Welfare

Immigrati e natalità: una risorsa a rischio

Il grido d’allarme da uno studio sui nati negli ultimi 10 anni al Policlinico Umberto I di Roma

di Redazione

 

Nascere da genitori immigrati significa andare incontro a maggiori rischi, con tassi di morbilità e mortalità più elevati rispetto a quelli dei neonati italiani. Lo sostiene uno studio, pubblicato sul British Medical Journal, condotto dal gruppo di ricerca coordinato dal professor Mario De Curtis dell’Università La Sapienza su 16.821 bambini nati negli ultimi 10 anni (dal 2000 al 2009) al Policlinico Umberto I di Roma, di cui il 22,5% figli di donne straniere.

Il campione di bambini immigrati, a parità di assistenza, ha avuto maggiori complicanze dopo la nascita. È stata osservata infatti una maggiore percentuale di prematuri, cioè di partoriti prima della 37esima settimana di gestazione (15,9% contro 14%) o addirittura prima della 28esima (1,7% contro 1,0%) e conseguentemente di neonati con un peso alla nascita inferiore ai 1000 grammi (1,6% contro il 1,2% ).

Traumi, disturbi metabolici, alloimmunizzazione Rh e malformazioni hanno determinato un più frequente ricovero nel reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico dei nati da immigrate (7,1% contro il 5,8%) e anche una maggiore mortalità ospedaliera (0,7% contro il 0,4%). La peggiore prognosi è legata alle condizioni più gravi alla nascita dei nati da donne straniere, perché se i dati si correggono per  alcune variabili come l’età gestazionale o il peso alla nascita, le differenze nella mortalità tra i due gruppi scompaiono. Questo significa i nati da donne straniere vengono assistiti come quelli nati da donne italiane, ma presentano più spesso un peso più basso alla nascita ed essendo più prematuri vanno incontro più frequentemente a complicanze.

Nel campione di riferimento le donne straniere pur essendo mediamente più giovani delle donne italiane (28,9 contro 32,4 anni) hanno partorito neonati a maggiore rischio per una serie di ragioni legate allo svantaggio sociale, economico e culturale (maggior numero di gestanti minorenni e ragazze-madri, basso reddito familiare, attività lavorativa meno garantita e più pesante, alimentazione insufficiente, carenti condizioni igieniche e abitative, cure ostetriche e prenatali tardive o inadeguate).

«Un miglioramento della salute materno-infantile della popolazione immigrata – sottolinea il professor DeCurtis – si può avere in Italia facilitando l’accesso ai servizi sanitari e alle cure prenatali delle donne straniere in gravidanza e con una politica che non allontani gli immigrati irregolari dagli ospedali».

 

 

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