell'impresa sociale stessa.  

Un intervento sostanziale, arrivato senza consultare le centrali della cooperazione e in zona Cesarini nella legge di stabilità, ultimo atto del governo Monti che dovrà essere per forza approvata entro martedì 18 dicembre. Tempi strettissimi, dunque, e modi che hanno profondamente irritato il mondo cooperativo: "E' una proposta della quale non si comprende l'utilità e la coerenza con la legge di stabilità, tanto da farci dubitare che nasca da un accordo tra Governo e relatori", ha scritto in una nota questa mattina Federsolidarietà, che si spinge a ipotizzare l'inammissibilità dell'emendamento,  in quanto "non attinente con la legge di stabilità, che dovrebbe contenere esclusivamente disposizioni volte a fissare gli obiettivi  dei saldi di finanza pubblica".

Vita.it ha raggiunto Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà – Confcooperative, per un commento a caldo.

Guerini, cosa è successo in Commissione Bilancio al Senato?
E' un colpo di mano, non c'è dubbio. Il mondo della cooperazione è assolutamente estraneo a quanto sta accadendo, nessuno ci ha consultato, altrimenti avremmo espresso la nostra netta contrarietà. Si tratta di un emendamento infilato all'ultimo momento, firmato dai relatori ma sicuramente non scritto da loro.

E da chi allora?
Secondo quanto sono riuscito a sapere, l'idea è stata di un esponente del governo. Arriva direttamente dall'esecutivo questa bella trovata, che vuole scimiottare malamente qualche esempio di social business anglosassone ma con la nostra tradizione non c'entra nulla e rappresenta un corpo estraneo rispetto al tessuto sociale ed economico del terzo settore italiano. Oltretutto, così come è scritto, è pure miope, perché fa perdere entrate allo Stato…

Cioè?
Non è stato valutato l'impatto economico di questa modifica. A  quanto ammonta l'aggravio per le finanze pubbliche che deriva dal dividersi utili non tassati? Qualcuno di questi cervelloni se lo è chiesto? L'unica cosa certa è che ci sarà potenzialmente un minore introito per le casse pubbliche oltre all'apertura di un varco per portare la logica e la cultura della speculazione finanziaria nel cuore del terzo settore produttivo.

Ma se questa novità scontenta voi e danneggia anche lo Stato, a chi giova?
Io un'idea ce l'ho. Ricordiamoci quello che ha detto il presidente Monti sulla sanità pubblica da ripensare. Il mercato sociosanitario italiano è enorme, e fa gola da sempre ai privati. Un provvedimento del genere servirà a far partire qualche impresa sociale in più nel settore sanitario, qualche Rsa a basso costo con una remunerazione sicura ed esentasse, e via con i profitti. Mi sbaglierò, ma dietro una mossa del genere ci sono grandi investitori che sperano di far soldi con la sanità privata, snaturando l'unico privato sostenibile in sanità, quello non profit.

Che farete ora?
Stiamo contattando i colleghi delle altre realtà cooperative e del terzo settore per  unirci contro questo tentativo. Ci faremo sentire, chiamerò i relatori della legge, e cercheremo di fermare questa aberrazione.


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