Cultura

Immigrazione: gli immigrati non sono merce da lavoro

Ecco il testo integrale della posizione della Federazione SCS/CNOS, cui hanno dato la propria adesione anche il VIS e l' ACS (Associazione Cooperatori Salesiani)

di Redazione

La Federazione SCS/CNOS (Servizi Civili e Sociali del Centro Nazionale Opere Salesiane), che coordina le attività salesiane italiane nel campo del disagio ed emarginazione giovanile e da anni segue il servizio civile e promuove iniziative di Volontariato europeo, intende affermare con forza il diritto inviolabile di ogni individuo ad essere riconosciuto come persona e l?imprescindibile dovere morale di una società e di tutte le sue istituzioni a far sì che tale diritto venga a tutti garantito.
Si oppone pertanto ad ogni visione strumentale dello straniero, ridotto a soggetto utile, solo se e fino a quando produce ricchezza.
Come Salesiani e laici che operiamo nei servizi sociali, intendiamo affermare che l?accoglienza dell?altro e soprattutto del ?diverso da noi? per cultura e tradizioni, oltre ad essere un dovere evangelico, è una ricchezza per la nostra società e per il nostro paese.
Come educatori dei giovani, non possiamo in alcun modo accettare una visione dello straniero come pericolo e minaccia. Siamo convinti che la vita dei giovani debba essere aperta all?accoglienza solidale dell?altro.
Chiediamo che il fenomeno venga affrontato e regolamentato con equità, giustizia e chiarezza, ma senza allarmismi o posizioni demagogiche.
A tal fine, assumiamo e sottoscriviamo le preoccupazioni, in merito al disegno di legge n. 795 ?Modifica della normativa vigente in materia di immigrazione e di asilo?, espresse da altri enti ed associazioni italiane.

In particolare:
Non condividiamo la filosofia di fondo: come se ci si trovasse nella necessità di far fronte a un pericolo incombente di ?invasione? da parte di popoli a crescita demografica sproporzionata rispetto alla nostra, o nella necessità di ?contrastare? i flussi in arrivo, come se si dovesse contrastare un ?nemico?. L?immigrazione non è un pericolo, ma una seria questione sociale da affrontare con logica di sistema. Non si tratta di filtrare gli immigrati, lasciando passare solo ciò che può ?esser utile? o solo quanto ?ci serve?, piuttosto si tratta di gestire un fenomeno complesso. Ci rifiutiamo, come cristiani e come educatori, di identificare lo straniero con il clandestino.

Non condividiamo l’altro pilastro del provvedimento: la centralità del ruolo lavorativo nella sua accezione più brutalmente economica e privatistica, non come attributo della persona, ma come bisogno dell’impresa, come mera funzione produttiva, che trasforma la persona in appendice della funzione produttiva. Sinceramente, ci saremmo augurati di non doverci più confrontare con tali visioni economico-sociali, vecchie e stanche.
Non ci sembra giusto legare la regolarità della permanenza in Italia degli stranieri a un contratto di lavoro, esclusivamente per il periodo della sua durata, e dar vita all?inedito istituto del contratto di soggiorno per lavoro, un istituto negoziale privato, siglato tra datore di lavoro e immigrato in un ufficio pubblico e assunto come condizione sine qua non per ottenere il permesso di soggiorno (la possibilità di ?esistere? sul nostro territorio), un contratto di lavoro (tra privati) come condizione per il riconoscimento (pubblico) dello status di persona. E per chi non avrà il privilegio di essere incorporato come mezzo produttivo in un’impresa, o per chi perderà per qualche ragione questo privilegio, l’espulsione.
Ci sembra inoltre che la precarietà del suo status – confermata da una serie di norme di difficile applicazione – lo espongano a possibili pressioni da parte del datore di lavoro, eventualmente senza scrupoli, essendo stati ridotti a sei i mesi di soggiorno per trovare un’altra occupazione, in caso di perdita del posto.

Non condividiamo le disposizioni per i richiedenti asilo: un abbattimento che diventa feroce nel caso del diritto d’asilo, per i cui richiedenti è previsto, nel caso di domande che appaiano ex origine ?manifestamente infondate? (Chi lo giudica? Chi lo decide?), l’internamento nei Centri di permanenza provvisoria (i famigerati luoghi di detenzione arbitraria introdotti dalla legge 40 Turco-Napolitano). Questo diritto, sancito dalla Costituzione – come ci ricorda la Caritas – non può essere affrontato in forma di due articoli di emendamento a una normativa dichiaratamente provvisoria e datata. Auspicando una legge “che tenga conto delle proposte di direttive europee”, ci associamo alla Caritas, laddove definisce “decisamente sproporzionate le misure previste nel ddl, quali il trattenimento del richiedente, secondo tempi, modalità e criteri non definiti e l’introduzione di procedure accelerate e sommarie. Perplessità suscita, tra l’altro, la composizione delle commissioni decentrate che dovrebbero decidere il riconoscimento dello status di rifugiato”.

Espulsioni facili e addio allo sponsor: l’espulsione con accompagnamento alla frontiera, senza una sentenza del giudice, contrasta con i principi costituzionali. Sollecitiamo un equilibrio più soddisfacente tra l’efficacia nel contrasto dell’immigrazione clandestina e il rispetto delle garanzie costituzionali, per cui non si può negare qualsiasi effetto sospensivo all’eventuale ricorso contro il provvedimento d’espulsione. Un’altra, discussa proposta di modifica consiste nell’abolizione della possibilità di entrare in Italia con un visto di ingresso per ricerca di lavoro, attraverso la prestazione di idonee garanzie da parte di un cittadino italiano (o straniero già regolarmente residente), che funge da ?sponsor?.

Esprimiano, infine, viva preoccupazione e richiediamo una seria riflessione socio-politica per una situazione particolare del fenomeno migratorio: i minori stranieri non accompagnati. C?è urgente bisogno di una chiara linea politica di intervento, che veda al primo posto l?interesse ed il bene del minore.
Proprio oggi che il disegno di legge inizia il suo iter parlamentare, ci auguriamo che venga realizzata una riflessione pacata e approfondita, che tutte le posizioni possano esprimersi, che si presti attenzione alla dignità della persona, coniugando giustizia e solidarietà.

Noi, come operatori del sociale, continueremo a servire la persona e soprattutto i minori realizzando percorsi di accoglienza e integrazione.

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