Finanza
Impact investing, un modello da ripensare
L'industria finanziaria orientata a generare impatto sociale e ritorno economico radunata a Catania per la quinta edizione del Social Enterprise Open Camp (Seoc). Un'occasione per mettere a fuoco le ragioni di un cambio di direzione
C’è aria di ripensamento nell’impact investing. L’industria finanziaria orientata a generare impatto sociale e ritorno economico radunata a Catania per la quinta edizione del Social Enterprise Open Camp (Seoc) non nasconde alcuni limiti del suo business model. In apertura dell’evento Uli Grabenwarter – direttore degli investimenti in equity dell’European Investment Fund – ha riproposto i contenuti di un suo Ted Talk che lo ha reso famoso nella community dove ammetteva che l’impatto generato da queste risorse è limitato e quindi servono nuovi mix. Gli ha fatto eco Felice Scalvini – già fondatore del modello dell’impresa sociale e di altre iniziative a supporto del Terzo settore – che sostiene la necessità di dar vita a un “capitale filantropico” sottraendolo dagli appetiti del capitalismo, anche di quello benevolo. Non sorprende quindi che Elena Casolari – animatrice dell’incontro e co-founder del fondo impact Opes Italia Sicaf – abbia chiesto a se stessa e ai colleghi dell’ecosistema quanto siano davvero “brave and bold” (coraggiosi e audaci) nel ricercare, e rischiare, sull’impatto.
La risposta ai dubbi dell’impact investing non viene solo dall’autovalutazione di chi apporta queste risorse, ma anche da chi le domanda. Si tratta di imprenditori, imprenditrici e imprese sociali e a impatto che non sono solo il pubblico del Seoc, ma una vera e propria intelligenza collettiva che sa dare il meglio di sé durante i workshop dove si lavora per consolidare e fare crescere pratiche promettenti selezionate dagli organizzatori.
Ecco forse gli investitori a impatto potrebbero trovare soluzione guardando a queste “buone pratiche”. Che cosa rappresentano a livello di intenzionalità trasformativa capace di generare nuove economie sostenibili e inclusive? Ecco alcune risposte dai gruppi di lavoro. Re_Esistente, ad esempio, vuole rifondare il modello dell’impresa di comunità investendo su infrastrutture abitative capaci di favorire l’insediamento di nuovi abitanti nell’area metropolitana bolognese. O ancora Kirion che vuole creare una piattaforma in grado di attrarre risorse migranti stem per dare sostanza agli approcci diversity & inclusion delle aziende. Oppure Liquid Therapy che propone un modello di terapia sportiva contro il disagio psichico attraverso il surf.
L’impatto quindi sta negli asset materiali e soprattutto immateriali di comunità che stanno rimescolando le carte dell’appartenenza territoriale. O in modelli d’incontro tra domanda e offerta che innovano strategie legate al capitale più prezioso, perché raro e volubile rispetto alle organizzazioni, cioè quello umano. E non da ultimo l’impatto risiede in un cambiamento dei modelli di cura attraverso risorse culturali e ricreative non come semplice “integratore” rispetto agli approcci medicali tradizionali. Tutto questo peraltro con una crescente validazione scientifica degli impatti generati a livello di benessere personale e capacitazione delle comunità.
Basterà a rilanciare un nuovo ciclo di vita dell’impact investing? Dipenderà anche dalla presenza di nuovi luoghi d’incontro come il Seoc o come l’infrastruttura di social procurement che Elis Innovation Hub sta costruendo. Imprese corporate come Open Fiber e Sace potranno così interagire con imprese sociali e impatto sia per le loro forniture ma anche per coltivare un’ibridazione di modelli e culture senza la quale nessuna trasformazione positiva e duratura sarà possibile.
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