Welfare

Immigrazione, le Regioni in ritardo di dieci anni

Solo sei su venti hanno recepito il Testo unico del 1998

di Francesco Dente

A più di dieci anni dall’approvazione del Testo unico sull’immigrazione sono soltanto sei le Regioni che hanno licenziato la normativa di adeguamento alla legge Turco-Napolitano. L’ultima il Lazio che, con la legge 10 del 2008, si è accodata a Puglia, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Liguria. Il risultato poco entusiasmante emerge da uno studio condotto dall’Isfol e coordinato dal responsabile dell’area Welfare dell’istituto di ricerca, Antonello Scialdone. La ricerca prende in esame il fenomeno migratorio analizzando il contesto europeo e nazionale e le normative regionali.
Ma quali sono le competenze assegnate alle Regioni dal decreto legislativo 286 del 1998? Ai singoli territori, in sostanza, è affidato il compito di attivarsi per rendere effettivi quei diritti di carattere sociale – sanità, abitazione, assistenza, scuola ecc – che rappresentano la condizione imprescindibile per l’effettiva integrazione degli immigrati. Un compito, tuttavia, che le Regioni non sembrano aver preso particolarmente a cuore. Nonostante, per dirla con Scialdone, si tratti di un tema che non consente «rinvii o elusioni di responsabilità». La maggior parte delle leggi regionali in tema di immigrazione è stata approvata infatti prima del Testo unico del 98. Poi nulla o poco più. Una situazione per certi versi paradossale. Specie se si tiene conto della riforma costituzionale del 2001 che ha ribaltato l’assetto dei poteri fra Stato e Regioni. Per farla breve, le Regioni hanno legiferato in materia di più quando la competenza sull’immigrazione era espressamente elencata fra quelle di competenza dello Stato che non dopo la riforma. Ora infatti, come ha spiegato la Consulta, si interseca con altre competenze regionali.
Lo studio dell’Isfol prende in considerazione le leggi regionali pre e post Turco-Napolitano. La legislazione regionale, quanto al primo periodo, ha svolto «un ruolo di estrema importanza, introducendo all’interno dell’ordinamento il tema dell’integrazione sociale e prefigurando le linee direttrici e i settori di intervento». La ricerca evidenzia la difformità di attuazione che le norme hanno avuto nei diversi contesti.
Più dettagliata la parte dedicata alle normative regionali che invece hanno recepito il decreto legislativo 286. Accanto agli approfondimenti sui singoli settori di intervento regionale (casa, sanità, scuola ecc) sono riportate le valutazioni degli attori territoriali, effettuate mediante focus group. Fra le Regioni prese in considerazione anche la Puglia che si è adeguata non con una norma ad hoc ma con la legge sul sistema integrato sui servizi sociali (19/2006) che ha introdotto disposizioni in materia d’immigrazione. L’Isfol rileva alcuni elementi caratterizzanti le leggi di attuazione: la concezione dell’immigrazione come risorsa e non come problema; la previsione di programmi triennali, delle consulte e di osservatori per il monitoraggio; la creazione di strutture reticolari per la gestione associata dei servizi (l’Abruzzo in particolare); la necessità di adeguare l’amministrazione alle esigenze degli immigrati. Unico aspetto critico messo in evidenza: il rapporto «non chiaro» fra Centri territoriali per l’immigrazione e amministrazioni regionali.


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