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Impresa sociale: adesso si lavora in campo aperto

Sarà possibile svolgere attività imprenditoriale generale senza dover per forza ricorrere alla forma cooperativa. E non saranno attività solo di servizio alla persona.

di Francesco Agresti

Sono imprese sociali le organizzazioni senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un?attività economica di produzione o di scambio di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale». Sarà bene imparare alla svelta questa formulazione, contenuta nell?articolo 1 del disegno di legge delega 2595 approvato giovedì 12 maggi al Senato e tornato di nuovo alla Camera, dove dovrebbe ottenere in tempi brevi il via libera definitivo. A tre anni dall?approvazione del ddl da parte del Consiglio dei ministri, il nostro ordinamento si prepara dunque ad accogliere non solo una nuova forma giuridica, ma a riconoscere formalmente un innovazione che cambia il modo stesso di fare impresa portando a compimento quanto già avviato nel 1991 con la legge 381 sulla cooperazione sociale. Imprenditore non è solo chi svolge un?attività economica per ottenerne un profitto, ma anche chi intende perseguire finalità di interesse generale. Dopo il secondo passaggio per l?approvazione definitiva alla Camera, il testo licenziato il 20 novembre 2003 a Montecitorio è stato infatti modificato al Senato, e ora il governo avrà un anno di tempo per emanare i decreti delegati. Ma non è escluso che ce la possa fare prima delle elezioni politiche del 2006. «Il disegno di legge è seguito con grande attenzione dal governo», sottolinea il relatore del provvedimento a Palazzo Madama, il senatore di An Luigi Bobbio, «l?intero iter è stato condiviso da tutti gli schieramenti, credo quindi che si possa arrivare all?approvazione dei decreti delegati entro la fine della legislatura». Nel terzo settore cresce l?attesa per un provvedimento che è stato invocato e sostenuto a gran voce per tutto il suo iter parlamentare. «In realtà questa non è un?iniziativa che risponde solo all?esigenze del non profit», puntualizza Carlo Borgomeo, convinto sostenitore dell?imprenditorialità sociale, «ma ha una portata molto più ampia perché contribuirà a flessibilizzare l?intero sistema economico». Per capire quale sarà la portata innovativa di questa legge bisogna partire dall?unica forma di impresa sociale finora riconosciuta nel nostro ordinamento e in particolare dai limiti di quella che Carlo Borzaga, preside della facoltà di Economia dell?università di Trento, definisce come la ?madre? della legge sull?impresa sociale, la 381 del 1991. «Con l?impresa sociale sarà possibile svolgere un?attività imprenditoriale di interesse generale non più attraverso una sola forma di impresa, quella cooperativa, appunto: rispettando alcune condizioni, lo si potrà fare con tutte le altre forme di impresa previste dal nostro ordinamento. Inoltre l?imprenditorialità sociale non sarà più relegata, così come è stato finora, alle sole attività di servizi alla persona, ma potrà essere estesa alla produzione di tutti i beni comuni. Le imprese sociali potranno occuparsi di turismo responsabile, ambiente, commercio equo e solidale, sviluppo locale, solo per citare alcuni esempi». Una delle questioni più controverse, e che ha rallentato l?esame in Parlamento del ddl, è stata quella fiscale. Al Senato, per accogliere i rilievi della commissione Bilancio, la maggioranza ha presentato un emendamento che ha eliminato l?obbligo per il governo di prevedere dei benefici fiscali. E anche se il senatore Bobbio è convinto che il «governo non possa fare a meno di prevedere un regime di favore», la mancanza di un esplicito richiamo non desta particolare preoccupazione. «Anche la legge 381, fatta eccezione per le cooperative sociali di tipo B, non prevede benefici fiscali intervenuti ?accidentalmente? solo a seguito dell?approvazione di altre norme», ricorda Giacomo Libardi, consigliere delegato di Cgm. «Uno degli aspetti più interessanti di questa legge è che permetterà di far chiarezza, distinguendo in maniera netta le organizzazioni di volontariato da quelle che invece svolgono un?attività imprenditoriale». Mettendo un freno all?anomalia tutta italiana di avere «associazioni che fanno impresa e imprese che pur definendosi tali non lo sono affatto», puntualizza Borzaga. Rispetto alla versione iniziale, il testo approvato dal Senato ha subito diverse modifiche che hanno accolto in larga misura le proposte del Forum del terzo settore. Tuttavia rimangono delle imperfezioni: «Una delle più gravi», riprende Borzaga, «è l?impossibilità di distribuire utili. Si è voluto replicare in maniera assolutamente acritica il modello statunitense, ponendo un vincolo inutile che è tipico dei soggetti redistributivi e non imprenditoriali». «Quel che conta», aggiunge, «non è che l?impresa non distribuisca utili ma che non possa massimizzarli. L?impossibilità di distribuire utili pone un grosso limite alla capacità dell?impresa di raccogliere capitale di rischio necessario per sostenere piani di sviluppo». Per il professore si tratta dunque di «una inutile limitazione della natura imprenditoriale», di cui si poteva fare a meno «evitando la rincorsa a un modello che nulla ha a che fare con la nostra cultura». Coop inglesi, tradizionali e imprese sociali: un confronto Cic (Community Interest Co.)-Regno Unito Finalità e attività Società la cui attività è volta a soddisfare l?interesse della comunità Accreditamento e/o iscrizione albi o registri Community Interest test (adozione di linee guida da parte di un?autorità di regolazione). Destinazione di utili e riserve, liquidazione del patrimonio Possibili strumenti di partecipazione finanziaria a utile limitato (capped). Devoluzione del patrimonio residuo ad altra Cic o charity (salva la possibilità di ammettere la restituzione dei conferimenti secondo il valore nominale). Membership Coinvolgimento degli stakeholders nell?impresa; coinvolgimento dei beneficiari nella valutazione dell?impresa; limiti alla possibilità di assumere il controllo da parte degli investitori. Sistemi di amministrazione e controllo Obblighi di rendicontazione annuale. Poteri ispettivi dell?autorità di regolazione. Autorità di vigilanza con compiti di controllo. Poteri di sostituzione di amministratori e manager; affidamento esterno di beni. Cs (Cooperativa sociale)-Italia Finalità e attività Interesse generale alla promozione umana e all?integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari; b) lo svolgimento di attività diverse per l?inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati Accreditamento e/o iscrizione albi o registri Iscrizione all’albo regionale.Accesso alle convenzioni Destinazione di utili e riserve, liquidazione del patrimonio Divieto di distribuzione dividendi oltre soglia. Non distribuibilità delle riserve. Responsabilità patrimoniale limitata. Devoluzione del patrimonio residuo a fini di pubblica utilità conformi a spirito mutualistico (dedotto il capitale versato ed eventuali dividendi maturati). Membership Controlli sull?ammissione soci. Soci cooperatori: coop tipo B, svantaggiati (30%). Soci volontari: non oltre la metà. Soci persone giuridiche: pubbliche o private. Una testa, un voto. Possibile deroga per persone giuridiche e soci sovventori. Sistemi di amministrazione e controllo Possibilità di costituire assemblee separate per categorie di soci. Obbligo di istituzione del collegio sindacale solo in determinate circostanze. Ispezioni annuali da parte dell?autorità competente. Sistema di vigilanza ex dlgs n. 220/2002. Is (Impresa sociale)-Italia Finalità e attività Organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano un?attività economica di produzione o di scambio di beni o di servizi di utilità sociale, con finalità di interesse generale. Erogazione di beni e servizi anche a favore di terzi. Valutazione del rilievo sociale anche in base alle aree di intervento. Accreditamento e/o scrizione albi o registri Iscrizione al registro delle imprese. Monitoraggio permanente da parte del ministero del Lavoro sulla qualità delle prestazioni. Destinazione di utili e riserve, liquidazione del patrimonio Assenza di fini di lucro. Vincolo sulle riserve. Obbligo di reinvestimento degli utili in attività istituzionale o incremento del patrimonio. Responsabilità limitata. Devoluzione del patrimonio residuo a favore di imprese sociali ed enti non profit. Membership Controlli sull’amministrazione soci. Forme di partecipazione nell’impresa estesa a prestatori di opera e destinatari dell’attività. Divieto di controllo da parte di enti pubblici e enti for profit. Sistemi di amministrazione e controllo Bilancio economico e bilancio sociale. Monitoraggio dei servizi da parte del ministero del Lavoro Tratto da Beni Comuni, a cura di Cgm Edizioni Fondazione G. Agnelli Tratto da Beni Comuni, a cura di Cgm Edizioni Fondazione G. Agnelli


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