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Impresa sociale, aria di flop

A dieci mesi dall'entrata in vigore della legge 155/2006, l'Agenzia per le onlus presenta le linee guida di bilancio. Ma in Italia sono pochissime le organizzazioni che hanno deciso di approfittarne. Zamagni spiega perché

di Gabriella Meroni

L’impresa sociale? Un «sostanziale flop», un istituto che ha convinto pochissimi enti non profit italiani e che «non decollerà mai se non le verranno accordati i necessari incentivi fiscali». È questo il parere tranchant del presidente dell’Agenzia per le onlus Stefano Zamagni, raccolto a margine del convegno sul “Controllo per lo sviluppo del terzo settore”, che si è tenuto oggi all’Università Cattolica di Milano per iniziativa della Guardia di Finanza e della stessa Agenzia per le onlus. Nel corso del convegno, tra l’altro, sono state presentate le linee guida per la redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato delle imprese sociali, che l’Agenzia per le onlus approverà nella seduta di domani mattina (a breve disponibili nella sezione LEGGI di questo sito).

Una regolamentazione, quella dei bilanci delle imprese sociali, che rischia però di riguardare una ristretta cerchia di organizzazioni. Sarebbero infatti pochissime – qualcuna in Friuli Venezia Giulia, un’altra manciata in Emilia Romagna, anche se si tratta di stime poiché dati ufficiali non ce ne sono – le aziende e associazioni che avrebbero approfittato della legge 155/2006 che ha introdotto nel nostro ordinamento questo istituto giuridico, che si caratterizza per la spiccata attitudine al mercato e al profitto, ma rimane senza fine di lucro per l’obbligo di ridistribuire gli utili. «No, di certo non sono molte le imprese sociali nate in Italia dallo scorso gennaio, da quando cioè la legge 155 è stata completata dai necessari decreti attuativi», ha detto a Vita il professor Zamagni. «E secondo me il motivo è semplice: questa è una norma che ha introdotto solo obblighi – redazione del bilancio, obbligo di rendicontazione – e non vantaggi, ovvero non ha previsto sostanziali agevolazioni fiscali. In queste condizioni manca la convenienza per diventare impresa sociale, e per questo il lancio del nuovo istituto rischia di tradursi in un flop».

Durante il convegno la Guardia di Finanzia ha anche reso noti i dati relativi all’attività ispettiva e di controllo effettuata nei confronti di enti di terzo settore dal 2003 al 2007. Una attività di indagine che ha visto una rapida accelerazione: nel solo 2007 sono stati infatti circa 300 gli accertamenti condotti su enti non profit o presunti tali, contro i 100 realizzati nel triennio 2003/2006; per il 2008 – secondo quanto reso noto oggi – ci si assesterà sulle cifre dell’anno scorso. Grazie all’attività di controllo – ha detto il generale Edoardo Esposito, comandante dei Reparti speciali della GdF – sono state individuate 58 false onlus e sanzionate 183 persone, permettendo allo Stato di recuperare 74 milioni di euro indebitamente sottratti da organizzazioni che si dicevano onlus pur non avendone i requisiti, o da falsi enti non commerciali.

58 “mele marce” sono una quota comunque esigua di infrazioni, se si pensa che – secondo i dati resi noti oggi da Vincenzo Busa, direttore centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate – le onlus di diritto in Italia sono oltre 30mila (circa 23mila associazioni di volontariato, 8000 cooperative sociali, 200 ong) e poco meno di 20mila le onlus iscritte all’Anagrafe detenuta presso l’Amministrazione finanziaria dello Stato.

Immagine a cura di Marco Bolla

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