Famiglia

Impegno, ingaggi, tifosi: parla Roberto Bettega. Viva il calcio alla Thuram

Il vice presidente bianconero spiega i progetti della sua società in campo sociale. Accetta di parlare anche di doping e di violenza.

di Redazione

Signor Bettega, si sarebbe mai immaginato di fare un?intervista con Vita, magazine del non profit? In effetti sulla scrivania del vicepresidente bianconero si trova un vecchio numero del Time: l?immagine lo ritrae giovanissimo mentre con un?elegante finta sbilancia niente di meno che Bertie Vogts, difensore insuperabile e attuale Signor Bettega, si sarebbe mai immaginato di fare un?intervista con Vita, magazine del non profit? In effetti sulla scrivania del vicepresidente bianconero si trova un vecchio numero del Time: l?immagine lo ritrae giovanissimo mentre con un?elegante finta sbilancia niente di meno che Bertie Vogts, difensore insuperabile e attuale allenatore della Scozia. Correvano gli anni 70 e un tifoso di allora farebbe fatica a riconoscere il calcio di oggi, fatto di stipendi milionari, inchieste sul doping e bilanci taroccati, ma anche di una sensibilità sociale mai tanto spiccata. Due facce della stessa medaglia che accendono polemiche feroci e generano applausi convinti. Indirizzati, polemiche e applausi, soprattutto a chi in questo mondo conta davvero: in Italia, la Juve più di ogni altro. Roberto Bettega: Il calcio da qualche anno attraversa il mondo in modo trasversale. Le società ormai sono aziende a 360 gradi. Una volta il nostro recinto era il campo, la domenica pomeriggio, e gli abbonamenti costituivano l?80% dei ricavi. Adesso assieme ai biglietti non raggiungono il 10. E cambiando, essendo maggiormente mediatici, in una parola diventando globali, è chiaro che ti devi rapportare con altri problemi. Vivi il mondo in modo molto più ampio. Vita: Così avete deciso di cambiare? Bettega: La consapevolezza di essere uno straordinario mezzo di comunicazione e di suscitare passione e amore in modo universale ci ha spinti a concentrarci su precisi obiettivi di solidarietà sociale. Con l?ospedale Gaslini, l?anno scorso, e con altre collaborazioni che portiamo avanti da tempo, abbiamo vinto il vostro Scudetto della solidarietà e vista riconosciuta la bontà di una filosofia. Noi e i nostri giocatori abbiamo stimolato altri a fare solidarietà. Non solo la gente che ha contribuito al buon esito delle nostre iniziative, ma anche altre squadre, come gli amici del Milan con cui abbiamo diviso il gradino più alto del podio del cuore. Vita: Solidarietà non significa necessariamente responsabilità sociale. A che punto siete su questo versante? Bettega: Possiamo leggere l?entrata in Borsa anche come un?opportunità di maggiore trasparenza. Ma questa scelta non ha cambiato in toto il nostro modo di lavorare, già indirizzato su quei binari. I bilanci erano trasparenti anche prima di Piazza Affari, malgrado il calcio navighi in acque agitate. Purtroppo in alcuni casi ci siamo fatti coinvolgere da un vortice che ha fatto schizzare i costi. Vita: Come vengono individuati gli obiettivi solidali? Bettega: Quest?anno abbiamo in cantiere un progetto analogo a quello del Gaslini, in collaborazione con l?ospedale infantile Regina Margherita-Sant?Anna di Torino. Probabilmente il fatto di chiamarci Juventus ci fa guardare con un occhio privilegiato i temi legati alla sofferenza infantile. Per il resto le associazioni con cui collaboriamo hanno con noi rapporti che durano da anni, come con le Missioni Don Bosco, il volontariato Vincenziano e la Fondazione piemontese di ricerca sul cancro. Privilegiamo progetti concreti proposti da istituzioni conosciute, spesso più vecchie della Juve. Piuttosto che aiutare poco mille associazioni abbiamo optato per progetti determinati. Vita: Tanta bontà in cambio di visibilità? Bettega: Quando devi raccogliere 4 milioni e mezzo di euro come per il Gaslini, la visibilità è fondamentale, la andiamo a cercare. Poi come società magari guadagniamo qualcosa in simpatia. Quella che tante vittorie forse ci hanno tolto. Vita: I tifosi non smettono di mostrare il lato violento del calcio. Quanta responsabilità avete? Bettega: Se noi pensassimo di trasmettere un messaggio così negativo da generare determinati episodi, allora sì che dovremmo preoccuparci. Io però non credo che sia così. Vita: I calciatori spesso affermano di fare solidarietà in segreto. Perché non dirlo, non fungerebbero da traino? Bettega: Penso che sia un loro diritto scegliere se esporsi o meno. Anzi: il fatto che talvolta non dicano nulla mi sembra molto bello. Vita: Molti giocatori accettano di partecipare a iniziative solidali. C?è qualcuno che ha un atteggiamento propositivo? Bettega: Se devo fare un nome dico Thuram: è stato inserito in Francia in una commissione governativa per l?integrazione degli immigrati. Un segnale di sensibilità e di impegno non da poco. Vita: Siete la squadra più solidale d?Italia, ma anche la più discussa: la vicenda doping getta fango sulla vostra immagine? Bettega: Assolutamente no. Le rispondo così: se dovessi rinascere, rigiocherei a calcio. E lo farei alla Juve. Vita: Il calcio superprofessionistico è spesso accusato di non considerare il calcio minore. Quello di chi si alza presto e paga per giocare. Come risponde? Bettega: Da 60 anni il solo calcio sostiene tutto lo sport italiano attraverso il Totocalcio. Se questa non è solidarietà mi devono spiegare cosa significa. Non c?è Paese europeo al nostro livello. Al di fuori dell?Italia nessuno dà il 18% dei biglietti venduti alla squadra avversaria. E lo stesso avviene per i diritti televisivi. Vita: Avete firmato con Del Piero.Certi contratti non le sembrano eccessivi? Bettega: Se i bilanci societari sono sani è giusto che i campioni guadagnino tanto. Info: serie A …nziani Se pensate che il calcio sia uno sport per giovani, è giunto il momento di cambiare idea. Quest?anno infatti la serie A dedica la stagione ai nonni. La competizione si chiama “Campionato Aic della solidarietà”, dove Aic sta per Associazione italiana calciatori, l?organismo che grazie alla testardaggine della responsabile comunicazione Giulia Mancini ha messo in piedi l?iniziativa. Tra poco sul sito dell?associazione (AIC) sarà pubblicato il bando per i 18 progetti che a dicembre saranno accoppiati a ognuna delle squadre della massima serie. Il comitato scientifico che provvederà alla selezione è formato da Candido Cannavò, ex direttore della Gazzetta dello sport, Giorgio Fiorentini, docente di Economia della cooperazione e delle organizzazioni non profit alla Bocconi, e da Valerio Melandri, professore dell?Università di Bologna ed esperto di fund raising. Le proposte da inviare entro il 30 novembre dovranno riguardare gli anziani.


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