Economia

Imprese sociali in Toscana: ancora poco diffuse

Secondo la ricerca presentata da Camera di Commercio e Cesvot oltre il 70% sono imprese commerciali e operano soprattutto nel settore dell’istruzione e socio sanitario

di Redazione

Stato di salute e prospettive delle imprese sociali in Italia. È questo il contenuto della ricerca “L'impresa sociale ed DLgs 155/2006 e suoi sviluppi – profili istituzionali, caratteristiche aziendali e settori di attività” promossa da Cesvot con l'Osservatorio dell'economia civile della Camera di Commercio presentata oggi in occasione del workshop tenuto a Firenze dal titolo “Impresa sociale e imprenditorialità in Italia e in Europa”.

Il workshop, a cui ha partecipato Enrico Bocci, Presidente Osservatorio Economia Civile della Camera di Commercio di Firenze e Filippo Toccafondi, amministratore di Cesvot, è stato un’occasione di confronto e riflessione per gli operatori del settore no profit sulla tematica in ambito europeo, nazionale e locale delle imprese nate attraverso questa figura giuridica.  

La ricerca è stata condotta su 439 unità di imprese sociali presenti nella sezione speciale dei registri nazionali e confrontate con le 29 presenti in Toscana.

«Il nostro lavoro», spiega Luca Bagnoli, curatore del volume insieme a Simone Toccafondi, «cerca di descrivere il concreto sviluppo in termini economico-finanziari delle imprese sociali con riferimento al panorama sia nazionale che regionale toscano e di area vasta (province di Firenze, Prato e Pistoia).  Dal 2008 in Italia è possibile costituire un’ “Impresa sociale”, brand legale che può essere adottato da tutte le organizzazioni private, comprese le società di capitali. Un’impresa sociale si esercita in tutta Italia prevalentemente attraverso la forma di impresa commerciale. Che sia a base mutualistica, consortile o di società a responsabilità limitata tradizionale, oltre il 70% delle imprese sociali  viene costituita secondo tale forma».  

«Dalla ricerca», continua Bagnoli, «emerge che le imprese sociali operano principalmente nel settore dell’istruzione e del socio/sanitario, sono caratterizzate da una significativa debolezza strutturale e da un elevato peso dell’indebitamento. Tendono mediamente al pareggio economico, anche se cambiano notevolmente le dimensioni (valore della produzione). Infine – conclude Bagnoli –  risultano essere ancora poco diffuse. Siamo, in altri termini, di fronte a una realtà numericamente e dimensionalmente ancora trascurabile rispetto alla realtà delle cooperative sociali. È evidente che per rilanciare questa forma giuridica di attività risultano necessari opportuni interventi di incentivazione».

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