Non profit

Imprenditori, non siete soli

di Antonio Sgobba

Gli ultimi sono stati Ivano Polita, artigiano di Noventa di Piave, alle spalle della laguna di Venezia, e Giovanni di Tinco, commerciante di Ginosa Marina, provincia di Taranto. Si sono tolti la vita nello stesso giorno, lo scorso 10 marzo. Il primo alle prese con creditori che non pagavano da troppo tempo, il secondo stremato da un contenzioso con una banca locale. In questi primi mesi del 2012 ci sono già stati quattro imprenditori suicidi, oltre a due tentativi segnalati. «Mi sento solo», le parole lasciate su un bigliettino da Polita. Una condizione probabilmente comune a molti in questo periodo. Qualcuno inizia a reagire. Si parte dal chiedere aiuto. Per questo nelle ultime settimane sono partiti servizi di supporto psicologico per imprenditori in difficoltà. Iniziative spesso spontanee, nata dalla volontà degli stessi che hanno vissuto da vicino i drammi dei circa 50 casi di suicidi di imprenditori nel Nord-Est dal 2008 ad oggi, di cui 30 solo in Veneto.

Chiusi nel silenzio
Proprio in Veneto è nato l’ultimo esperimento di questo tipo. Si chiama “Life Auxilium”, ed è stato voluto dalla Confartigianato di Asolo-Montebelluna. «Questa è una delle zone a più alta densità imprenditoriale d’Italia. Ogni 8 o 9 abitanti c’è un imprenditore», dice il presidente Stefano Zanatta. «Negli anni 80 a Montebelluna eravamo i più ricchi d’Europa, ora sempre più aziende, soprattutto quelle più piccole, si ritrovano senza lavoro e senza credito. I titolari si vedono crollare il mondo addosso». Per questo dagli inizi di marzo è stato attivato un numero verde, in collaborazione con la Asl locale e la Caritas. «Risponde un’équipe di psicologi: l’obiettivo è offrire un servizio di assistenza sociale, per supplire alla latitanza delle istituzioni. Cerchiamo così di costruire una rete di sostegno», spiega Zanatta. Nei casi presi in esame, allo psicologo si affiancano specialisti del ramo fiscale o finanziario. Finora hanno ricevuto in media una chiamata al giorno: «Non è facile, chi si trova in queste situazioni non ne parla neanche in famiglia, tende a chiudersi in sé stesso».
Il problema non è certo limitato al Veneto, come dimostra il fatto che un progetto analogo era già stato avviato a Varese, su iniziativa del network nazionale “Imprese che resistono”, rete di imprenditori che non si riconoscono nelle tradizionali sigle di rappresentanza. Si chiama “Terraferma”, l’idea è venuta a Massimo Mazzuchelli, artigiano di Busnate. Attivo da inizio 2012, il servizio in pochi mesi ha coinvolto tra i 15 e i 20 psicologi. Ciascuno mette a disposizione il suo numero di cellulare sul sito dell’associazione. «È qualcosa di diverso da un “telefono amico”», spiega Laura Sanna, psicologa coordinatrice del progetto, «diamo la nostra disponibilità pressoché totale». Gli specialisti sono distribuiti in quasi tutte le regioni italiane. «L’ostacolo più difficile da superare è il senso di colpa. Cerchiamo di far capire che se le cose vanno male, non è dovuto solo a loro. Non è semplice, l’imprenditore ha una mentalità molto pratica, il rischio è che riduca tutto all’aspetto economico».

È cambiato il paradigma. Per tutti
Difficoltà che conoscono bene a Padova. Nel 2010 era stato attivato il “numero verde anticrisi”; nella prima fase il centralino viene sommerso di chiamate, 25 al giorno. La situazione si tranquillizza nella seconda metà dell’anno, al punto che il servizio viene sospeso. I campanelli d’allarme tornano a farsi sentire a fine 2011, così la Camera di Commercio di Padova ora pensa di farlo ripartire. Marco Nicolussi, presidente dell’Ordine degli psicologi del Veneto, è il coordinatore scientifico del progetto: «L’analisi economica dei problemi non è sufficiente», spiega Nicolussi. «Per questo noi accompagniamo i soggetti in difficoltà che si rivolgono a noi anche dal punto di vista emotivo», continua Nicolussi. «I problemi non sono solo legati alla recessione, dobbiamo capire che ci troviamo di fronte a un cambio strutturale di paradigma, per questo deve cambiare anche il ruolo dello psicologo: è il momento di mettere da parte lo stereotipo del lettino e riscoprire il mandato sociale della nostra professione».

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