Economia

Immigrazione e finanziamento dello stato sociale in Svizzera

Quando si parla di immigrazione in Svizzera raramente si mette in evidenza il suo ruolo nel finanziamento dello Stato sociale attraverso il versamento dei contributi sociali obbligatori. Ancor più raramente si ricorda che spesso, per una parte importante degli immigrati, a questi contributi non corrispondono le prestazioni sociali per le quali sono stati versati

di Christian Marazzi

Quando si parla di immigrazione in Svizzera raramente si mette in evidenza il suo ruolo nel finanziamento dello Stato sociale attraverso il versamento dei contributi sociali obbligatori. Ancor più raramente si ricorda che spesso, per una parte importante degli immigrati, a questi contributi non corrispondono le prestazioni sociali per le quali sono stati versati. Ne ha parlato recentemente Jean-Pierre Tabin, esperto di politica sociale svizzera e prof. all'HES-SO di Losanna (“Quand l'Etat social profite des immigrés”, REISO.org, 15 maggio 2017).

Prendiamo l'esempio più eclatante, quello dell'AVS. Secondo l'Ufficio federale di statistica, il 72% delle persone di nazionalità straniera ha un'età tra i 20 e i 64 anni, contro soltanto il 58,8% della popolazione autoctona. Questa sovrarappresentazione degli stranieri nella popolazione attiva, non solo ha permesso di rallentare l'invecchiamento demografico, ma ha contribuito non poco ad alimentare finanziariamente l'AVS.

Se poi si guarda al famoso “rapporto di dipendenza delle persone anziane”, ossia il numero di persone attive che, versando i contributi, permettono di finanziare le rendite pensionistiche, ecco cosa si osserva: per l'insieme della popolazione residente, nel 2015 ci volevano 3,5 persone attive per assicurare la rendita di una persona in AVS. Il rapporto è molto diverso se si considera la sola popolazione straniera: in questo caso, 9 persone attive assicurano la pensione a una persona in AVS. Quindi, il problema della dipendenza finanziaria delle persone anziane riguarda esclusivamente gli autoctoni e per niente le persone di nazionalità straniera.

Dato che la questione del finanziamento delle rendite a partire dal “rapporto di dipendenza delle persone anziane” è stato al centro dei dibattiti della “previdenza vecchiaia 2020” come uno dei motivi centrali dell'aumento dell'età del pensionamento delle donne, forse sarebbe il caso di dire che senza la popolazione immigrata dovremmo andare tutti in pensione in età molto più avanzata. In ogni caso, basti ricordare che gli stranieri, rispetto agli autoctoni, versano nettamente di più di quanto ricevono in rendite.

C'è infine un problema di asimmetria rispetto ai diritti sociali per quanto riguarda una parte importante degli immigrati e gli autoctoni. In alcuni ambiti della sicurezza sociale, come le rendite invalidità, l'assicurazione per perdita di guadagno o le prestazioni complementari, il versamento dei contributi a partire dal primo salario percepito non dà diritto alle prestazioni sociali corrispondenti se non dopo alcuni anni di residenza (addirittura dieci anni consecutivi nel caso delle PC per gli immigrati non dell'UE o dell'AELS). Non male come contributo al finanziamento dello Stato sociale elvetico, no?

Christian Marazzi, economista, ha insegnato in diverse università europee e alla State University di New York. Attualmente insegna alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana

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