L’atto del Consiglio di Stato è di metà giugno. E mi era stato segnalato tempestivamente. Ma ho dovuto incrociare un altro paio di commenti (l’ultimo in ordine di tempo su Enti non profit) per rendermi conto delle importanti implicazioni di una sentenza che, stando all’oggetto del contendere, riammette una fondazione ad una gara di appalto pubblica da cui era stata precedentemente esclusa. Il secondo grado della giustizia amministrativa propone, con abbondanza di rimandi a sentenze e norme anche comunitarie, un profilo dell’imprenditore e dell’attività economica ispirato a un chiaro principio di libertà delle forme e delle espressioni. Ben diverso quindi dalla vulgata corrente che ne enfatizza alcuni aspetti – self interest, profitto, market oriented – e ne relega in periferia altri – interesse generale, carattere non lucrativo – considerandoli in qualche caso disfunzionali “all’intraprendere”. Quel che conta, semplificando forse troppo le argomentazioni dei giudici, è la ricerca esplicita di un equilibrio tra costi e ricavi dell’attività economica. Tutto il resto… è pluralismo.
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