Non profit

Impresa sociale, non ci sono più alibi

Alle Camere di commercio i formulari del ministero per iscriversi

di Redazione

La nuova forma giuridica ora è valida a tutti gli effetti.
Gli spazi che si aprono sono enormi.
Ad esempio
quelli della cultura
e dei musei.
Un po’ di numeri rendono l’idea…
Un decreto ferragostano del ministero dello Sviluppo economico – forse per questo ignorato dai più – pone un altro importante tassello nel logorante percorso normativo dell’impresa sociale. Una sfilza di rimandi e note tecniche dicono, in estrema sintesi, che ora è possibile iscriversi con la nuova “etichetta giuridica” (regolata dall’ormai pluricitato dlgs 155/06) presso tutte le Camere di commercio. Non si dovrà più sperare nel buon cuore delle singole Camere, come ad esempio quella di Roma che nel suo sito ha addirittura messo online una bella guida per la costituzione e la registrazione delle imprese sociali.
A questo punto non ci sono più scuse. Non c’è più spazio per la melina, per aspettare Godot dando la colpa ai ritardi ministeriali. Ora si vedrà davvero chi è interessato a promuovere l’impresa sociale in Italia oltre i recinti delle forme giuridiche e dei settori di attività. Sarebbe interessante, da questo punto di vista, iniziare con una campagna informativa. Per dire che la legge c’è e che, anche se non ci sono incentivi diretti, può comunque essere uno strumento utile per dare veste imprenditoriale ad attività che magari già operano in questo senso. I gruppi target sono molti.
Ad esempio qualche giorno fa l’Istat ha pubblicato un report su musei e altri luoghi di cultura non statali che apre interessanti e promettenti orizzonti. L’Italia è davvero il Paese del museo diffuso: a fine 2006 sono state censite oltre 4.300 strutture di proprietà di privati e di enti locali. Sono visitate da oltre 60 milioni di cittadini grazie a una pluralità di iniziative non solo di tipo espositivo, ma spesso anche didattico e culturale. Rappresentano inoltre un bene meritorio non solo per quel che conservano ed espongono, ma anche per la fruibilità: più del 40% dei visitatori entra a titolo gratuito. La cosa interessante è che i margini di miglioramento vanno tutti nella direzione di una maggiore imprenditorializzazione: orari di apertura, servizi aggiuntivi (pochissimi hanno un bar interno o un bookshop), strumenti di gestione, diversificazione delle fonti d’entrata. Si potrebbe cominciare da qui. Oppure, al contrario, si potrebbero informare le quasi 500mila imprese italiane di tipo for profit che, secondo i dati del nuovo rapporto Iris Network, operano nei settori ad altà intensità sociale indicati dalla normativa (cultura, ambiente, sanità e servizi sociali, ecc.). Basterebbe che anche solo l’1% adottasse il nuovo statuto per cambiare i connotati dell’imprenditoria sociale italiana.

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