Welfare
Immigrazione, fermiamo la politica degli spot
Di fronte a un fenomeno in crescita come quello migratorio la politica governativa non può continuare a tentennare, cambiando direzione a ogni cambio governativo. Il patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare promosso dall’Onu, giuridicamente non vincolante impegna però gli Stati e rappresenta un fondamentale riferimento per delineare una governance dei movimenti migratori
di Nino Sergi
Succedendosi con una certa rapidità, i governi italiani di quest’ultimo decennio hanno affrontato il tema dell’immigrazione a singhiozzo, in modo discontinuo, limitandosi a interventi urgenti, rispondenti sempre a problematiche particolari, senza mai rispondere alla pur pressante esigenza di una politica complessiva e lungimirante per il governo dei flussi migratori, non limitata alle esigenze della sicurezza, del controllo e dei respingimenti.
Ora il nuovo Governo giallo-verde ha messo l’immigrazione tra i principali punti del contratto di maggioranza e si sta muovendo in modo deciso sia a livello interno che a livello europeo e nei rapporti bilaterali con alcuni Paesi terzi. Si tratta, ad ogni evidenza, di un modo anche troppo risoluto, che potrà dare qualche risultato in termini di normative più stringenti e maggiori controlli ma che rischia di perpetuare la tendenza a non affrontare il vero tema: il governo dell’immigrazione.
Su questo fenomeno complesso ed in crescita la politica governativa non può più continuare a tentennare, cambiando direzione ad ogni avvicendamento di Esecutivo. Si tratta di un tema vitale per le nostre società presenti e future che, come avviene per le più rilevanti questioni di politica estera, dovrebbe imporre a tutti di trovare un denominatore comune, che garantisca le legittime differenti convinzioni, sensibilità, priorità e scelte politiche, mantenendole però lungo un comune filo conduttore a vantaggio di tutti, indipendentemente dalle alternanze di governo. Si tratta inoltre di una materia che, più che di decisioni estemporanee, necessita di analisi, valutazioni, visioni, strategie e, come giustamente ripetuto dall’Italia, del concorso di tutti gli stati europei ma anche della comunità internazionale espressa particolarmente dalle istituzioni delle Nazioni Unite.
Può esserci un denominatore politico comune?
Ritengo che si possa e si debba provare a trovarlo. Benché in questa fase la propaganda politica sembri aver preso il sopravvento, favorendo la contrapposizione e spegnendo ogni possibilità di dialogo e approfondimento, rimane pur sempre nei membri del Governo il senso delle istituzioni. Su di esso occorre fare leva per cercare di aprire porte al dialogo.
In occasione dell’apertura della 73ᵃ Assemblea generale dell’Onu a New York molte sono in questi giorni le iniziative di approfondimento del Global Compact, patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare promosso dall’Onu, il cui testo finale è il risultato di ampie e approfondite analisi, consultazioni, negoziazioni, mediazioni intergovernative e con le parti coinvolte a livello internazionale. Esso sarà adottato formalmente a Marrakech nel summit dei capi di Stato e di Governo dei 10-11 dicembre 2018.
Si tratta di un patto giuridicamente non vincolante ma che impegna gli Stati Parte e rappresenta un fondamentale riferimento per delineare una governance dei movimenti migratori, proponendo una visione globale, principi e obiettivi condivisi e un quadro d’azione coerente con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Può essere il Global Compact il denominatore su cui basare le politiche governative e quelle europee?
La risposta dovrebbe essere affermativa, con la formale adesione dell’Italia e degli altri Stati europei al patto globale, dopo i solenni impegni assunti insieme ai capi di Stato e di Governo di tutto il mondo nel 2016.
I 10 principi guida su cui il Compact si basa possono così riassumersi: le persone al centro; indispensabilità della cooperazione nel dialogo; sovranità degli Stati; stato di diritto e protezione giuridica; coerenza con lo sviluppo sostenibile; validità dei diritti umani per tutti i migranti; uguaglianza di genere; attenzione all’infanzia; approccio governativo plurisettoriale e coerente; partnership multistakeholder.
Sono 23 gli obiettivi che impegnano la comunità internazionale e che guidano il vasto piano di azione che viene proposto per un governo sostenibile dei movimenti migratori.
È bene averli presenti perché impegneranno l’Italia e l’UE e dovranno quindi essere presi a comune riferimento nella definizione delle politiche migratorie:
1. Raccogliere e utilizzare dati affidabili, precisi e disaggregati;
2. Ridurre al minimo i fattori strutturali che costringono a lasciare il proprio paese;
3. Fornire informazioni accurate e tempestive in tutte le fasi del percorso migratorio;
4. Assicurare a tutti migranti un documento legale di identità;
5. Potenziare la disponibilità di vie regolari di migrazione;
6. Favorire le assunzioni con equità ed assicurare lavoro dignitoso;
7. Affrontare e ridurre le vulnerabilità nelle migrazioni;
8. Salvare le vite e coordinare gli sforzi sui migranti dispersi;
9. Rafforzare la risposta transnazionale contro i traffico di migranti;
10. Prevenire e combattere la tratta;
11. Gestire le frontiere in modo coordinato, sicuro, integrato;
12. Potenziare la certezza e prevedibilità delle procedure per l’esame e la valutazione dello status;
13. Utilizzare la detenzione solo come ultima risorsa e lavorare per soluzioni alternative;
14. Migliorare la protezione consolare, l’assistenza e la cooperazione lungo la rotta migratoria;
15. Fornire ai migranti l’accesso ai servizi di base;
16. Responsabilizzare i migranti e le società ai fini dell’inclusione e della coesione sociale;
17. Eliminare ogni forma di discriminazione e promuovere un discorso pubblico basato su dati e fatti reali ai fini della corretta percezione;
18. Investire nello sviluppo delle competenze e facilitare il mutuo riconoscimento di capacità, qualifiche, titoli di studio;
19. Creare condizioni perché migranti e diaspore contribuiscano allo sviluppo sostenibile in tutti i paesi;
20. Promuovere il trasferimento rapido, sicuro ed economico delle rimesse e favorire l’inclusione finanziaria dei migranti;
21. Cooperare per facilitare il ritorno sicuro e dignitoso, la riammissione e la reintegrazione;
22. Creare meccanismi per la portabilità delle prestazioni sociali e previdenziali;
23. Rafforzare la cooperazione internazionale e i partenariati globali per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
Mentre gli obiettivi rispecchiano la condivisa volontà degli Stati Parte di governare i movimenti migratori che riguardano 258 milioni di persone, il 3,4% della popolazione mondiale, il piano di azione indica strumenti che essi possono utilizzare nella loro sovranità ed autonomia, secondo le proprie priorità, opzioni e capacità.
Si può quindi affermare che il Global Compact può fornire alla politica italiana ed europea lo strumento per superare almeno in parte l’inconciliabilità delle posizioni contrapposte, indicando quel comune denominatore e quel filo conduttore su cui poggiare le decisioni, pur nelle legittime differenti convinzioni, priorità, scelte e modalità politiche. Può inoltre indicare il percorso per definire quella strategia politica complessiva e lungimirante di cui l’Italia ha estremo bisogno e nella quale inserire con coerenza i provvedimenti normativi: quelli sulla sicurezza insieme a quelli per la piena integrazione, la migrazione regolare, l’accoglienza ai fini della protezione, il lavoro, le seconde generazioni eccetera.
*Nino Sergi, presidente emerito di Intersos e Policy Advisor di LINK 2007
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