Sostenibilità & impegno
ImpactWeek, salviamo l’Agenda 2030
Terza e ultima giornata, a Torino, della settimana dedicata all'impatto e alla filantropia strategica da Evpa divenuta Impact Europe. Un raduno di 1.001 specialisti da tutto il mondo. Ascolta i podcast con Davide Dal Maso, sul progetto del Social Stock Exchange sotto la Mole, e Alessia Gianoncelli, sul bilancio della tre giorni internazionale
«See you, next year in Bilbao», si sente dire nello sciamare cordiale dei mille della ImpactWeek 2023 dalle Officine Grandi Riparazioni-Ogr di Torino. È un arrivederci nella “capitale” basca, dove si svolgerà appunto l’edizione 2024, che si scambiano i protagonisti dell’impatto e della filantropia strategica arrivati per tre giorni in Italia. «Per la verità erano 1.001», spiega, dati di registrazione alla mano, Alessia Gianoncelli, direttrice dei programmi e della ricerca della European venture philantropy association – Evpa, da oggi Impact Europe.
Gianoncelli ha animato, dal palco centrale e nelle altre location, molti momenti di questa tre giorni, apertasi il 22 novembre scorso e chiusasi oggi. Lo ha fatto con una simpatia magnetica, e molto contenta d’aver condotto i vertici di Evpa a Torino, che è la sua città. «Siamo molto soddisfatti», racconta a VITA, «innanzitutto perché è stata la conferenza che abbiamo organizzato col maggior numero di partecipanti, un dato abbastanza storico, emblematico e questo dimostra che c’è un’attenzione sempre crescente al mercato degli investimenti a impatto». È soddisfatta, Gianoncelli, anche per la qualità delle presenze internazionali: «C’era una folta delegazione dei Paesi Mena (Medio Oriente e Nord Africa) e altri Paesi partner soprattutto dell’Est europeo: quindi abbiamo avuto modo di combinare più comunità». A Torino c’erano anche tante imprese sociali: «Una grandissima partecipazione: a loro abbiamo dedicato sessioni in cui hanno potuto presentare le loro idee e le loro soluzioni». Ma a entusiasmare la direttrice della ricerca la presenza dei giovanissimi (cfr. l’articolo di ieri)
«erano una ventina di ragazzi di 20 anni, grazie ad un’iniziativa di Compagnia di San Paolo e Cooperativa Doc: hanno fatto un percorso di formazione prima della conferenza per essere in grado di partecipare attivamente. La cosa che più mi ha stupito è che, quando ci siamo conosciuti, ho pensato di spiegare loro cosa fossero gli Sdg e, invece, tutte le risposte che hanno dato erano assolutamente già rivolte all’impatto con un pensiero di lungo periodo, a cui erano già preparati, con tanta voglia di partecipare con tanta voglia di essere coinvolti nelle decisioni sul futuro che alla fine sarà anche il loro».
Aspettando il Social Stock Exchange
Oggi è stato anche il giorno in cui si è riparlato della Social Stock Exchange, la Borsa dell’impatto sociale, il cui progetto è guidato il Torino Social Impact. Davide Dal Maso, partner di Avanzi, storico team di professionisti impegnato da oltre 20 anni nella sostenibilità, nella rigenerazione urbana e nell’impatto, lavora al progetto torinese che, nella primavera scorsa, ha prodotto i primi risultati:
«Ci siamo dedicati a un esercizio di quotazione simulata», spiega a VITA, individuando otto imprese, che provengono dal mondo della cooperazione sociale, dell’impresa sociale, delle società benefit delle B Corp. Quindi, differenziando il campione in termini di natura giuridica, dimensione, settore e assetti proprietari, li abbiamo accompagnati in un processo di quotazione simulata, facendo cioè tutte le cose che un’impresa deve fare per quotarsi». Quello che i progettisti sociali ora stanno facendo «è lavorare di più sul lato dell’offerta di capitali e quindi stiamo dialogando con gli investitori istituzionali, pubblici e privati, per capire se e a quali condizioni sono disposti a partecipare al gioco».
Il sogno di molti italiani, soprattutto torinesi, presenti a questa ImpactWeek, è di vedere il Social Stock Exchange rianimare il palazzo della vecchia Borsa torinese, chiuso da tempo.
I protagonisti: Mario Calderini
Uno che messo la faccia in questo progetto, e che ne è in qualche modo il porta bandiera, è Mario Calderini, forse la testa più lucida dell’impatto e dell’innovazione sociale italiana e non solo. Come portavoce del Torino Social Impact, come torinese d’elezione, come professore del Politecnico di Milano, come inventore del think tank Tiresia, Calderini non poteva mancare a queste giornate di Evpa.
Lo abbiamo seguito nell’attigua sede del Cottino Social Impact Campus, content partner della ImpactWeek – spazi arredati con gusto, un’aula “agorà” con le pareti scrivibili – a ragionare di valutazione di impatto, “per guardare oltre la reportistica di compliance”, e per capire come “passare dalla sostenibilità all’impatto”. Con lui Karim Harij direttore dei Programmi di misurazione di impatto alla Said Businnes School di Oxford, Karen Wilson, founder e ceo di GV Partners, i venture capitalist sociali, e Marella Caramazza, d.g. di Istud, acquisita di recente da Fondazione Cottino, che si accinge così a diventare uno dei massimi poli europei per la formazione all’impatto sociale.
Ma la terza e ultima giornata, è stata anche quella degli workshop in cui i 1.001 si sono raggruppati, confrontati, consultati. Si è parlato di “catalizzare l’inclusione economica”, di “ong come investitori a impatto”, di “investire in biodiversità” e di molto altro. Con una partecipazione attenta e attiva.
Sdg, quei goals da raggiungere
Pur immersi nelle singole tematiche, ognuno per le proprie competenze e interessi, i 1.001 parevano alla fine tutti consapevoli del fatto che la sfida dei prossimi anni sarà – se n’è parlato molto il primo giorno – salvare il salvabile dell’Agenda 2030, da molti, troppi Paesi data ormai per inapplicabile, sovente accompagnando questa previsione col fatalistico richiamo ai due anni di pandemia.
Lo conferma anche Gianoncelli che, sempre energica e sorridente, è un ottimista strutturale: «Siamo ancora molto lontani (dagli obiettivi dell’Agenda, ndr) perché, si dice, “mancano le risorse”. Noi sappiamo però che le risorse ci sono, serve a noi attirarle all’interno di questo mercato. Per farlo ci servono tutti gli attori seduti al tavolo: pubblici privati, banche, fondazioni, fondi, investimento, investitori tradizionali, istituzionali».
Insomma, una cosa che deve iniziare appena varcato il portone delle Ogr, incrociando gli studenti, talvolta i neo-laureati che, dal vicino Politecnico, vengono a festeggiare nello scicchissimo caffè dell’ex-scalo ferroviario che non poteva non chiamarsi Snodo. Un impegno che aspetta tutti. Ora.
Parafrasando un vecchio slogan della politica italiana anni ’70, si potrebbe dire: «Al lavoro e all’impatto».
Ascolta i podcast.
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