Welfare

Imparare l’economia per gestire la crisi Covid

Possedere competenze finanziarie anche di base può rivelarsi cruciale per affrontare gli urti economici, compreso quello del coronavirus. Lo spiega bene Anna Maria Lusardi, direttrice del Comitato EcoFin per l’educazione finanziaria

di Redazione

Il lockdown dovuto al Coronavirus ha messo in ginocchio molti, e ora che la pandemia è tornata ad avere numeri preoccupanti i rischi di una ricaduta sono ancora maggiori per le finanze di imprese e famiglie. Il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria (Comitato EduFin) è stato al lavoro in questi mesi per capire l’incidenza della crisi sanitaria sulla situazione finanziaria dei cittadini e mettere in campo iniziative utili ad affrontare con adeguate competenze le difficoltà del momento. Il “Mese dell’educazione finanziaria”, promosso a ottobre dal Comitato EduFin, quest’anno alla terza edizione, ha puntato a dare strumenti ai cittadini per fronteggiare la crisi, attraverso ben 600 eventi e la costante attività documentata sul portale Quellocheconta. La consapevolezza e l’acquisizione di conoscenze in ambito finanziario, infatti, si rivelano fondamentali per affrontare meglio i momenti di difficoltà come quello attuale. Soprattutto per le donne e i giovani, i più colpiti dalla crisi anche economicamente. Delle problematiche specifiche e delle possibilità per uscirne abbiamo parlato con Anna Maria Lusardi, economista e direttore del Comitato EduFin.

Direttore Lusardi, secondo un recente sondaggio promosso dal Comitato insieme alla Doxa, quasi il 60% delle famiglie italiane dichiara di arrivare con difficoltà alla fine del mese, e il 36,6% già prima del Covid non disponeva di risorse sufficienti ad affrontare senza reddito un periodo superiore a due mesi. Cos’altro è emerso dalla vostra indagine?
Noi già a marzo abbiamo commissionato alla Doxa una raccolta di dati sulla situazione finanziaria degli italiani e sulla loro resilienza finanziaria, cioè la capacità di resistere a un urto senza rompersi, ma anzi reagendo per migliorare. Innanzitutto abbiamo capito che la fragilità finanziaria esisteva anche prima della crisi; molti nuclei familiari hanno riferito che non sarebbero stati in grado di reggere l’urto di una crisi anche di limitate dimensioni. È quindi un problema strutturale che con la pandemia si è aggravato. Abbiamo anche scoperto che le conoscenze finanziarie si sono rivelate uno scudo per far fronte agli shock. Chi ha una conoscenza finanziaria di base ha anche maggiore resilienza finanziaria. Inoltre, molti studi ci dicono che chi ha conoscenze più approfondite dei principi finanziari gestisce meglio le proprie finanze, investe meglio sul mercato, si indebita di meno, investe di più sull’istruzione dei figli. Oggi possiamo dire che l’educazione finanziaria aiuta anche ad affrontare le crisi e l’incertezza, quindi è diventata sempre più una conoscenza necessaria per tutti. Per fare un’analogia, le lezioni di vela e navigazione dimostrano la loro utilità quando il mare è in tempesta.

Quali sono le fasce più a rischio con il coronavirus?
Dal nostro studio sono emersi due gruppi da tenere in particolare considerazione: i giovani e le donne, perché si sono rivelati più fragili durante la crisi, e la fragilità si paga. Ma se la prevenzione è meglio della cura, dobbiamo investire di più su di loro. Oggi abbiamo l’opportunità di reimmaginare il nostro futuro. Non dobbiamo ambire a tornare al normale, perché il “normale” già prima non andava bene: dobbiamo fare meglio. Occorre investire nei giovani, perché sono il nostro futuro, e nelle donne, perché hanno portato il peso della crisi sulle proprie spalle, aiutando così l'economia. Se non si investirà in questi gruppi, non ci sarà una vera ripresa.

Oggi possiamo dire che l’educazione finanziaria aiuta anche ad affrontare le crisi e l’incertezza, quindi è diventata sempre più una conoscenza necessaria per tutti. Per fare un’analogia, le lezioni di vela e navigazione dimostrano la loro utilità quando il mare è in tempesta

Ottobre è stato il mese dell’educazione finanziaria. In che termini giovani e donne sono stati coinvolti?
Il mese raccoglie in pieno la missione contenuta nel nostro nome, “Comitato per la programmazione e il coordinamento dell’educazione finanziaria”. La maggioranza delle iniziative del mese sono indirizzate a giovani e bambini, soprattutto nelle scuole. Per i piccoli abbiamo anche organizzato un contest chiamato “I colori del risparmio”: i bambini ci mandano i loro disegni sul tema del risparmio, che poi diffondiamo sui social. Abbiamo anche definito delle linee guida per l’educazione finanziaria dei giovani, con contenuti mirati all’interno dell’educazione civica a partire già dalle elementari. Abbiamo anche lanciato il concorso “un’idea per il futuro”: si tratta di sviluppare un’app per consentire agli studenti universitari di insegnare educazione previdenziale ai coetanei. Abbiamo poi sviluppato le linee guida per l’educazione finanziaria per gli adulti. Una prima applicazione è un grande progetto con Soroptimist e Banca d’Italia, e stiamo valutando ulteriori iniziative specifiche.

Che cosa serve per sensibilizzare le persone sul tema dell’educazione finanziaria?
Per essere veramente efficace, l’educazione finanziaria deve partire a livello locale, dalle persone e dai loro bisogni. Di recente, alcuni sindaci in alcuni piccoli paesi hanno realizzato iniziative e conferenze sul tema per tutti i cittadini dei loro Comuni. Questo è un modo utile di fare educazione finanziaria, un modo anche per prevenire quei problemi che in futuro i sindaci potrebbero trovarsi ad affrontare. Mi riferisco a problemi di povertà, retraining e formazione, incluso il processo di sostegno all’imprenditorialità e ai giovani.

Cos’hanno in comune l’educazione finanziaria e il retraining dei lavoratori?
La gente normalmente pensa che educazione finanziaria significhi parlare di investimenti in borsa, invece coinvolge tutte le decisioni che prendiamo e che hanno implicazioni per le nostre finanze, compresa l’istruzione. Come diceva Benjamin Franklin, infatti, “L’investimento in conoscenza paga il più alto tasso di interesse». Questo è vero a maggior ragione nel 21esimo secolo. Investire in istruzione e nelle conoscenze finanziarie è fondamentale. Nel sondaggio Doxa abbiamo misurato anche il livello di conoscenza finanziaria degli italiani, quanto ne sanno per esempio del tasso di interesse composto, dell’inflazione, del rapporto rischio-rendimento. Risultato: le nostre conoscenze sono molto basse, troppo basse per pensare che ci possano davvero aiutare nel mondo di oggi. Ormai basta un clic per aprire un conto corrente o per svuotarlo completamente!

Le nostre conoscenze sono molto basse, troppo basse per pensare che ci possano davvero aiutare nel mondo di oggi. Ormai basta un clic per aprire un conto corrente o per svuotarlo completamente!

In tema di educazione finanziaria quali sono i punti di maggiore fragilità degli italiani?
Purtroppo le statistiche ci confermano che gli italiani non se la cavano bene, sia in termini di conoscenze che di competenze. Nonostante il nostro sia un Paese di risparmiatori, questo risparmio è molto diseguale. In tempi recenti il risparmio è aumentato, perché all’aumentare dell’incertezza le persone mettono via più denaro, ma questi soldi vengono lasciati sui conti correnti. Un dato in particolare è rilevante: il 25% degli italiani non ha obiettivi di medio e lungo periodo. Questo comporta vari rischi: il primo è che le scelte basate solo su un orizzonte breve possono essere affrettate, ed è molto più probabile fare errori se si guarda solo al presente. In generale, pochi in Italia hanno pensioni integrative, eppure in un Paese che invecchia e in cui le pensioni saranno sempre più magre, questo espone a dei rischi notevoli. Inoltre, tutti i Paesi in questo periodo si sono indebitati, e questo crea dei forti vincoli per il futuro. C’è anche il tema assicurativo: soprattutto in un contesto di pandemia, avere un’assicurazione aggiuntiva può essere utile per essere pronti ad affrontare imprevisti…


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