Il dibattito sul fundraising mi sollecita ad una breve riflessione su un aspetto cruciale (anzi fondativo) legato alla raccolta fondi ossia la formazione dei fundraiser.
Credo sia necessaria una nuova prospettiva.
Pensare di insegnare i principi e le tecniche della raccolta fondi è condizione necessaria ma non più sufficiente poiché l’evoluzione ed il cambiamento radicale in atto, hanno mutato tanto le aspettative e le abitudini dei donatori, quanto i modelli organizzativi, gli strumenti e il potenziale di fundraising delle Organizzazioni Non profit equesto, cambia profondamente la “funzione obiettivo” del fundraiser.
Raccogliere e orientare risorse per un progetto capace di produrre valore sociale oggi chiede di misurarsi con (almeno) 8 nuove sfide:
1 – Necessità di una maggior trasversalità delle competenze e di una maggior specializzazione settoriale
2 – Processo di ibridazione dei modelli organizzativi delle ONP (dimensione erogativa, di advocacy e produttiva tendono a miscelarsi )
3 – Integrazione fra finanza e fundraising
4 – Crescente esigenza di fundraising for equity
5 – Maggior peso del volontariato (con caratteristiche diverse da prima)
6 – Crescita del ruolo della filantropia strategica
7 – Riduzione dell’orizzonte temporale dei progetti (obiettivi concreti in tempi brevi )
8 – Crescente richiesta di generare un impatto (social impact) per la comunità di riferimento nel medio lungo periodo.
Ecco quindi che fare formazione sul fundraising, in questa fase storica, significa associare ad una rigorosa conoscenza dei principi e degli strumenti della raccolta fondi, una nuova narrazione, quella orienatata a recuperare e proporre nuove evidenze (di successo e fallimento), nuovi metodi e nuove strategie.
L’innovazione sociale diventa quindi una prospettiva fondamentale per il fundraiser, impegnato come prima a raggiungere obiettivi concreti per una buona causa ma con la speranza che questa si trasformi in:
“ una soluzione innovativa a un problema sociale, che produce valore per la società nel suo complesso piuttosto che per i singoli individui”
Stanford Social Innovation Review (2008)
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