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Immigrazione: l’Europa dei continui rinvii

Oggi 24 marzo la seconda giornata del Consiglio europeo che, sul tema immigrazione, non sta andando come previsto: «La risposta dell’Unione europea è stata tiepida, deludente. E l’intento dei governi europei è, più o meno, lo stesso: buttare i rifugiati sul terreno del vicino», spiega Maurizio Ambrosini ordinario di sociologia dell'Università degli Studi di Milano. «E attenzione ai messaggi fuorvianti: l'Italia non è un campo profughi come vogliono far credere, noi accogliamo meno di altri Paesi europei»

di Anna Spena

Oggi 24 marzo la seconda giornata del Consiglio europeo. «Un primo banco di prova è certamente rappresentato dal tema dell’immigrazione», aveva dichiarato la premier Giorgia Meloni. Ma il dossier immigrazione è davvero diventato un tema centrale in Europa? L’abbiamo chiesto a Maurizio Ambrosini, professore dei processi migratori e politiche migratorie all'Università degli Studi di Milano.

Il dossier immigrazione è davvero diventato un tema centrale in Europa?

Il consiglio non è ancora finito quindi non possiamo escludere sorprese o colpi di scena. Però l’Italia era partita con molta enfasi ritenendo di poter indurre i partner europei a prestare attenzione al dossier immigrazione…

Invece?

La risposta dell’Unione europea è stata tiepida, deludente. Si è parlato di sostegno all’Ucraina, di industria, ma sul tema migranti si è detto davvero poco. Certo l’Italia rivendica di aver ricevuto raccomandazioni e garanzie. Ma lo ripete a fine di ogni incontro, non è una pratica comune solo al governo Meloni. In realtà il tema asilo rimbalza da un vertice all’altro senza che si prendano decisioni effettive. Quello che mi sembra preoccupante, guardando non solo il Consiglio europeo ma anche alle mosse della presidente della commissione Ursula von der Leyen, è che c’è una convergenza di fatto e di approccio tra le istanze italiane e l’evoluzione delle politiche dell’Unione su questo dossier. Anche Ursula von der Leyen parla di “rafforzamento dei confini esterni” e di incrementare le procedure di rimpatrio e renderle più veloci. Il termine rimpatrio poi viene usato sempre con più enfasi e frequenza. C’è poi certamente da affrontare la questione dei movimenti secondari e della solidarietà nei ricollocamenti, e in ultima istanza, seppur tenue e accennata, l'apertura sul rilascio dei visti per ingressi di lavoro e i corridoi umanitari.

Qual è il tema vero?

Che i governi dell’Unione europea sul dossier immigrazione tendono tutti ad essere un po’ sovranisti. Alcuni in modo sbracato e maldestro, altri con toni più felpati e apparentemente rispettosi dei diritti umani. L’intento di tutti è, più o meno, lo stesso: buttare i rifugiati sul terreno del vicino.

Non vogliono accogliere?

Non dico questo, sarebbe ingeneroso. Ricordiamo che nel 2022 la Germania ha accolto 218mila richieste d’asilo, la Francia 137mila, 116mila la Spagna. In Italia invece sono state presentate solo 77mila richieste di protezione internazionale. I dati dimostrano che ci sono Paesi molto più accoglienti dell’Italia. Però la volontà politica sembrerebbe essere quella di ridurre l’impegno umanitario, o almeno contenere gli arrivi, e far in modo che a farsi carico dell’accoglienza sia qualcun altro. Poi siamo anche davanti a un paradosso.

Quale?

L’Italia chiede sostegno nella ridistribuzione dei migranti, ma i principali alleati del governo Meloni sono proprio i governi contrari a qualunque ipotesi di ridistribuzione volontaria. Ecco l’Italia dovrebbe convincere i governi che definisce amici ad accogliere una parte di rifugiati invece di lanciare richieste generiche e accuse facendo credere che le chiusure dipendano dai Paesi dell’Europa occidentale.

Come usciamo dall’impasse?

Ne usciamo con l’ennesimo rinvio. Ma il rischio è che, quando e se verranno prese decisioni, saranno a discapito delle persone. Verranno dati fondi alla Turchia e alla Tunisia perché blocchino i transiti, o anche al Niger che è un altro Paese beneficiario delle politiche di contrasto dei transiti. In pratica si pagano gendarmi di frontiera per fare il lavoro sporco e bloccare chi fugge da Afghanistan, Siria e altri Paesi in guerra.

Cosa dobbiamo ricordare o sottolineare quando parliamo di accoglienza e immigrazione?

L’Italia, a differenza del messaggio che vogliono far passare, non è un campo profughi. E noi accogliamo molto meno di altri Paesi europei. Che i rifugiati arrivano in molti modi, e non solo sui barconi. Che gli sbarchi sono sicuramente aumentati ma non siamo davanti a nessuna emergenza, basti ricordare il 2016, quando il Paese ha ricevuto oltre 170mila domande d’asilo. E poi dobbiamo smetterla di fare confusione tra rifugiati e immigrati: in Italia vivono 5 milioni e 390mila immigrati regolari, e il 30% degli italiani pensa che più della metà arrivi con gli sbarchi: tutta fantasia drammatizzante.

Credit Foto Agenzia Sintesi

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