Non profit

Immigrati col permesso a punti

Accordo fra Maroni e Sacconi, obiettivo dichiarato una migliore integrazione

di Franco Bomprezzi

Tempi duri per chi arriva adesso in Italia e chiede il permesso di soggiorno. Gli immigrati regolari infatti, se passeranno le norme previste dai ministri Maroni e Sacconi, dovranno sottoporsi a una serie di test e di prove, dalla lingua alla conoscenza della Costituzione, evitare di commettere reati, e comunque sperare di raggiungere 30 punti, in caso contrario, dopo due anni, espulsione e ritorno al paese di origine. I giornali di oggi spiegano e commentano questo nuovo “accordo” che fra poco andrà in consiglio dei ministri, e poi in Parlamento.

“Immigrati. Un permesso a punti” è il titolo che campeggia in prima pagina (ma non in apertura) del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Questi i termini dell’accordo fra i ministri Maroni e Sacconi: «Sarà un «permesso di soggiorno a punti» quello che verrà rilasciato ai nuovi immigrati regolari. Per avere il permesso bisognerà firmare un «accordo per l’integrazione» ma firmare questo accordo comporterà il farsi carico di una serie di obblighi e di adempimenti che solo se portati a termine permetteranno di raggiungere i 30 punti indispensabili per ottenere il documento. Non basterà più seguire la Bossi-Fini. Come «naturale conseguenza» della legge sulla sicurezza, secondo il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che ieri ne ha discusso con il collega del Welfare Maurizio Sacconi, solo se entro due anni l’immigrato in attesa di permesso di soggiorno raggiungerà i 30 punti che gli vengono assegnati avrà il permesso. E dovrà dimostrare di aver superato il corso di lingua italiana, di conoscere la Costituzione, di essersi iscritto al Servizio sanitario, di mandare i figli a scuola». E ancora: «Se commette reati, i punti gli vengono tolti. Se dopo due anni non raggiunge i 30 punti, ha un altro anno per arrivare al punteggio pena l’espulsione. Il decreto arriverà presto in Consiglio dei ministri. «È la legge sulla sicurezza — ha detto Maroni — che parla di specifici obiettivi da raggiungere nel giro di due anni. E saranno gli Sportelli unici per l’immigrazione a valutare l’immigrato. Se gli obiettivi sono stati raggiunti verrà concesso il permesso di soggiorno, altrimenti ci sarà l’espulsione». Questo sistema, ha aggiunto il ministro, serve a «garantire l’integrazione: io ti suggerisco le cose da fare per integrarti nella comunità. Se le fai ti do il permesso, se non le fai significa che non vuoi integrarti. Lo applicheremo solo ai nuovi permessi con durata di due anni. Ma non chiederemo soldi agli immigrati per i corsi di lingua, faremo tutto noi, per garantire standard uniformi in tutte le province». Contraria l’opposizione: «Secondo la Turco, «in un Paese come l’Italia dove per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno occorre aspettare più di un anno e dove i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal volontariato e dalla Chiesa, non si può fare come se fossimo in Canada. Se Maroni e Sacconi vogliono imitare il Canada o gli altri Paesi che hanno questo sistema, risolvano prima i problemi». Il CORRIERE poi sente le comunità di extracomunitari che si dimostrano divisi. Per chi sostiene che tocca agli immigrati «dimostrare di volersi integrare», c’è chi nota come «l’altra sera stavo guardando le Iene, in tivù. Intervistavano vip e parlamentari sulla Costituzione, e tanti non sapevano nemmeno un articolo». 

Grosso richiamo in prima su REPUBBLICA per la notizia del permesso a punti “Faranno classifica casa, lavoro e lingua italiana”. Nell’articolo all’interno è spiegato il contenuto del decreto annunciato: «Due anni di tempo per imparare la lingua italiana, conoscere la Costituzione e le regole civili del nostro Paese, far studiare i figli, mettersi in regola col fisco. Se l’immigrato che chiede il permesso di soggiorno conquisterà questi obiettivi in 24 mesi quantificati in un punteggio di 30 punti, otterrà la “carta”. Se non ci riuscirà (i punteggi scendono in caso di violazione del codice penale), avrà ancora un anno di tempo alla conclusione del quale scatterà, in caso di non raggiungimento del voto finale, l’espulsione. È, questo, il nuovo “accordo di integrazione” fra Stato e immigrati annunciato ieri dai ministri dell’Interno, Roberto Maroni, e da quello del Welfare, Maurizio Sacconi». Dall’opposizione arriva una reazione da Livia Turco: «“Il permesso di soggiorno a punti sarà una forca caudina che ostacolerà l’integrazione e favorirà l’irregolarità”, afferma la responsabile Immigrazione del Pd. “L’Italia non è il Canada, nel nostro Paese per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno occorre aspettare più di un anno, i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal volontariato e dalla Chiesa, non è possibile aspettarsi altro”». Sempre in tema di immigrazione IL VENERDI’, allegato oggi a REPUBBLICA, dedica la copertina a “Il razzismo spiegato dai bambini”. Si tratta di un’antologia divertente, ma anche tenera, spiazzante e dolorosa, di pensieri raccolti in vent’anni di insegnamento da un maestro elementare, Giuseppe Caliceti di Reggio Emilia. “Italiani, per esempio” è il titolo del suo libro (dal 10 febbraio per Feltrinelli) nel quale le frasi dei bambini sono accompagnate da storie, testimonianze e riflessioni dell’autore e dei suoi alunni. Molto divertente e disincantato lo sguardo dei bambini. Un esempio: «“Sono bassi, simpatici, allegri, sempre alla moda. Gli italiani assomigliano agli albanesi”. (Vera, 9 anni, Albania)».

IL SOLE 24 ORE relega la questione immigrazione in un pezzettino a pagina 19: “Per gli immigrati arriva la carta di soggiorno” di Marco Ludovico. «Integrati non a parole, ma con i risultati da dimostrare: per il rilascio della carta di soggiorno, il titolo definitivo dopo il permesso, servirà conoscere l’italiano, i principi della Costituzione e i meccanismi di base della vita civile in Italia» questo lo spirito e le regole del Dpr che andrà presto al vaglio del Cdm. Nel concreto «in due anni l’immigrato deve raggiungere 30 punti che gli vengono assegnati attraverso esami di lingua e di formazione civica, per esempio. Se commette reati i punti gi vengono tolti. Se dopo i due anni non raggiunge i 30 punti, l’immigrato ha un altro anno di tempo per arrivare al punteggio richiesto; dopo se sarà sotto i 30 scatterà l’espulsione».  

«Il razzismo a punti del leghista Maroni» è questo il titolo dell’articolo sul permesso di soggiorno «come la patente» che ha un piccolo richiamo in prima pagina de IL MANIFESTO che annuncia «raggiunto l’accordo  per introdurre un nuovo dispositivo razzista. Verrà presto trasformato in decreto». Nell’articolo si sottolinea che l’annuncio è stato fatto durante la presentazione della nuova rivista del ministro degli Interni “Libertà civili” che ha visto  presenti i ministri Maroni e Sacconi. Su questo nuovo dispositivo «razzista» si sottolinea che «si regge su un assunto demenziale che più o meno dice così: ti diamo un patentino, ci devi dimostrare che ti metti in riga, fissiamo 30 punti di “score” minimo da raggiungere, e in caso contrario… fuori dalle palle. Espulso, tu, la tua famiglia, il tuo lavoro, tutto quanto imbarcato su un charter (…) Una volta ai neri, che aspettavano in catene di sapere per quale padrone e in quale campo di cotone dovevano andare a crepare, venivano controllate le braccia e i denti, come agli animali; oggi, invece, siccome un po’ ci siamo evoluti, dovranno sostenere solo degli esamini e compiere “doveri” un po’ meno invasivi». E poi commentando negativamente gli argomenti usati da Livia Turco osserva «Maroni non può imitare il Canada che ha adottato quel sistema… Insomma, non siamo il Canada. Ecco l’argomento più perdente di tutti. Il permesso a punti non fa schifo perché non si può applicare, fa schifo e basta per una semplice ragione di principio».

Nulla su questo argomento né su IL GIORNALE, né su LA STAMPA.

Lancio in prima pagina su AVVENIRE con un titolo asettico, “Permesso a punti per gli immigrati” e un semplice piede a pagina 9, senza alcun approfondimento, giudizio o intervista di commento. L’unica aggiunta alla presentazione di quel poco che si sa del permesso di soggiorno a punti che AVVENIRE fa è che «nel contempo impugna la legge della Puglia nella parte in cui estende una serie di interventi per gli immigrati anche agli irregolari e ai clandestini».
 
E inoltre sui giornali di oggi: 

MORGAN
CORRIERE DELLA SERA – A pag 27 il quotidiano riprende la puntata di Porta a Porta dedicata al caso Morgan: “Morgan si pente in tv, ma a Sanremo niente gara”. Dice Morgan: «Non sono un mostro che fa l’apologia dello sballo. Non ho mai partecipato a un coca party, mi fa schifo soltanto il pensiero. Sono vittima di me stesso». Questa invece la chiusa del commento di Aldo Grasso (“La vera terapia? Quella del silenzio”): «Se uno come Morgan, dopo aver passato la vita a coltivare l’immagine dell’artista maledetto, dopo essersi costruito un’identità di trasgressivo e di personaggio fuori delle regole, nel momento più drammatico della sua vita si fa prima intervistare da Diaco e poi partecipa come ospite d’onore al salotto più tradizionalista della nostra tv, allora significa che la droga fa davvero male. Ragazzi, statene alla larga! La cura di disintossicazione che Morgan dovrebbe fare è quella del silenzio, della discrezione, della riservatezza. E ricordarsi che spesso in tv, come cantava un suo idolo, Fabrizio De André, «la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, la gente da buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio…».

LA STAMPA – Il buongiorno di Gramellini: «La prima caratteristica delle polemiche all’italiana è che, un attimo dopo che sono scoppiate, non si capisce già più di che cosa parlano. Prendiamo il caso Morgan. Di scandaloso, nelle sue dichiarazioni, non c’era l’ammissione dell’uso di droga, vizio diffuso nello spettacolo e non solo lì, ma il messaggio che la cocaina sarebbe un ottimo antidepressivo. Parole devastanti, anche perché a pronunciarle era un divo della tv. Ebbene, questi due aspetti – l’esaltazione della coca come farmaco e l’impatto della popolarità televisiva – sono subito scomparsi dal dibattito per lasciare posto all’immagine dell’artista maledetto che si droga, capro espiatorio da immolare sull’altare del prossimo festival di Sanremo. La seconda caratteristica delle polemiche all’italiana è l’immediata trasformazione del capro espiatorio in figliol prodigo. Gli si vieta Sanremo, ma lo si invita a tutti gli altri programmi perché si ravveda e chieda perdono. Il più rapido è don Vespa, che per la cerimonia del pentimento ha convocato un prete vero, don Mazzi, da non confondere con il direttore della prima rete Mazza, che non vuole Morgan al festival, e con il direttore del festival Mazzi, che invece gli tenderebbe la mano. Non ci capisco più una mazza, sbotta Morgan, e su questo è difficile dargli torto. Comunque si sottrae al rito purificatorio: se non lo vogliono più a Sanremo, pazienza. «Diamogli una seconda possibilità», insiste invece l’onorevole Bersani con toni da prelato. Perché la terza caratteristica delle polemiche all’italiana è che il Pd sta zitto quando dovrebbe parlare, ma se c’è da rimanere zitti, si può star sicuri che parlerà».

SCUOLA
IL MANIFESTO – Il primo piano di una testa d’asino domina la prima pagina de IL MANIFESTO che titola «Somari per sempre». L’oggetto è la riforma delle scuole superiori «Il governo dà il via libera alla “riforma” delle scuole superiori voluta dai ministri Gelmini e Tremonti: forti riduzioni degli orari e taglio di 17mila cattedre, a partire dal prossimo anno. Gli studenti dovranno scegliere il loro futuro a 13 anni. Istituti tecnici declassati a scuole di serie B. L’opposizione e i sindacati: sarà “caos epocale”». Oltre a un commento che inizia in prima pagina dal titolo «Adolescenti “no future”» al tema è dedicata l’intera pagina 7 che apre con l’articolo «La scuola col segno meno» che descrive la riforma, la prima dal 1923, di spalla l’intervista a Beniamino Brocca, responsabile scuola dell’Udc, il cui nome è legato al progetto di riforma, cosiddetta “sperimentazione Brocca” il cui pensiero è riassunto nel titolo «Nessuna linea pedagogica e assenza di un confronto serio». Brocca sottolinea anche che quella attuale «è un’operazione di aggiustaggio, di riassetto non una riforma» e poi commenta: «Una volta si camminava guardando in avanti. Forse c’era un sentimento di utopia, ma l’utopia ha fatto la storia. Comunque, tutti i partiti avevano una visione strategica. Oggi si guarda indietro: si recuperano le piccole cose, mettendo insieme qualche pezzo di meccano arrugginito e abbandonato, pensando così di fare il nuovo. E si vende come nuovo. E la gente si incanta e ci crede: ci crede che cambiando il grembiulino e mettendo il colletto bianco si cambia la natura del bambino (…)».

AVVENIRE – Oltre alla presentazione delle novità della riforma Gelmini, il quotidiano della Cei fa un giro tra le associazioni del mondo cattolico impegnate nella scuola. La posizione è unanime: impegnate a dare gambe alla riforma, anche perché «molto si giocherà sulle capacità delle singole scuole di utilizzare gli spazi di autonomia e flessibilità». Per Fabrizio Foschi, di Diesse, «si è trovato un buon equilibrio» anche con spunti di cambiamento di governi precedenti, per i genitori è «un’opportunità».

LA STAMPA – Il commento di Piero Ratto è già dal titolo eloquente: “La scuola in saldo e la riforma che non c’è”: « La nuova riforma non riforma nulla, va esattamente nello stesso senso delle altre. La quinta e la sesta ora di lezione sono pesanti? Meglio eliminarle, piuttosto che insegnare ai nostri giovani a concentrarsi meglio e di più. Metti che poi, magari, prendano il vizio e comincino a farlo spesso. Metti che imparino poi a concentrarsi su una società che fa buchi da tutte le parti, su una politica che è solo una vetrina per ottenere potere e ricchezza. Su una cultura che è diventata il regno della banalità. Metti, addirittura, che imparino a pensare! No, no. Meglio tagliare ore a scuola e mandarli a casa prima, a giocare sul computer, a stamparsi davanti alla tv. Meglio formare generazioni di vitelloni superficiali e ignoranti. Facilmente comprabili, perfettamente manipolabili».

CARCERE
IL MANIFESTO – “Taccuini in carcere” è il titolo dell’ultima pagina in cui si racconta una giornata nel carcere di Sulmona. Come spiega il sommario «Dopo l’appello lanciato da Antigone, il manifesto entra nel supercarcere abruzzese per raccontare la vita quotidiana dei detenuti, il sovraffollamento e la mancanza di occupazione per la più grande Casa-lavoro d’Italia». E in apertura dell’articolo non manca il riferimento alla pubblicità Ikea che sta girando in televisione «non basterebbero i mobili Ikea a rendere più familiare e accogliente una cella del supercarcere di Sulmona, conosciuto ai più con la triste – e, secondo il direttore, falsa – nomea del “carcere dei suicidi” (…)».

MINORI
AVVENIRE – L’Unione Camere Penali a convegno a Trieste chiede nuove regole per la partecipazione dei minori nei processi. Si chiede innanzitutto la creazione di albi di specialisti per raccogliere dichiarazioni e interrogare minori, specie in caso di abusi, per mettere il minore al riparo dal rischio di dichiarazioni indotte. E no alle testimonianze di minori con meno di 3 anni.

CACCIARI
ITALIA OGGI – Nella sezione Analisi in seconda pagina, il giornale dei professionisti riprende lo sfogo di Massimo Cacciari, che ieri a Omnibus le ha cantate a tutti.  In primis al suo partito: «Per lasciare il  Pd, bisognerebbe che il Pd ci fosse. Quando ci sarà, farò sapere se me ne andrò». Poi al sistema: «Noi amministratori locali siamo bloccati da norme legislative e da procedure dementi. Per approvare un regolatore, ad esempio, dobbiamo passare attraverso le forche caudine di una serie infinita di passaggi, spesso inutili. Nessuno risponde a nessuno ma tutti hanno delle pretese scomposte e immotivate che rinviano alle calende greche. L’attuazione di iniziative che servirebbero per dare lavoro e per migliorare la vista dei cittadini». Ed infine ai partiti: «Smettiamola di baloccarci con la destra e la sinistra. Sono categorie ottocentesche che non macinano più».

SANTANCHE’
REPUBBLICA – È guerra per la Santanché. In  che casella metterla nel governo. Berlusconi è stato chiaro: «Guardate che Daniela deve entrare, anche perché la decisione è stata già adottata dall’Ufficio di presidenza del Pdl, in qualche modo andrà trovata una soluzione». Tremonti ha posto il veto al suo dicastero. Ieri la Roccella è stata spostata alla Sanità e quindi si sarebbe aperto un posto al ministero di Sacconi. Riferisce REPUBBLICA: «”La verità è che nessuno se ne vuole far carico – racconta a fine Consiglio un ministro dietro anonimato – Parliamo di una figura ingombrante, che ancora poche settimane fa ha dato quasi del pedofilo a Maometto. Anche la delega più innocua ai Rapporti col Parlamento rischia di trasformarsi in un boomerang a ogni question time”. 

SESSO
IL GIORNALE – “Una ragazza su sei perde  la verginità a quattordici anni“ . Secondo il  pezzo che riempie una pagina intera nella sezione cronache, le ragazze italiane sono precocissime. Si è infatti abbassata l’età media della prima volta. «Una su sei ha fatto l’amore prima dei 14 anni. E molto spesso, una volta su dieci, ha avuto come alcova il bagno della scuola». I dati sono stati elaborati da un’indagine presentata ieri a Milano dalla Sigo ( Società italiana di ginecologia e di ostetrica). Altri dati: il  43% delle intervistate ha cambiato 4 partner dopo quello della prima volta; il 37%  delle teenager non ha utilizzato nessuna precauzione; la verginità è un valore per il 28% delle ragazze. 

RU486
AVVENIRE – Lunedì si insedia il nuovo Consiglio superiore della sanità e sul tavolo avrà, come primo faldone, quello della omogeneità di utilizzo regionale della RU486, con la possibilità di studiare linee guida uniformi a livello nazionale.

BILANCIO SOCIALE
AVVENIRE – L’Agenzia per le onlus presenta oggi le linee guida per il bilancio sociale delle organizzazioni non profit. Adriano Propersi, coordinatore del progetto, dice che in questo modo «la missione dell’ente avrà maggiore visibilità» mentre Marco Grumo, direttore della divisione non profit di Altis, spiega che «ci sarà una selezione e il Terzo settore crescerà».

BIOETICA
LA STAMPA – “Dallo stato vegetativo si può comunicare”«Dall’incidente stradale di sette anni è in coma nel letto di un ospedale, ma quando i medici gli hanno domandato se il nome di suo padre fosse Alexander ha risposto correttamente, sì. Il caso del ventinovenne belga, studiato dal Medical Research Council (Mrc) di Cambridge e dall’università di Liegi, accende una luce nel buco nero della coscienza dei pazienti in stato vegetativo. Grazie a uno scanner high tech collegato al suo cervello, i ricercatori sono riusciti a comunicare con il giovane uomo fornendogli la possibilità di replicare in modo affermativo o negativo. Tutti i tentavi precedenti erano andati a vuoto. Ma questa volta gli avevano spiegato di utilizzare la mente come un motore, pensando di vagabondare senza meta da una stanza all’altra per dire no e, nel caso contrario, immaginando una partita di tennis. Lui per sei volte ha reagito, svelando ai medici di ricordare con precisione dettagli della sua vita prima del limbo». Carlo Defanti, neurologo, medico di Eluana raffredda gli entusiasmi: ««I risultati della ricerca sono stimolanti, ma non fanno chiarezza sullo stadio di consapevolezza. In passato, sempre a Liegi, i pazienti in stato vegetativo sono stati stimolati con delle scariche elettriche che hanno attivato l’aria primaria della corteccia cerebrale sollecitata», dice Massimini.  «Bisogna capire se si tratta di un riflesso o di un’interazione vera e propria, cioè di un abbozzo di comunicazione che presuppone la coscienza di sé e delle proprie condizioni. (…) Una storia complicata, come il caso di Eluana «perché si rimbalzava dalla medicina, che ha dimostrato l’irreversibilità del suo stato, a quello delle convinzioni personali, provate, in tribunale, dai genitori. Il senso dell’esistenza vera, per Eluana, era “sapere di esserci”: la “vita non vita” per lei significava “non esserci”. Da secoli filosofi e teologi discutono su cosa siano consapevolezza e coscienza. E oggi gli scienziati stanno cercando di scoprirlo». 

IL SOLE 24 ORE – «Hanno dato voce a una pianta. Lo chiamano così, stato vegetativo, per descrivere un essere umano fuori dal coma, ma chiuso nel silenzio dell’incoscienza totale e quindi dell’assoluta incomunicabilità». Così comincia Leonardo Maisano nel suo “Pazienti in stato vegetativo rispondono agli stimoli” in cui si addentra nella scoperta scientifica delle Università di Cambridge e Liegi pubblicata dal New England journal of Medicine. Gli scienziati sono riusciti nell’impensabile «gli hanno permesso di “parlare” scandagliando il cervello con la forma più avanzata di risonanza magnetica funzionale, hanno esplorato il mistero della mente fino a ottenere un “sì” e un “no”. A pronunciarlo è stato un uomo di 22 anni, da cinque anni imprigionato nella condizione di vegetale, inconsapevole, apparentemente, del fluire dell’esistenza». La cosa più importante è che «per il momento il sistema messo a punto a Cambridge consentirà di ridurre ulteriormente il numero di diagnosi errate che nel caso di pazienti considerati in stato vegetativo può essere elevatissimo. Secondo Helen Gill del Royal hospital for neurodisability di Londra fino al 43% dei casi. Poi si tratterà di rendere routine un test oggi costoso e poco accessibile per arrivare come immagina Owen a una situazione per la quale “i pazienti in queste condizioni possano comunicare non in casi eccezionali ma in modo regolare”. Ma prima di tutto l’incredibile caso del giovane belga dovrà essere ripetuto su altri pazienti. A Cambridge e a Liegi il lavoro continua».

FIUMICINO
REPUBBLICA – Anteprima di un’inchiesta realizzata dall’Espresso: «L’aeroporto di Roma dovrebbe essere un bunker e invece ogni notte c’è una falla nella sicurezza: metal detector spenti, varchi incustoditi, check-in e uffici aperti. Due ore in cui le zone off limits del terminal internazionale T3 diventano accessibili. Teoricamente anche con armi o esplosivo. E così mentre il governo impone l’acquisto dei body scanner, nello scalo più grande d’Italia è possibile aggirare i controlli anti-terrorismo».

CONSOLATI CHIUSI
ITALIA OGGI – Dopo le sedi Rai all’estero, chiuderanno anche le sedi dei consolati. Secondo il pezzo “Farnesina, tagli suicidi in Germania” chiuderanno i consolati italiani a Saarbrucken, a Mannheim e ad Amburgo. Sarà chiuso anche l’uffico Enit a Berlino. Si tratta solo dell’inizio. La chiusura dei nostri consolati  «fa parte di una strategia complessiva che non riguarda solo la Germania».

CASO FIAT
REPUBBLICA – “Senza gli incentivi, meglio se concordati a livello europeo, il mercato crollerà e questo potrebbe mettere in discussione anche la sopravvivenza di alcuni impianti». Dopo avere martellato a più riprese con questo avvertimento improvvisamente l’ad del Lingotto sembra avere concentrato le sue preoccupazioni soltanto dei ritardi del governo nel fare una scelta rapida e netta a favore o contro il rinnovo delle misure di sostegno del mercato. “La cosa peggiore è l’incertezza” fanno sapere dalla Fiat. E insistono perché Roma decida in un senso o nell’altro. Lasciando intendere che se la risposta sarà negativa la Fiat si attrezzerà».


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